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Cronaca Casalborsetti

Don Desio, Casalborsetti vuole dimenticare il prete pedofilo

Nei negozi, nei bar, qualcuno commenta chiacchierando con amici e conoscenti, ma non appena ci si avvicina presentandosi come cronisti scatta il silenzio.

Don Giovanni Desio è una presenza ingombrante. Quasi lo si avverte nell’aria, la mattina dopo la pronuncia della Cassazione, che ha confermato la condanna a 8 anni e 8 mesi per violenza sessuale e atti sessuali su quattro ragazzini. A Casalborsetti, in una sonnacchiosa mattina di novembre, il fatto di essere di nuovo sulle prime pagine dei quotidiani a causa di “Don John” – come era soprannominato l’ex parroco della località – viene digerito a fatica.
Nei negozi, nei bar, qualcuno commenta chiacchierando con amici e conoscenti, ma non appena ci si avvicina presentandosi come cronisti il commento che va per la maggiore è un romagnolissimo “mo basta!”. Una signora sulla settantina, sul ponte pedonale che collega le due sponde di Casalborsetti, si lascia andare a un “è ancora troppo poco” mentre qualcun altro, che evidentemente non legge i giornali locali, dice di aver appreso la notizia “da lei in questo momento. Ho seguito il caso solo all’inizio. Adesso non mi interessa”. Poche parole, dette di fretta, senza fermarsi. L'unica cosa realmente evidente è la speranza che la condanna definitiva in Cassazione consenta a tutti di elaborare la tragedia e andare finalmente oltre.

Don Desio fu arrestato il 4 aprile 2014 dopo un’indagine fatta scattare dalla denuncia di un padre che si era reso conto che l’account Facebook del figlio veniva utilizzato anche da qualcun altro. Un mese prima, infatti, don Desio era finito nel canale con il suo Suv Mercedes e solo l’intervento tempestivo di alcuni passanti gli evitò la morte. Tuttavia, le analisi mostrarono il suo stato di ebbrezza. Ovviamente la notizia fece scalpore. Don John, nel tentativo di riabilitarsi, diede il via a una campagna sui social network in cui accusava la stampa locale. Per farlo, utilizzò anche i profili di alcuni ragazzi. Da qui, le indagini che hanno portato a scoprire reati ben più gravi di un bicchiere di troppo.

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