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Cronaca

Dopo il pasticcio dei daini, la Provincia vara un piano faunistico filo-venatorio

La bozza della carta della vocazione faunistica (documento con cui viene valutata l'idoneità e la capacità di un territorio di accogliere selvatici) nella sua stesura attuale rappresenta l'ennesimo atto palesemente filo-venatorio

La bozza della carta della vocazione faunistica della Provincia di Ravenna (documento con cui viene valutata l'idoneità e la capacità di un territorio di accogliere selvatici) nella sua stesura attuale rappresenta l'ennesimo atto palesemente filo-venatorio costruito con l'obiettivo di aumentare la possibilità di sparo a presunte specie problematiche. Tuttavia, tra le pagine di tale documento, si può anche trovare l'evidente e incontestabile conferma di quanto studi ufficiali e associazioni sostengono da anni: vale a dire, che a causare danni all'agricoltura ravennate (per ben 190 mila euro) sono i ripopolamenti di fagiani e lepri a fini venatori (cioè la fauna "pronto caccia"), non gli ungulati.

Lo rende noto la Sezione Enpa di Ravenna attraverso il suo presidente, Carlo Locatelli. «La gestione faunistica - spiega Locatelli - avviene in maniera esclusiva con forme di caccia, braccata e girata per i cinghiali, con altre modalità per cervi caprioli e daini. Più che di carta di vocazione faunistica, si dovrebbe parlare di manifesto su come poter ampliare, peraltro usando a pretesto motivazioni ormai insostenibili, la possibilità di sparo».

Tra l'altro, il documento cita anche i daini di Classe che la Provincia di Ravenna, nonostante la massiccia mobilitazione dell'opinione pubblica di tutto il Paese contro un massacro privo di ogni altra ragione d'essere se non quella di compiacere una categoria sempre più minoritaria, vuole regalare ai cacciatori. «Al riguardo, è bene ricordare che la Provincia stessa non ha saputo dare alcuna risposta ad una lettera con cui Enpa chiedeva di conoscere nel dettaglio quali metodi ecologici, prioritari per legge rispetto agli abbattimenti, fossero stati applicati. Questo - prosegue Locatelli - dimostra quale conoscenza abbiano i politici ravvenati delle leggi italiane e quale approccio seguano nei temi relativi alla protezione della fauna selvatica».

«E' da tempo che la gestione faunistica è finita nelle mani dei cacciatori e di politici compiacenti in cerca di facile consenso, Questo è davvero inspiegabile - commenta Andrea Brutti, dell'ufficio Fauna Selvatica di Enpa - visto che la legge nazionale, la 157/1992, non prevede in alcun modo tale possibilità. Così come non prevede che ci si affidi a "censimenti fai da te", ovvero effettuati da istituti non scientifici e basati su mere stime; che venga del tutto ignorata l'applicazione dei metodi ecologici; che il più delle volte si faccia riferimento a danni solo presunti e quasi mai accertati; che vengano condotte campagne di sterminio contro animali come le volpi, "colpevoli" (per così dire) di fare concorrenza ai cacciatori poiché si nutrono di fauna pronto caccia immessa con i ripopolamenti, finanziati inconsapevolmente da tutti gli italiani. Peccato che su tali ripopolamenti, i veri responsabili de danni al settore agricolo, non si dica una parola né sia in alcun modo considerata l'ipotesi dia vietarli. Intendiamo ricorrere alla Corte dei Conti per fare chiarezza su una situazione che vede i cittadini italiani pagare due volte di tasca propria: una prima per la fauna pronto caccia, una seconda per i danni causati proprio dai ripopolamenti».

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