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Cronaca

Gli attivisti di Greenpeace sulla piattaforma di Porto Corsini: "C’è ancora tempo per salvare la città"

Gli ambientalisti protestano contro le trivellazioni e il progetto di stoccaggio della CO2: "Draghi dica chiaramente se l’Italia vuole puntare sulle rinnovabili o su false soluzioni come il Ccs e il gas fossile"

Dopo aver bloccato l'ingresso alla fiera Omc al Pala De Andrè di Ravenna, mercoledì mattina attivisti e attiviste di Greenpeace Italia sono entrati in azione anche sulla piattaforma Porto Corsini Mare Ovest, al largo delle coste di Ravenna, per denunciare il “patto della finzione ecologica che vincola il nostro Paese alle fonti fossili e alle inefficaci politiche del governo contro la crisi climatica, e finiscono per favorire solo aziende inquinanti come Eni”.

Gli ambientalisti in azione sulla piattaforma di Porto Corsini (foto Greenpeace Italia)

Saliti sulla piattaforma, alcuni attivisti hanno indossato le maschere di Mario Draghi e del ministro Cingolani inscenando la stipula del “patto” vicino al Cane a sei zampe, simbolo di Eni. Sulla trivella è stato poi esposto un grande striscione con il messaggio “Basta bugie di Eni, nascondere CO2 non salva il clima”. Il riferimento di Greenpeace è diretto al CCS, il progetto di cattura e stoccaggio della CO2 che Eni vorrebbe realizzare proprio a Porto Corsini. Infine, un altro gruppo di attivisti ha lasciato varie scritte sulle pareti della piattaforma.

"È bene che il governo getti la maschera e prenda finalmente una posizione chiara: sta dalla parte di chi invoca azioni serie e concrete per salvaguardare il clima, o dalla parte dei grandi inquinatori come Eni, che continuano a fare affari con il gas fossile e il petrolio, ricevendo per di più fondi pubblici? - chiede Luca Iacoboni, responsabile Energia e Clima di Greenpeace Italia - Progetti come il CCS sono solo un pretesto per continuare a estrarre e bruciare gas fossile e non devono essere finanziati con le tasse di italiane e italiani. Il Presidente Draghi dica chiaramente se l’Italia vuole puntare sulle rinnovabili, bloccate da anni, o su false soluzioni come il CCS e il gas fossile".

Parallelamente l’organizzazione ambientalista denuncia l’impatto ambientale delle aziende presenti alla fiera Omc. "In queste ore - dichiarano da Greenpeace - scade la moratoria che per due anni e mezzo ha bloccato ogni nuovo progetto di prospezione e ricerca di idrocarburi in Italia. Senza l’approvazione di un serio Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI), che indichi in modo chiaro dove non sarà più possibile estrarre gas fossile e petrolio, le trivelle rischiano di rimettersi in moto".

"Nonostante siano passati più di due anni, il governo non è riuscito a presentare un piano degno di questo nome - afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia - Invece di fermare per sempre questi progetti devastanti e imboccare la strada della decarbonizzazione, il governo italiano lascia aperta la porta a nuove trivellazioni, mettendo a rischio la salute del clima e dei nostri mari. Non solo, nel testo presentato dal governo Draghi viene preso in considerazione perfino il ricorso a tecnologie controverse e potenzialmente pericolose come il CCS per riutilizzare le piattaforme dismesse, come potrebbe accadere per la piattaforma dove abbiamo protestato oggi".

Gli attivisti di Greenpeace concludono ricordando che "Ravenna è una delle città italiane più esposte agli impatti dei cambiamenti climatici. Secondo uno studio dell’ENEA, l’area del ravennate rischia infatti di scomparire nel giro di qualche decennio a causa dell’innalzamento del livello dei mari e dell’erosione costiera. C’è ancora tempo per salvare la città e rilanciare la sua economia, puntando sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica, ma occorre fare presto".

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