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Cronaca

Ictus, come riconoscerlo? Riparte la riabilitazione in palestra e a domicilio

Per quanto riguarda le prassi della riabilitazione, “fondamentale è la presa in carico del paziente entro 48 dall'ingresso in ospedale e la successiva stesura del progetto riabilitativo con l'individuazione del percorso più adatto per quel paziente"

Dopo una lunga pausa iniziata poco prima di Natale e continuata di fronte all'aumento dei contagi, è ripresa l'attività dell'associazione per la lotta all'ictus cerebrale - A.L.I.Ce. Ravenna ODV. “Sono ripartiti i corsi e le attività motorie in palestra - spiega la presidente Daniela Toschi –, attività progettate insieme alla Neurologia e alla Medicina Riabilitativa con gruppi di persone che hanno avuto l'Ictus e che devono affrontare la disabilità nella cronicità per poter ottimizzare le loro capacità residue".

In particolare stanno lavorando due “gruppi di utenti storici” e, nel contempo, l'unità operativa di Medicina Riabilitativa sta facendo una nuova selezione di pazienti che hanno avuto l'ictus circa sei mesi fa, e che, conclusa la riabilitazione offerta dal servizio pubblico, si apprestano a partecipare ai gruppi AFA (attività fisica adattata). Questa esperienza si rinnova ogni volta che viene identificato un muovo gruppo composto da una decina di utenti. Proseguono inoltre le attività a domicilio per dare un supporto a quelle persone con fragilità, che non possono lavorare in palestra. “La nuova ondata ha frenato le nostre attività in gennaio – riprende Toschi – ora sperando di andare verso una normalizzazione riprendiamo, naturalmente osservando tutte le norme di sicurezza del caso”.

Ma come avviene il percorso riabilitativo dei pazienti colpiti da ictus? Lo spiega la dottoressa Cinzia Lotta, direttrice dell'Unità di Medicina Riabilitativa dell'ospedale di Ravenna. “L’intensità e le modalità dell’intervento riabilitativo sono modulate sulla base delle caratteristiche cliniche del paziente e sulla evoluzione del quadro. La prima fase degli interventi riabilitativi si realizza nelle Stroke Unite, nelle unità operative di Neurologia e nei Reparti per acuti. È previsto che l’effettuazione della valutazione Fisiatrica avvenga entro 24-48 ore dal ricovero. Nei casi in cui dalla valutazione emerga la necessità di un intervento riabilitativo specifico (fisioterapista e logopedista) questo verrà attivato dal fisiatra entro le 24 ore successive alla consulenza. È questa la fase in cui sulla base degli indicatori prognostici delle possibilità di recupero della autonomia viene definito dal fisiatra il percorso riabilitativo in fase post-acuta più appropriato per il paziente. Il paziente viene seguito nel tempo e i trattamenti riabilitativi vengono adeguati alle possibilità di recupero del paziente e monitorati con apposite scale di valutazione. Per tale motivo nella unità operativa Medicina Riabilitativa dell'ambito Ravenna sono stati costituiti ambulatori di secondo livello proprio dedicati a pazienti con esito di Ictus ed è stata intensificata la rete Riabilitativa domiciliare che prevede l'effettuazione di trattamenti riabilitativi al domicilio, la valutazione e la prescrizione degli ausili necessari a migliorare l'autonomia e la gestione del paziente al domicilio  e l'addestramento  del caregiver”.

Per quanto riguarda le prassi della riabilitazione, “fondamentale è la presa in carico del paziente entro 48 dall'ingresso in ospedale e la successiva stesura del progetto riabilitativo con l'individuazione del percorso più adatto per quel paziente, individuando il setting più adeguato per il trattamento riabilitativo, che può essere in regime di ricovero in Riabilitazione intensiva od estensiva oppure in DH, in regime ambulatoriale o attivando la Riabilitazione domiciliare. La Riabilitazione lavora in team una squadra  costituita da una varietà di professionisti, medici, fisioterapisti, logopedisti, psicologi, neuropsicologi, infermieri, operatori socio-sanitari, tecnici ortopedici e altri professionisti che tutti insieme lavorano in modo integrato e coordinato, insieme alla persona disabile e alla sua famiglia, per la soluzione dei problemi emergenti, per aiutare il disabile a raggiungere il miglior livello di vita possibile, sul piano fisico, funzionale e sociale, pur nell'ambito della sua menomazione”.

Alla fine del percorso ospedaliero “viene spesso attivato, quando necessario, un percorso integrato socio-sanitario a conclusione degli interventi specifici riabilitativi, con interventi sociali orientati a favorire l'inserimento o il reinserimento del disabile nei diversi cicli della vita sociale: scuola, lavoro, famiglia, tempo libero. Grande supporto in questo percorso ci è stato dato da A.L.I.Ce. con la stesura di progetti, in convenzione con l'Ausl della Romagna, a favore delle persone affette da ictus e di supporto ai caregiver nel contesto di vita e cura domiciliare. Molto seguito e apprezzato dai pazienti è il Progetto di 'attività fisica adattata con approccio educazionale nei soggetti con esiti di icuts' rivolto a chi aveva già concluso il ciclo riabilitativo, con lo scopo di migliorare le  capacità motorie, l'autonomia nelle attività della vita quotidiana e la socializzazione”.

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Le caratteristiche dell'ictus cerebrale

L’ictus cerebrale costituisce la seconda causa di morte e la terza causa di disabilità a livello mondiale. In Italia, la prevalenza generale dell’ictus cerebrale è pari a 6,5%, l’incidenza oscilla tra 144 e 293/100.000/anno ed è maggiore nell’età avanzata l'Ictus si verifica nel 72% dei casi in soggetti ultrasessantacinquenni ed è più frequente negli uomini che nelle donne. L’ictus costituisce la prima causa di disabilità negli anziani, il 35% dei pazienti residua, infatti, una disabilità grave con impatto sulla funzionalità e l’autonomia nelle attività di vita quotidiana.

Nella cura dell’ictus la fase riabilitativa rimane, quindi, fondamentale e riguarda più dei due terzi dei pazienti. La riabilitazione viene classicamente concentrata in un periodo di tempo relativamente breve subito dopo la fase di acuzie, solitamente entro i primi 3-4 mesi. D’altro canto l’ictus può essere considerata una patologia cronica, nella quale più del 30% dei pazienti a 4 anni dall’evento acuto residua restrizioni persistenti della partecipazione (in termini di deficit delle autonomie e dell’inserimento sociale) e come tale richiede un trattamento riabilitativo prolungato.

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