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Cronaca

Ictus, la prevenzione passa da una chiamata. Il primario di Neurologia: "Non recatevi subito in ospedale"

Presentandosi al pronto soccorso di persona, come in Emilia Romagna fa il 25-30% delle persone, i tempi si possono allungare e l'efficacia delle terapie può diminuire

Un buon modo per prevenire l'ictus cerebrale è cominciare ad occuparsene sin dalla giovane età, curando l'alimentazione e facendo un'attività fisica moderata. Questo è uno dei consigli che il dottor Pietro Querzani, primario di Neurologia a Ravenna e vicepresidente dell'associazione A.L.I.Ce, dà a pochi giorni dalla conclusione del mese della prevenzione dell'ictus cerebrale. “Esistono buone pratiche che possono essere seguite sin da giovani: una dieta con pochi grassi, il controllo della pressione arteriosa e della glicemia, un'attività fisica non eccessiva ma regolare: 30-40 minuti per 3-4 volte a settimana”.

Al di là di queste buone pratiche, tuttavia, è fondamentale che alle prime avvisaglie di attacco ischemico “non ci si rechi personalmente in ospedale, ma si allertino i sistemi di emergenza, il 118. L'ictus è una patologia tempo dipendente, per cui gli interventi terapeutici sono tanto più efficaci quanto prima riusciamo a metterli in pratica: non appena il personale del 118 che interviene a casa di un ammalato riscontra sintomi che possono essere riconducibili a un ictus cerebrale, attraverso una linea dedicata parla direttamente con il neurologo di guardia, 24 ore al giorno in ospedale, permettendo alla nostra equipe di mettersi in allerta senza perdere tempo prezioso”.

Il paziente viene portato immediatamente in reparto e gli viene fatto un trattamento trombolitico endovenoso che permette in buona parte dei casi di salvarlo e anche di continuare una vita normale. A luglio, anche grazie alle donazioni dell'associazione A.L.I.Ce, la procedura è stata ulteriormente velocizzata: grazie alle tecnologie sono stati accorpati alcuni passaggi del percorso che deve fare il paziente dopo essere stato soccorso dal 118 e, in meno di un'ora dalla chiamata, il reparto del Santa Maria delle Croci riesce a trattare i pazienti con ictus in corso.

Presentandosi al pronto soccorso di persona, come in Emilia Romagna fa il 25-30% delle persone, questo vantaggio viene meno, i tempi si possono allungare e l'efficacia delle terapie può diminuire. Sono tre i sintomi fondamentali per il quale è subito necessario avvisare il 118: “Se il paziente ha la bocca storta, parla male e non muove il braccio o una gamba è molto probabile che ci sia un ictus in corso ed è necessario allertare il 118. Un cervello ischemico perde due milioni di neuroni al minuto, per questo è fondamentale agire in fretta”.

“Siamo particolarmente soddisfatti – dice Querzani – di essere riusciti ad accorciare i tempi di risposta migliorando l'approccio al paziente, soprattutto perché lo abbiamo fatto in un contesto di emergenza come quello della pandemia di Covid-19, dimostrando che le attività in ospedale sono proseguite nonostante le difficoltà imposte dalla pandemia. Questa malattia peraltro è un fattore che ha fatto aumentare i casi di ictus con percentuali infinitamente maggiori rispetto a quelle di cui tanto si parla legate ai vaccini. Il tasso di ospedalizzazione è invece diminuito durante la pandemia perché le persone, per paura del contagio, non chiamavano i soccorsi”. In generale la mortalità legata all'ictus ischemico negli ultimi anni si è ridotta ed è passata, dal 2015 al 2019 a livello di Ausl Romagna, dal 10,5 al 7,7% proprio per il miglioramento dei percorsi e la validazione e applicazione delle nuove terapie che si sono rese disponibili. In neurologia a Ravenna vengono trattati in media 800 pazienti all'anno. Il 70% a causa di un ictus cerebrale.

Anche la presidente di A.L.I.Ce Ravenna, Daniela Toschi, spiega come si è mossa l'associazione in questa fase caratterizzata dalla pandemia: “In questo momento lungo e difficile generata dalla pandemia A.L.I.Ce ha tenuto vive le relazioni con le persone colpite da ictus e loro familiari caregiver, realizzando  brochure e video inviati via WhatsApp o e-mail, cadenzati in base agli obiettivi e ai bisogni delle persone, per fornire informazioni, specifiche consulenze. L’obiettivo è stato quello di monitorare condizioni di salute e qualità-livello di benessere psicologico e relazionale-sociale, rinforzare e mantenere attive le autonomie e sconfiggere situazioni di isolamento e grave perdita, diminuendo la fragilità sociale e relazionale”. Recentemente è nato  il “telefono di A.L.I.Ce.” operativo in tutto il territorio regionale dalle 16 alle 19, tutti i giorni feriali, per informazioni, supporto psicologico e stimolazione attività cognitive, motorie e logopediche. Il numero da contattare è 3402277001.

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