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Cronaca Lugo

Il 'Notre Dame' della compagnia teatrale di Lugo rappresenta l'Emilia-Romagna in Calabria

Sebbene tratto dall’opera “Notre Dame” di Riccardo Cocciante, il musical portato in scena dalla Compagnia 3 Stelle ha una personalità propria e riserva un finale inaspettato

Lo scorso 9 novembre la sezione Fita dell’Emilia Romagna ha dichiarato la compagnia teatrale 3 Stelle di Lugo vincitrice del Gran Premio regionale “Teatro Amore Mio”, con il musical diretto da Valentina Scentoni “Fatalità a Notre Dame”. In seguito a tale successo, la compagnia teatrale si è guadagnata il diritto di partecipazione all’omonimo Gran Premio nazionale e si esibirà il 25 gennaio 2020 al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme, sempre con il musical “Fatalità a Notre Dame”.

Sul palco calabrese si esibiranno, in ordine di apparizione, Antonio Riccio (Gringoire), Max Montanari (Clopin), Daniele Donaddio (Frollo), Gioele Spagnuolo (Febo), Annalisa Leonetti (Esmeralda), Isabella Linguerri (Fiordaliso) e Giampiero Roversi (Quasimodo). Il corpo di ballo: il 3StelleBallet formato da Chiara Comandini, Laura Piccinini, Ilaria Riccio, Margot Roversi, Francesca Torsiello e Aurora Zanettini, mentre le guardie del Capitano Febo di Chateaupers saranno interpretate da Fabio Montanari e da Morgan Roversi. Infine i reparti audio e luci verranno diretti da Marco Di Laghi e da Matteo Bartolini.

Sebbene tratto dall’opera “Notre Dame” di Riccardo Cocciante, il musical portato in scena dalla Compagnia 3 Stelle ha una personalità propria e riserva un finale inaspettato. Più che alla ricerca dell’effetto speciale fine a se stesso si è puntato sul pathos che le immagini proiettate sullo sfondo e i personaggi sul palco trasmettono al pubblico. Ma soprattutto viene dato degno rilievo al vero protagonista di questa tragedia che è l’amore, nelle sue forme più disparate, quello carnale del capitano delle guardie Febo, quello proibito del prete Frollo e quello senza speranza del gobbo Quasimodo, che hanno Esmeralda come Stella Polare. Cosicché la giovane zingara si eleva ad archetipo della donna vittima sacrificale sull’altare dell’ipocrisia, dell’egoismo e dell’opportunismo così presenti ancora ai giorni nostri in una cultura che non si è ancora del tutto liberata dalla centralità della figura maschile.

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