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Cronaca

Isis, il tunisino scrisse su Facebook: "Se combattere in nome di Dio è terrorismo allora sono terrorista"

Per quanto riguarda la intercettazioni telefoniche, c'è a un certo punto chi gli dice di "non preoccuparti: il Jihad ti ripagherà. Chi lascia qualcosa per Allah, Allah lo ripagherà"

Usava sul profilo Facebook una sua foto con una maglietta nera con scritte bianche, i colori dell'Isis, e la frase: "Non ci distruggeranno, noi siamo la Umma di Maometto". Nell'ambito delle indagini che hanno portato all'arresto del presunto foreign fighter Nouassir Louati anche l'esame delle chat ed i contenuti su Facebook. Commentando una foto di combattenti scrisse il 13 marzo scorso: "Che il signore vi dia la vittoria".

48 ore più tardi fu la volta di un "mi piace" sotto alla foto di un combattente armato. Dal 20 ha cominciato a dialogare con una comunità virtuale, che come immagine di copertina ha un cavaliere con bandiera nera sovrastato dalla scritta: "Se combattere in nome di Dio e' terrorismo allora io sono il primo terrorista".

C'e' anche il riferimento al suo viaggio milanese per cercare sovvenzioni all'espatrio: "Nella moschea di Milano l'imam egiziano stava chiamando la polizia giuro. Gli ho detto se mi dava un mano per comperare il biglietto. Giuro che mi hanno tirato via dalla moschea e stavano chiamando la polizia". Compaiono pure riferimenti ad alcuni millantati obiettivi dell'Is: "E se Dio vuole conquistiamo Roma e vengo a liberare mia figlia"; e ancora: "Si alzerà la bandiera di Allah sulla torre di Pisa".

Per quanto riguarda la intercettazioni telefoniche, c'è a un certo punto chi gli dice di "non preoccuparti: il Jihad ti ripagherà. Chi lascia qualcosa per Allah, Allah lo ripagherà". Le sue intenzioni, che non ha mai nascosto, vengono infine fuori nette in un dialogo con un palestinese che dice di trovarsi in un campo profughi alla periferia di Damasco: "Io sto arrivando, se Dio vuole voglio fare il Jihad per Dio".

VOLEVA RAGGIUNGERE LA SIRIA - Secondo le verifiche della polizia coordinata dalla Dda di Bologna, il presunto foreign fighter tra il 19 e il 20 marzo scorso aveva chiamato un numero turco per ricevere informazioni utili a raggiungere la Siria, ma il progetto sarebbe fallito per il diniego del passaporto dal consolato a Genova. L'indomani aveva comperato un biglietto di sola andata dall'aeroporto di Orio al Serio-Bergamo per raggiungere Istanbul-Sabiha Gokcen. Sarebbe dovuto partire cinque giorni dopo.

Tuttavia al consolato tunisino di Genova gli avevano negato il rilascio del passaporto. In quell'occasione era stato addirittura indagato per minacce e danneggiamenti in quanto, contrariato dalla situazione, aveva rotto una tenda e minacciato i dipendenti presenti. Tornato in Romagna, è stato ospitato da un connazionale a Forlì che gli aveva fornito indicazioni per dormire in un casolare abbandonato.

Il giorno in cui sarebbe dovuto partire in aereo, aveva chiamato la compagna esprimendole tutto il suo disagio per l'impossibilità di espatriare. Ma aveva mentito alla donna dicendole che aveva bisogno del passaporto semplicemente per andare in Germania o per trovare lavoro a Milano. E che se fosse tornato in Tunisia, avrebbe dovuto scontare 15 anni di galera. Quindi aveva iniziato a riorganizzare il suo passaggio in Siria attraverso la Germania, proposito che secondo gli inquirenti hanno bloccato.

IL SINDACO - Su Facebook fa arrivare il suo plauso per l'operazione il sindaco Fabrizio Matteucci: "Ho telefonato al Prefetto per dire grazie alle forze dell'ordine per l'arresto del sospettato di essere un foreign fighter dell'Isis".
 

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