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Cronaca

In prima linea da un anno, i lavoratori delle pompe funebri hanno paura: "Siamo stati dimenticati, vaccinateci"

I lavoratori delle pompe funebri ogni giorno lavorano a stretto contatto con le salme delle vittime del Covid, entrando nelle loro abitazioni o in luoghi a rischio come le case di riposo

Anche loro sono in prima linea da oltre un anno, non tanto nella lotta, quanto nella gestione della pandemia Covid che in tutto il mondo ha già causato tre milioni di morti - in provincia di Ravenna i decessi, al 18 aprile, erano 961, dei quali 412 nel Comune di Ravenna. Eppure, a ormai quattro mesi dall'inizio delle vaccinazioni contro il Coronavirus, ancora non sono stati inseriti nelle categorie da vaccinare, nè è previsto un loro inserimento a breve. Sono i lavoratori delle pompe funebri, che ogni giorno lavorano a stretto contatto con le salme delle vittime del Covid, entrando nelle loro abitazioni o in luoghi a rischio come le case di riposo.

"Siamo una categoria dimenticata - denunciano i quattro soci gestori dell'agenzia funebre Meneghetti di via Morelli, a Ravenna - E pensare che subito dopo gli operatori sanitari, molto importanti, ci dovrebbero essere gli operatori funebri, che mettono a rischio la loro salute anche entrando nelle strutture dove ci sono focolai per riporre la salma deceduta positiva al Covid nel feretro. Noi, come tanti altri settori, siamo sempre stati in prima linea fin dall'inizio della pandemia: non abbiamo saltato un giorno di lavoro, abbiamo sempre lavorato anche quando all'inizio non si sapeva bene quali pericoli corressimo e quali fossero i reali rischi. Il nostro è un settore necessario, ma non ci ascolta nessuno. Gli operatori della camera mortuaria sono stati vaccinati, perchè operano in parte all'interno dell'ospedale: noi giriamo strutture, case famiglia, case di riposo, abitazioni private per vestire le salme, spesso di persone uccise dal Covid, lavoriamo alla stessa maniera degli operatori della camera mortuaria. Perchè quindi due pesi e due misure?".

Il lavoro degli addetti alle pompe funebri è cambiato molto in quest'anno di pandemia. "Ogni volta che andiamo a ritirare una salma dobbiamo bardarci con tute, visiere, guanti, mascherine, calzascarpe: tutto materiale i cui costi sono a carico della ditta, spendiamo migliaia di euro all'anno solo per questi dpi - spiegano i gestori - E poi ogni volta c'è la disinfezione dei mezzi, degli uffici, il costo dei disinfettanti... Costi in più che non abbiamo voluto riversare sui nostri clienti: non c'è stato, infatti, un aumento dei prezzi per sopperire a questo investimento. L'anno scorso abbiamo fatto richiesta per ottenere un contributo statale per l'acquisto dei dpi, ma siamo ancora in attesa. Ogni 15 giorni poi, per nostra scelta precauzionale, ci sottoponiamo tutti al test sierologico per autotutelarci: tutte spese che incidono sul bilancio aziendale".

La paura dei lavoratori, a stretto contatto col Covid ma sprovvisti di vaccino, è tanta. "Non è facile lavorare così - continuano i gestori - Abbiamo sempre paura di contagiarci e di portare il virus anche a casa dalle nostre famiglie. Per questo ci bardiamo sempre, anche se andiamo a ritirare una salma che non è morta per Covid, perchè il rischio c'è sempre ed è meglio non fidarsi solo di quello che dicono i parenti. Nei periodi più 'intensi' ci troviamo faccia a faccia con circa 15 defunti Covid al mese, per cui una volta ogni due giorni in media siamo assaliti dalla paura di esporci a un positivo. Ma lo stesso vale quando partecipiamo ai funerali, dove ci sono parenti del defunto dei quali non conosciamo lo stato di salute... dobbiamo sempre stare attenti a tutto. Per questo chiediamo di essere inseriti nelle categorie delle persone da vaccinare al più presto".

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