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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Intitolato un piazzale a Don Antonio Paganelli, compianto parroco di Fosso Ghiaia: "Esempio di grande umiltà"

Si è svolta venerdì mattina la cerimonia di intitolazione a Fosso Ghiaia del piazzale dedicato a Don Antonio Paganelli, parroco della frazione dal 1965 al 1995

Si è svolta venerdì mattina la cerimonia di intitolazione a Fosso Ghiaia del piazzale dedicato a Don Antonio Paganelli, parroco della frazione dal 1965 al 1995. La targa è collocata nell’area antistante la chiesa “Santa Maria Goretti”, in via Romea Sud 414. Nato a Cesena nel 1925 e deceduto a Ravenna nel 2009, Don Antonio Paganelli divenne nel 1965 parroco della comunità di Fosso Ghiaia, dove operò per trent’anni. Nel 1995 fu nominato rettore della chiesa del Camposanto di Ravenna, incarico che ricoprì fino alla sua scomparsa.

Alla cerimonia di intitolazione, molto partecipata, erano tra gli altri presenti il sindaco di Ravenna Michele de Pascale, l’arcivescovo di Ravenna-Cervia monsignor Lorenzo Ghizzoni, l’assessora al Decentramento Federica Moschini, il consigliere comunale Alvaro Ancisi, don Mauro Marzocchi, parroco di Sant’Apollinare in Classe e Fosso Ghiaia, insieme a rappresentanti del territorio.

"Persona di rara sensibilità, mitezza e disponibilità, proprio attraverso la sua grande umiltà ha saputo dialogare con tutta la comunità, nessuno escluso - lo ricorda Gianfranco Spadoni, consigliere territoriale di Lista per Ravenna - Tutti gli volevano bene perché ricambiato con singolare generosità e semplicità. Per descrivere queste sue doti mi viene in soccorso una parabola evangelica “...non metterti al primo posto perché non ci sia un altro più degno di te…”. E lui era più che degno ma la sua umiltà lo portava ad essere sempre molto discreto, con un comportamento modesto nella migliore accezione del termine. Don Antonio ha dato tanto al paese dove è rimasto per tren’anni, a cominciare dalla realizzazione della chiesa e dell’asilo, ma oltre a questo ha generosamente dato se stesso per tutti senza distinzione alcuna e sempre alla ricerca della “pecorella smarrita”. Un sacerdote che è rimasto nel ricordo della gente, come hanno testimoniato le numerose persone presenti a questo riconoscimento, al quale sicuramente il compianto sacerdote avrebbe rinunciato proprio per la sua sobrietà. Personalmente ho approfondito la conoscenza di don Antonio quando è stato nominato rettore della chiesa del Cimitero, e nelle tante occasioni ho apprezzato la semplicità con la quale commentava il vangelo perché aveva ben compreso, da persona intelligente, come i testi di duemila anni fa e il compito del celebrante debbano essere diretti alla gente con lo scopo di portare fuori dalla chiesa un concetto, una buona parola e non solo riservati ai teologi e agli esperti di scienze bibliche. In altri termini sapeva spiegare i brani evangelici in modo comprensibile ma basati su un un metodo pedagogico semplice e diretto, molto efficace. Rimarrà dentro a tante persone e il suo esempio di umiltà e mitezza, rappresenta una preziosa indicazione per i cittadini e, non meno per il clero ravennate".

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