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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

L'omelia in occasione della Messa del Crisma: le parole dell'Arcivescovo

L'omelia pronunciata ieri dall'arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni in occasione della Santa Messa del Crisma che si è svolta in Cattedrale assieme a sacerdoti e diaconi

Parole significative nell'omelia pronunciata dall'arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni in occasione della Santa Messa del Crisma che si è svolta in Cattedrale assieme a sacerdoti e diaconi.

"Sembra davvero un po’ strano fermarsi su questa pagina del Vangelo in questa assemblea di presbiteri e diaconi, di laici fedeli collaboratori, che della preghiera hanno una lunga esperienza e per di più in un momento in cui prevalgono preoccupazioni pratiche: sociali, economiche e sanitarie. Invece mi sembra necessario. Guai a noi se preoccupati della dimensione orizzontale lasciassimo perdere quella verticale. Se perdiamo il rapporto di figli con il nostro Padre dei cieli, non riusciremo a trattarci da fratelli per lungo tempo, l’inimicizia pian piano prevarrebbe sull’amicizia; senza l’amicizia con Dio, Caino si dimentica presto che Abele è suo fratello.Stiamo anche solo al fatto della pandemia, visto che ci capita questa disgrazia: da essa possiamo trarre almeno un insegnamento per il futuro, per dare un senso a questo tempo di attesa e di ansia, come ha scritto un noto pensatore laico in questi giorni (Edgar Morin, Cambiamo strada)?Un minuscolo virus in una città molto lontana della Cina ha scatenato lo sconvolgimento del mondo. Lo shock provocato sarà sufficiente per rendere finalmente tutti gli esseri umani consapevoli che apparteniamo ad un’unica comunità di destino? Papa Francesco direbbe “che stiamo sulla stessa barca”? Sarà sufficiente per rallentare la corsa frenetica allo sviluppo tecnico ed economico che sono gli idoli assoluti, il vitello d’oro dei nostri giorni? Siamo entrati nell’era delle grandi incertezze. Il futuro è ancor più imprevedibile, ma è in gestazione oggi. Potremmo avere una occasione unica  – e ce la dovremmo assicurare – per far sì che questo sia il tempo per iniziare una rigenerazione della politica, per dare finalmente spazio alla protezione del pianeta e per dare una svolta all’umanizzazione della società. Come ha scritto quell’autore, questo può essere un tempo favorevole, se decideremo di “cambiare strada”. Perché cosa fa emergere alla fine di tutto la pandemia? La necessità di un “nuovo umanesimo”.

"Noi credenti raccogliamo volentieri questa sfida di un laico, ma crediamo che questi obiettivi così condivisibili, non siano alla nostra portata senza la illuminazione e la forza dello Spirito di Dio che agisce nella storia e nelle nostre vite. E senza la docilità dei cuori degli uomini e delle donne del nostro tempo a entrare in armonia con la sua volontà, con i suoi desideri. Altrimenti continueremo a vedere il bene davanti a noi, ma senza riuscire a metterlo in atto.  E proprio qui diventa necessaria la preghiera.  Ovviamente una preghiera incarnata, attenta alla storia quotidiana, pronta ad assumere tutte le lotte e gli impegni nostri e dei nostri contemporanei per cambiare, prima i cuori poi le strutture e le dinamiche delle società.  Una preghiera non fatta solo di ripetizione di antiche formule, belle e consolanti, ma viva, attenta ai fatti, schierata per l’affermazione di tutti i valori evangelici, che non sono negoziabili; che chiede a Dio di intervenire nella storia quotidiana e si allea con Lui per difendere le persone, la loro vita fisica, la loro dignità, il loro diritto a una giustizia e a una pace vera. Una preghiera che accoglie il suo disegno sulla famiglia, sulla natura, sulla terra nostra casa comune; una preghiera che schiuda i cuori di tutti ai più poveri e ai loro diritti a vivere e a svilupparsi senza essere impoveriti dai potenti e costretti a emigrare. Una preghiera che dia fiducia nel futuro e apra all’attesa di una vita eterna piena di gioia e di tutti i beni che ora osiamo sperare.  Una preghiera che guardi al Cielo, ma solo dopo aver guardato alla terra e aver condiviso fatiche e attese, lotte e sofferenze di tutti i fratelli e le sorelle, nessuno escluso, e li presenti al Padre. Una continua intercessione che i credenti, soprattutto i ministri ordinati, come Mosè, rivolgono a Dio Padre, che ci farà il suo Dono più grande, il suo Spirito, secondo i suoi disegni. Da dove ci verrà l’aiuto? Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto cielo e terra, e non dimentica nessuna delle sue creature".

 "Cioè a intercedere, ogni giorno, per il nostro popolo, per la Chiesa universale, per Papa Francesco, noi sacerdoti e i diaconi gli uni per gli altri, per la nostra amata Chiesa di Ravenna Cervia, per la sua unità, per la sua santità, la sua missionarietà, per la nostra missione diocesana a Carabayllo e per ognuno dei figli di Dio dispersi su tutta la terra, credenti o non credenti.  Ci insegnerà il Signore Gesù, nostro Maestro interiore. E il suo santo Spirito che prega in noi ogni volta che offriamo il “sacrificio di lode delle nostre labbra” e che celebriamo la liturgia, Lui che rende efficaci le nostre parole.  Nei giorni del lockdown abbiamo pregato da soli, in famiglia, in collegamento online, davanti alla Tv… ora è il tempo di tornare a pregare insieme, in assemblea, con la comunità. Ma non basterà richiamare i fedeli, soprattutto i ragazzi e i giovani, per poi ripetere riti stanchi e abitudinari. Dobbiamo ricreare un clima di preghiera nuovo, più attraente, propositivo, di partecipazione attiva dei fedeli, soprattutto dei giovani e degli adulti Chiediamo perciò il dono della preghiera per noi presbiteri, diaconi, consacrati, fedeli e per me Vescovo; per i monasteri e le comunità religiose, le associazioni e i movimenti, i gruppi, affinché siano nuove scuole di preghiera.  Chiediamo il dono della preghiera insistente e imprudente come quella dell’amico di notte; o importuna come quella della vedova al giudice; senza diritti come quella della cananea, ma sicura nella fede che la risposta arriverà.  Non diamo per scontato la nostra capacità di pregare, come nelle relazioni d’amore non c’è mai un punto di arrivo, si cresce sempre, perché il desiderio aumenta con la conoscenza e l’esperienza di Dio. S. Teresa del Bambino Gesù e del Volto santo ne è un esempio. Ma se è vero che a noi, ministri ordinati, viene certamente fatto questo dono, se lo chiediamo al Padre buono dei cieli, per noi c’è però anche un compito. I doni di Dio ci sono sempre consegnati perché li mettiamo a frutto per i nostri fratelli e le nostre sorelle. Noi abbiamo un dovere particolare riguardo a questo insegnamento: siamo chiamati a diventare maestri di preghiera".

"In tanti hanno bisogno della nostra educazione alla preghiera cristiana, che è quella biblica e liturgica, alimentata non solo dalle devozioni degli ultimi secoli, quando non si poteva accedere alla Sacra Scrittura e la Liturgia era incomprensibile. I fedeli di oggi hanno bisogno del cibo solido e dei linguaggi ricchi di bellezza e carichi di spiritualità dei nuovi testi liturgici e della Parola di Dio meditata e pregata. Ne hanno bisogno i bambini e i ragazzi, che oggi in pochi casi hanno famiglie alle spalle che insegnano a pregare, pregando con loro;  Ne hanno bisogno gli adolescenti e i giovani che desiderano linguaggi e parabole nuove, nuovi cammini per scoprire dall’immenso tesoro della S. Scrittura come lodare e benedire il Padre nostro dei cieli, come chiamarlo in aiuto nei momenti delle crisi o delle decisioni serie;  Ne hanno bisogno gli adulti di oggi sempre immersi nelle fatiche del vivere, nel lavoro, nelle relazioni affettive e sociali vissute sempre più in fretta, nei loro progetti, ma anche nelle disavventure e nelle malattie, per dare un senso a tutto;  Ne hanno bisogno quegli anziani che amano la ripetitività dei riti e delle formule e hanno una fede stabile, ma anche quelli che hanno abbandonato da tempo ogni atteggiamento religioso e temono solo le malattie e la morte…  Tutti, proprio tutti, hanno bisogno di noi ministri ordinati e consacrati, per imparare a pregare, per crescere nell’apertura alla Grazia, per diventare adulti nella fede, attraverso una preghiera adulta, incarnata, viva e partecipata, comunitaria e personale, che apra alla conoscenza di Dio Padre, del Signore Gesù e anche alla conoscenza di se stessi alla luce della Parola di Dio. Scriveva San Giovanni Paolo II che “il ministro ordinato è «educatore di preghiera». Ma solo se è stato formato e continua a formarsi alla scuola di Gesù orante, potrà formare gli altri. I cristiani – diceva– sperano di trovare nel ministro ordinato non solo un uomo che li accoglie, che li ascolta volentieri e con una sincera simpatia, ma soprattutto un uomo che li aiuta a guardare Dio.” 
 

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