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Cronaca

La prima esperienza di inserimento lavorativo per quattro detenuti

E' stato presentato lunedì mattina in municipio il bilancio dell'iniziativa che ha visto nei giorni scorsi l'impiego di due persone detenute nel carcere cittadino per la pulizia di un tratto di pineta

E’ stato presentato lunedì mattina in municipio il bilancio dell’iniziativa che ha visto nei giorni scorsi l’impiego di due persone detenute nel carcere cittadino per la pulizia di un tratto di pineta. Si tratta della realizzazione del progetto “Strada facendo” promosso dalla stessa Casa Circondariale Port’Aurea, dal Corpo Forestale dello Stato, e dall’Asp che lo finanzia.

Alla conferenza stampa di presentazione erano presenti il sindaco Fabrizio Matteucci, l’assessore alla sicurezza Martina Monti, la direttrice del penitenziario Carmela De lorenzo, il vice comandante Comando Provinciale del Corpo forestale Anna  Mazzini, la presidente dell'Asp Susanna Tassinari.
Questi in sintesi il progetto e gli obiettivi:

Azioni sperimentali di Giustizia riparativa:
Incontrarsi con la comunità locale, coinvolgendola, attraverso l’espiazione della pena ripartiva, potrebbe far crescere la cultura dell’accoglienza nel tessuto cittadino.
Trasformare quel “costo” comune in risorsa percettibile a tutti, investendo nel percorso trattamentale della persona in detenzione, inserendola in un progetto personalizzato che diventi parte integrante del proprio progetto di vita.

Attraverso l’attivazione di tirocini di inserimento lavorativo,  si intende monitorare e ripulire le aree pubbliche tra l’ area pinetale e il bordo stradale di via Trieste località Marina di Ravenna.
Il degrado delle sopradescritte aree, soprattutto dopo gli sfalci primaverili, è visibile a tutti, cittadini e turisti.

Area sperimentale:
Litorale di Marina di Ravenna area di via  Trieste, di competenza del Comune di Ravenna di circa 6 km.

Soggetti coinvolti:
Due persone in detenzione, un volontario Associazione AUSER coordinatore dei lavori .

Durata ed articolazione del progetto:
Il percorso sperimentale ha avuto una durata di 3  mesi da luglio a settembre per  7 giornate e un impegno orario individuale di ore 21 circa.

Sede di svolgimento:
Spazi attigui all’ area pinetale e il bordo stradale per la precisione, dove i mezzi meccanici di raccolta e pulizia non riescono a svolgere efficacemente la mansione di raccolta differenziata dei rifiuti solidi.

Contenuti percorso formativo:
Lavoro di raccolta differenziata manuale dei rifiuti solidi presenti nella fascia di competenza comunale.

Fonti giuridiche e sociologiche
In questi ultimi anni si sta facendo strada, nel dibattito culturale attorno al significato della pena, negli orientamenti della magistratura e nella metodologia di lavoro dei servizi che si occupano di problematiche penali, il tema della giustizia riparativa, ovvero di una giustizia che assume su di se il compito di realizzare una sorta di riparazione del danno arrecato attraverso il compimento di uno o più reati. Una giustizia che pone al centro chi ha commesso il reato, ma considera anche chi ne ha subito le conseguenze, sia singolo, che collettività.
L’orientamento verso la giustizia riparativa si è già affermato nella giustizia minorile, sin dal 1988, con l’approvazione del nuovo codice di procedura penale e ha trovato spazio, nel decreto legislativo n° 274 del 28.8.2000, che ha istituito il giudice di pace.

In ambito penitenziario, la giustizia riparativa si è affermata circa vent’anni orsono, allorché la legge Gozzini (nel 1986), ha previsto che le persone che scontano la condanna in "affidamento in prova al servizio sociale" debbano adoperarsi, per quanto possibile, a favore delle vittime del reato.
(c.7 art. 47 l. 354/75 e modifiche), indicazione rimasta disattesa sino agli anni recenti.
Ma che cosa si intende, in ambito penitenziario, per riparazione del danno?

Il pensiero che sottende all’azione riparativa è quello secondo il quale il reo, attraverso il reato, si è reso autore di un danno contro qualcuno, che può essere un singolo individuo, un gruppo o più in generale la collettività. L’adoperarsi a favore della vittima o della collettività vuol significare allora restituire, in forma materiale o simbolica, a questi soggetti, ciò di cui sono stati privati a seguito della commissione del reato. Si tratta di un insieme di processi di pensiero e di azione attraverso i quali, durante il periodo della pena, una persona che ha commesso uno o più reati si attiva con modalità che possono comportare: il risarcimento alla parte lesa, se questo è previsto nella sentenza di condanna e non è ancora avvenuto, il contatto con la vittima del reato, anche attraverso terzi, sempre che questo sia possibile e opportuno; l’impegno in un’attività gratuita a favore della collettività.

 

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