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Cronaca

Pro o contro la chiusura dei negozi la domenica? Cosa pensano i lavoratori dei centri commerciali

Il vertice della Lega ha dato il via libera alla proposta per la chiusura domenicale dei negozi, con la possibilità di stabilire otto aperture nei giorni festivi all'anno d'intesa con le Regioni

Negozi chiusi la domenica: chi ci guadagna?

Secondo i detrattori dal punto di vista tecnico la legge appare di difficile realizzazione. "12 milioni di italiani fanno acquisti la domenica, e i giorni festivi rappresentano per loro l’unica occasione per dedicarsi allo shopping e alle compere – spiega Carlo Rienzi presidente dell'associazione dei consumatori Codacons  – Privarli di tale possibilità attraverso misure che bloccano le aperture domenicali equivale a dirottare gli acquisti dei consumatori verso l’e-commerce che, a differenza dei negozi tradizionali, non subisce alcun vincolo o limitazione”.

In base alle proiezioni del Codacons il settore delle vendite online, che cresce in Italia a ritmi elevatissimi (+13,6% a luglio) e che nel 2017 ha registrato nel nostro paese un giro d’affari pari a 23,6 miliardi di euro, sarà l’unico a beneficiare delle chiusure domenicali dei negozi, con un incremento del giro d’affari pari a +2,7 miliardi di euro solo nel primo anno e come effetto diretto di un eventuale divieto di apertura nei giorni festivi per gli esercizi tradizionali.

"In 10 anni le vendite dei piccoli negozi hanno registrato in Italia una contrazione del -17%, e impedire loro di lavorare anche nei giorni festivi equivale a condannarli a morte, con effetti negativi su occupazione e Pil - prosegue Rienzi – Per tale motivo il Codacons propone al Governo di stabilire un numero limitato di domeniche in cui i negozi possono rimanere chiusi, differenziando tuttavia le date in base alla località, a seconda che siano città o luoghi di vacanza".

Assoraro

"Il tema dei negozi e dei grandi centri commerciali incondizionatamente aperti nei fine settimana e nelle festività è effettivamente attuale - commenta Paolo Guerra, presidente di Assoraro (associazione di idee per Ravenna e la Romagna) - Le motivazioni principali addotte dal governo per imporne la chiusura domenicale sono riconducibili a un generale miglioramento della qualità della vita, mentre il mondo cattolico si è accodato sostenendo che il giorno di riposo riporterà le persone a partecipare alla santa Messa. Toccando questo settore, si poteva intervenire in modo diverso, parlando del dominio che i grandi centri commerciali esercitano sui piccoli negozianti, non tanto per il trascinamento alle aperture domenicali, bensì per quanto sta accadendo sulle modalità di concorrenza. Privare un imprenditore o un piccolo commerciante della libertà di restare aperto al giorno d'oggi è sconcertante; così come vien da sorridere vedendo che alcune correnti sindacali appoggiano questo provvedimento nonostante le migliori previsioni indichino la perdita di 50mila posti di lavoro.  Quando si parla di negozi, di commercio e di centri commerciali sarebbe il caso di affrontare l'opportunità di introdurre una norma di legge che, al di là di regolamentare l’apertura, vieti alla grande distribuzione organizzata le offerte al ribasso, le promozioni paghi uno prendi due, l'allungamento dei termini di pagamento verso i fornitori, i produttori primari e le piccole e medie aziende. Iper e Super sono diventati forti non tanto per l’apertura domenicale, ma per gli enormi volumi di vendita e per le ampie superfici ottenute da Comuni ridotti alla fame dai vincoli del patto di stabilità e nella necessità  di incassare gli oneri di urbanizzazione. Ma vuoi proprio che il Ministero dello Sviluppo Economico e del Lavoro non potesse fare altro, anzichè complicare la vita alle Regioni o ai Sindaci che dovranno applicare territorialmente le regole di chiusura dei negozi in relazione a uno o più criteri che saranno certamente introdotti per mitigare questo provvedimento? Si dovranno chiudere i negozi in relazione all'estensione delle superfici ad esempio superiori ai 300 metri quadri? Si deve ricercare la vocazione turistica della città, proprio in Italia, dove giustamente ogni località ritiene di ricadere in questa categoria? Oppure l’apertura sarà garantita per una percentuale minima dei negozi a rotazione nel weekend? Per tutelare i piccoli commercianti, lo sviluppo economico, la libera impresa, la qualità del lavoro e conseguentemente della vita, non sarebbe meglio un provvedimento per ostacolare le offerte di vendita al ribasso, i  prezzi scontati e le dilatazioni di pagamento applicate dalla grande distribuzione ai propri fornitori? Non è ora che si ponga un limite allo strapotere delle grandi catene commerciali che, non solo di domenica, ma per tutta la settimana, offrono gratuitamente i parcheggi e riversano sugli scaffali prodotti di qualsiasi tipo a prezzi ribassati a danno dei produttori primari, di buona parte delle piccole e medie imprese di trasformazione e dei piccoli commercianti che, ingabbiati nei centri storici sempre più pedonalizzati e con parcheggi sempre più distanti, faticano a sostenere il confronto? Non è ora di interrogarsi sull’opportunità di porre un limite di legge alle catene di distribuzione per un margine minimo sui prodotti venduti (es. il 10%) o per introdurre un tetto alle promozioni (es. non inferiori al 34%) con un limite massimo del venduto annuo (es. del 25%) tutelando le aziende a monte della filiera e calmierando la concorrenza dei prezzi nei confronti dei piccoli commercianti, dei negozi nei centri storici, comprendendo quelli di vicinato? Simili normative sono discusse e abbozzate in più di un Paese europeo, soprattutto dove non vi sono restrizioni sulle aperture e dove i governi hanno già compreso che la qualità della vita dei commercianti non è compromessa dalle aperture domenicali, ma dall’aumento delle vendite on line. E su questo che che si farà? Si vieterà la circolazione domenicale dei mezzi di trasporto che consegnano a domicilio? Comprese le pizze da asporto? Speriamo che sulla ricerca del facile consenso prevalga il credo della libera impresa, dell'iniziativa privata e della libertà di poter aprire o di tenere chiusa la propria attività. Speriamo in un nuovo apparato amministrativo che anzichè regolamentare il mercato, assoggettandolo alla metratura o alla posizione del proprio negozio, sappia legiferare affinchè siano rispettati i principi etici e morali e sappia attuare dei controlli per contrastare le posizioni dominanti e la concorrenza sleale".

Cna

Cna ha chiesto al Governo un confronto urgente sulla delicata materia delle aperture domenicali. "Le esigenze delle micro e piccole imprese – afferma il Presidente di Cna Commercio e Turismo Emilia Romagna, Roberto Masi - sono ben diverse da quelle della gdo e dei grandi insediamenti commerciali: parliamo di piccoli imprenditori che, proprio grazie alla deregulation entrata in vigore nel 2012, non solo hanno saputo adeguarsi virtuosamente alla normativa, ma hanno investito pesantemente per poter offrire ai consumatori uno shopping festivo di qualità nelle località turistiche e nelle grandi città, così come – e soprattutto – nei piccoli borghi, nei centri urbani pedonalizzati, nei centri commerciali naturali, nelle periferie, trasformandosi così in un vero e proprio presidio sociale. Le piccole imprese, per contrastare la desertificazione commerciale dei centri cittadini, hanno inoltre saputo creare sinergie con altre attività, tipiche, artigianali, artistiche, utili a impreziosire quei territori laddove multinazionali e grandi gruppi difficilmente arrivano. Alla luce di queste considerazioni riteniamo opportuna una verifica dell’attuale disciplina e dei suoi effetti economici e sociali, ma chiediamo che l’eventuale riforma punti, prioritariamente, a riequilibrare il rapporto tra grande distribuzione organizzata e piccolo commercio. Cna chiede inoltre al Governo di prevedere interventi mirati a favore delle piccole imprese rispetto ad un altro tema, oggi se lasciato senza regole, può arrecare gravi danni a tutto il settore. L’e-commerce può essere una risorsa fondamentale per aumentare la presenza sul mercato, soprattutto per il nostro settore, ma per renderlo efficace e funzionale alle micro e piccole imprese deve essere regolamentato in modo equo ed etico con una regolamentazione di carattere europeo che definisca le reali condizioni di competitività tra le multinazionali e le piccole imprese artigianali".

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