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Cronaca

Madonna Greca, messa a porte chiuse per il vescovo che ha ricordato una a una le vittime del Coronavirus

Una messa tutta dedicata ai morti per il Coronavirus quella celebrata dall'Arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni, domenica mattina al Santuario di Santa Maria in Porto

Una messa tutta dedicata ai morti per il Coronavirus quella celebrata dall'Arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni, domenica mattina al Santuario di Santa Maria in Porto, in occasione della Festa della Madonna Greca, patrona di Ravenna e dei lidi.  Anche quest’anno, seppure in condizioni davvero straordinarie per le limitazioni legate alla diffusione della epidemia del coronavirus, è stata celebrata la ricorrenza della Madonna Greca nella prima domenica dopo Pasqua perché, secondo la leggenda, l'immagine della Vergine arrivò sul litorale di Porto Fuori, nei pressi di Ravenna, proprio la Domenica in Albis del 1100. Quest’anno la celebrazione è stata a porte chiuse, con la sola presenza dei monaci paolini, del Prefetto Enrico Caterino, del Sindaco Michele De Pascale e del Direttore dell’ospedale  Paolo Tarlazzi. Nel corso della cerimonia sono stati ricordati, nome per nome, i deceduti all'ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna.

Nel corso dell'omelia, monsignor Ghizzoni ha ricordato che "adesso abbiamo davvero bisogno della ripresa delle attività lavorative, perché i pur necessari provvedimenti assistenziali non risolveranno la difficoltà economica generale. Ma non potremo sottomettere il valore della persona e della sua salute, al valore economico, occorrerà trovare un equilibrio anche se sarà difficile". Per il vescovo questo momento è "una disgrazia, ma anche un’occasione di ripensamenti". "È questa un’occasione importante anche per ripensare i rapporti sociali non come relazioni tra individui chiusi in sé, ma come relazioni dentro una comunità - ha detto - dove tutti riconoscono di aver bisogno degli altri e di aver dei talenti da mettere a disposizione degli altri".

"È un’occasione per far uscire la politica dagli esibizionismi personali e ripensarla come azione di coloro vogliono la costruzione del bene comune sopra gli interessi degli singoli o della propria parte, la prevalenza dei diritti sociali su quelli individuali, la crescita della giustizia e della pace non solo per la propria nazione, ma per tutti i popoli. È un’occasione per ribadire che non ci sono fasi della vita o situazioni in cui alcune categorie di persone perdono dei diritti e possono essere scartate. Anche il malato inguaribile o l’anziano inabile è un fratello che ha bisogno e diritto alle nostre cure. Il grandissimo sforzo e i notevoli risultati che, nonostante tutto, il personale sanitario ha compiuto e compie, sono un segno di grande civiltà, di una società che si cura delle persone, non le tratta come casi di ricerca o come numeri di una percentuale. Sono segno di una società e di un personale sanitario che pur con delle grosse difficoltà, ama la vita, la tutela e la vuole far crescere".

"Credo che dovremo anche ripensare un modello di sviluppo che ha privilegiato nell’età moderna e contemporanea il profitto di pochi e a breve termine, che ha danneggiato l’ambiente e non ha rispettato le leggi della natura, quell’ecosistema che non può essere ferito senza che la società umana non ne sia colpita. Questo tipo di epidemia e le altre che sono venute da un ambiente violato, ne sono una prova evidente. Ha detto Papa Francesco: «Se abbiamo potuto imparare qualcosa in tutto questo tempo è che nessuno si salva da solo. Le frontiere cadono, i muri crollano e tutti i discorsi integralisti si dissolvono dinanzi a una presenza quasi impercettibile che manifesta la fragilità di cui siamo fatti… È il soffio dello Spirito che apre orizzonti, risveglia la creatività e ci rinnova in fraternità per dire “eccomi” dinanzi all’enorme e improrogabile compito che ci aspetta » ". 

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