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Cronaca

Motociclette come pezzi unici: la magia del ravennate Massimo "Fuchs" Rinchiuso

Dalla sua officina escono moto completamente personalizzate sulla base delle richieste (e dei sogni) dei clienti.

Difficile trovare una definizione per il lavoro di Massimo Rinchiuso, in arte Fuchs. Quello che accade nella sua officina di Ravenna, da 12 anni a questa parte, è a metà strada tra l’artigianato di altissimo livello, l’arte e la magia. Perché riesce a dare corpo ai sogni di chi vuole una moto (ma non solo) completamente personalizzata. “Si tratta di mezzi molto particolari, costruiti interamente a mano sulla base delle richieste del cliente. Nel pieno rispetto delle norme, per cui possono circolare regolarmente”.

Qual è il punto di partenza del tuo lavoro?
“Nella maggior parte dei casi si parte da una moto che c’è già, ma che il cliente vuole trasformare. Ultimamente, però, capita sempre più spesso di volere un determinato risultato, per cui si cerca un mezzo che sia adatto a ottenerlo. Alla fine, della moto originaria rimangono la parte del motore e il telaio, le parti meno importanti a livello estetico. Quello della customizzazione è un settore in crescita negli ultimi anni, in cui lavorano meccanici, scultori, pellettieri, falegnami. Perché molti chiedono parti in legno, come un secolo fa”.

Chi è il cliente che si rivolge a te per avere una moto completamente personalizzata?
“Il cliente base ha un’età matura ed è un appassionato di moto da lunga data. La customizzazione è un investimento importante su cui è difficile speculare, perché non è detto che quello che ha tanto valore per te ce l’abbia anche per qualcun altro. Cominciano, però, a esserci anche clienti che cercano un prodotto che sia rivendibile bene, per cui studiano un design ‘furbo’ che possa far presa su personaggi famosi”.

Massimo "Fuchs" Rinchiuso

Da dove vengono i tuoi clienti?
“Da tutta Italia, quasi mai da Ravenna. Attualmente, il cliente più importante che ho è originario del Sud e si rivolge a me, e non solo, per avere moto personalizzate da rivendere con un suo marchio”.

Quanti siete, in Italia, a fare questa professione?
“A parte la verniciatura, la parte meccanica e l’impianto elettrico, per cui servono conoscenze specifiche, io faccio tutto, dalla A alla Z. Compreso, nel 90 per cento dei casi, il disegno dei pezzi. A lavorare così siamo circa dieci, ma va detta una cosa: con pazienza e manualità, sono interventi fattibili da una persona sola”.

Mi è difficile pensare che chiunque possa mettersi a trasformare la propria moto costruendo da sé i pezzi. Quanto tempo impieghi per ogni lavoro?
“Dai quattro agli otto mesi”.

Ti posso chiedere il costo di un intervento di personalizzazione?
“Dai 15 ai 25mila euro, con punte di 30. Io costruisco i pezzi uno per uno, non uso pezzi in serie, a meno che chi chiede la moto non abbia un budget più ristretto. Il pezzo singolo va studiato e disegnato. Ultimamente va molto di moda farsi fare il rendering della moto, prima di partire con la customizzazione. E ci vuole qualcuno che sappia fare bene questo lavoro. Così ho iniziato una collaborazione con Oberdan Bezzi, che per me è un valore aggiunto”.

Cosa ti chiedono più frequentemente i tuoi clienti?
“Ma quanto costa?!”

Lavori su una moto per mesi. Quando te ne stacchi immagino che ci sia anche po’ di sofferenza.
“Beh, un po’ sì. Anche se in realtà i contatti non si perdono mai veramente, perché col cliente si crea un rapporto che non finisce quando consegni la moto. E spesso ci si incontra alle fiere di settore”.

Hai 43 anni e da 12 fai questo lavoro. Quante moto hai trasformato in questo periodo?
“In realtà queste cose le ho sempre fatte, ma è vero che è del 2004 la prima moto che ebbe successo. Da allora ne ho trasformate 18 o 20”.

Cosa serve per fare questo mestiere?
“Tanta passione. E non solo per le moto, ma anche per gli strumenti che permettono di lavorare. Facendo questo mestiere si recuperano arti che si erano perse, come la battitura a mano delle lamiere. Sono lavori da maniscalchi del primi del ‘900 che si erano perduti, perché oggi battere a mano non ha più senso”.

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