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Cronaca

Mascherine bloccate in dogana, l'allarme della Pubblica Assistenza: "Senza non possiamo operare"

"Ogni volta che i nostri dpi vengono bloccati, subiscono ritardi nella consegna o, ancor peggio, vengono sequestrati, i nostri operatori restano senza la giusta protezione che devono avere in questo momento"

In questo difficile momento non passa giorno senza il quale la Pubblica Assistenza Città di Ravenna Odv, e con lei tutte le associazioni e le organizzazioni impegnate a fronteggiare l’emergenza Coronavirus, non denuncino la carenza degli ormai famosi dpi, i dispositivi di protezione individuale tra i quali sono compresi le mascherine per il personale, guanti, tute e camici monouso e cuffie.

"Una necessità che aumenta ogni giorno e che troppo spesso si sta scontrando con la burocrazia, con regole incomprensibili e, in senso più letterale, con il buon senso. È di oggi la notizia – tuona con tutta la rabbia in corpo Angela Gulminelli, presidente della Pubblica Assistenza Città di Ravenna - che un’altra fornitura destinata alle nostre associazioni è ferma in dogana a Milano. Pare, almeno questo è quanto ci dicono i fornitori, “sequestrata” dalla Protezione Civile. Mi chiedo, a nome della mia organizzazione e di tantissime altre, perché? Cosa non è chiaro alla Protezione Civile? Provo a spiegarlo perché questa situazione deve finire immediatamente: in Italia ci sono centinaia di associazioni di Pubblica Assistenza che quotidianamente mettono a disposizione del Paese ambulanze, volontari e dipendenti per effettuare servizi che sono definiti servizi di pubblica utilità. Servizio che non si può arrestare. Ogni volta che i nostri dpi vengono bloccati, subiscono ritardi nella consegna o, ancor peggio, vengono sequestrati, i nostri operatori restano senza la giusta protezione che devono avere in questo momento".

La presidente Gulminelli prova ad analizzare la situazione e lancia un allarme: "Questi dispositivi mancano in tutta Italia, ma ciò non legittima nessuno a prevaricare chi è più debole. Vorrei anche dire, e non suoni come un ricatto o una minaccia, ma semplicemente come un dato di fatto: se le associazioni di volontariato sono sprovviste di dpi non possono effettuare servizi. Tutti i giorni abbiamo dalle venti alle trenta persone in servizio e continuiamo a garantire i servizi in convenzione con Ausl Romagna. Abbiamo un’ambulanza a disposizione del 118 per codici minori e altre ambulanze per il trasporto di pazienti Covid-19 sospetti o positivi. Continua inoltre anche il trasporto in auto per dializzati. Anche tutte le altre associazioni di Area Vasta Romagna continuano a garantire servizi di trasporto in ambulanza e in auto. E tutte hanno il problema degli approvvigionamenti.  Riteniamo che il nostro servizio sia prezioso al pari di quello svolto da tutto il comparto sanitario. Ci riesce quindi difficile comprendere perché siamo dimenticati".

Lista per Ravenna: "Mascherine spedite a domicilio trattenute dalle Poste"

"Causa le disposizioni governative volte a fronteggiare la diffusione del coronavirus, il 12 marzo Poste Italiane ha ridotto, a tempo indeterminato, da 23 a 9 gli uffici aperti al pubblico nel Comune di Ravenna. Dal 19 marzo, ha poi accorciato il loro funzionamento al solo mattino e a giorni alterni. Lista per Ravenna ha già contestato all’azienda le modalità di selezione degli uffici da tagliare o mantenere, nonché la carente informazione sui provvedimenti adottati data ai cittadini - spiega il capogruppo Alvaro Ancisi - Un effetto collaterale negativo, quanto singolare, ci è stato segnalato lunedì da una signora che, lavorando nell’ospedale civile di Ravenna a turni anche notturni, risiede in una frazione a sud di Ravenna distante 15 chilometri. Ai primi allarmi sulla diffusione del Covid 19 in Italia, la signora acquista online una confezione di gel disinfettante e una scatola di mascherine chirurgiche. Il gel le viene consegnato regolarmente, ma non le mascherine, per cui la ditta venditrice ne effettua una seconda spedizione. Il 10 marzo, tornando a casa, la signora trova nella buchetta delle lettere, lasciato dal postino, il cedolino per ritirare il pacco presso l’ufficio postale di Campiano a decorrere dal 12 marzo. Quel giorno, smontando dal servizio notturno, alle 8.30 è dinnanzi all’ufficio postale di Campiano, dove trova però esposto un cartello con la scritta: “Dal 12/03/2020 questo Ufficio Postale sarà chiuso”. Il giorno stesso e in quelli successivi telefona diverse volte alle Poste di via Meucci a Ravenna chiedendo una soluzione. Vista l’importanza del contenuto del pacchetto nel momento particolare, si dichiara disposta a ritirarlo ovunque, ricevendo però quest’ultima risposta: “L'ufficio rimane chiuso col suo contenuto. Siamo dispiaciuti”".

"Il caso non è però unico, bensì generale, perché il cartello affisso il 12 marzo, lo stesso su tutti i 14 uffici postali chiusi da quel giorno, porta anche scritto: “Sarà possibile ritirare la corrispondenza in giacenza presso l’Ufficio Postale alla sua riapertura”, che ancora oggi, a 12 giorni di distanza, nessuno sa quando potrà avvenire - continua Ancisi - Disservizio e sopruso sono evidenti: quando Poste Italiane ha stabilito di chiudere, nel comune di Ravenna, 14 uffici, non si è preoccupata delle consegne dei plichi e dei pacchi che aveva dislocato presso ciascuno, dandone avviso ai destinatari; ancor più gravemente, perché arbitrario, non si è preoccupata di raccogliere e di dislocare tutte le mancate consegne ivi depositate in uffici rimasti aperti al pubblico, dandone informazione ai destinatari stessi. Chiedo dunque al sindaco se ritiene opportuno, come primo cittadino di Ravenna, di richiamare Poste Italiane a risolvere immediatamente, in via generale, il problema su esposto raccogliendo o distribuendo presso la sede centrale o altre aperte al pubblico le corrispondenze depositate a lungo tempo indeterminato nei 14 suoi uffici chiusi dal 12 marzo".

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