Michele Leoni (Tribunale di Ravenna) a Salotto Blu: "Servirebbe una riforma della Magistratura"
Il presidente del tribunale ravennate sul caso Palamara: "Nella Magistratura gli incarichi sono decisi su base correntizia, frequentemente a scapito dei titoli, del merito, della carriera svolta da un magistrato"
Il nuovo Presidente del Tribunale di Ravenna Michele Leoni è stato ospite della trasmissione condotta da Mario Russomanno 'Salotto Blu' su VideoRegione che andrà in onda venerdì alle 22.30. Durante la puntata Leoni non ha risparmiato riflessioni severe sulle storture della organizzazione giudiziaria: "Serve una premessa, ci sono moltissimi colleghi che fanno ogni giorno il proprio dovere, anche di più a volte, con serietà e sobrietà di comportamento. Io stesso ne ho conosciuto tanti nei luoghi ove ho operato. Ma - continua Leoni- è indubbio che il sistema delle correnti interne alla Magistratura abbia creato un clima irrespirabile".
Il forlivese Michele Leoni è magistrato di riconosciuta esperienza: giovane giudice nella Locride infestata dalla criminalità organizzata, è stato in seguito impegnato in ruoli diversi a Cesena, a Forlì fino a rivestire a lungo il ruolo di Presidente della Corte d'Assise penale a Bologna. "Gli incarichi sono decisi su base correntizia, frequentemente a scapito dei titoli, del merito, della carriera svolta da un magistrato. Il meccanismo dei favori reciproci che ne deriva è spesso all'origine degli episodi deprecabili che vengono poi scoperti. Palamara era al centro di questo sistema, lui è stato allontanato già da due anni ma purtroppo non mi pare che molto sia cambiato. Servirebbe, tra l'altro, una riforma del sistema, ad esempio la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti ma ci sono resistenze".
Leoni è autore di diversi libri riferiti alla organizzazione giudiziaria e alla applicazione della pena: "giudicare significa assumersi una responsabilità che, nel caso di crimini particolarmente efferati, sconfina nell'etica e nella coscienza profonda. Personalmente ho sempre seguito il dettato della legge astraendomi da coinvolgimenti emotivi ma ritengo che talvolta il vero ergastolo sia di fatto scontato dai familiari delle vittime, private a vita dell' affetto e del sostegno dei propri cari".