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Cronaca

La frustazione degli ortisti Auser: "I nostri radicchi alle nutrie"

Anche Auser Ravenna vuole far sentire la voce dei propri associati, in particolare del comitato ortisti di Via Rubicone, che hanno visto il proprio lavoro sfumare a causa delle nutrie

Dopo l'appello alla Regione di Coldiretti, sulla proliferazione incontrollata delle nutrie sul territorio, anche Auser Ravenna vuole far sentire la voce dei propri associati, in particolare del comitato ortisti di Via Rubicone, che hanno visto il proprio lavoro sfumare a causa di questi animali. "La piaga delle nutrie che, come ha fatto notare il direttore Coldiretti Walter Luchetta, mette in serio pericolo la sicurezza idrogeologica, ambientale e del decoro urbano dell'intera Provincia, purtroppo, al momento, non sembra avere possibilità di soluzione", evidenziano da Auser.

"Se da un lato, infatti, il Comune di Ravenna aveva predisposto un apposito piano relativo al contenimento della diffusione di questi animali, a partire dal 1 gennaio, per la Legge di Stabilità 2016, questo piano cessa di avere validità. Sempre la Legge di Stabilità, all'articolo 7, stabilisce inoltre che le nutrie non possano pià essere cacciate - aggiunge -. Il risultato è che le trappole predisposte dal Comune di Ravenna sono state ritirate e, finché la Regione non deciderà come procedere, non sarà possibile programmare alcun intervento".

"Gli ortisti Auser di Via Rubicone, che avevano segnalato più volte il problema all'amministrazione locale già a partire dal mese di novembre, si sono trovati nel bel mezzo di un vuoto legislativo che, per il momento, ha contribuito ad azzerare quasi tutti i raccolti - prosegue Auser -. Le verdure invernali coltivate con dispendio di denaro ed energia, sono state pressoché interamente divorate dalle nutrie".

"Al momento gli ortisti hanno costruito, a proprie spese, un reticolato che copre un terzo del perimetro dell'area ortiva, sul lato dal quale sembra provengano gli assalti. Se il problema dovesse persistere, trovando adeguati finanziamenti il reticolato potrebbe essere esteso per tutto il perimetro dell'area, ma si tratterebbe comunque di una soluzione d'emergenza - conclude -. L'auspicio è che la Regione si senta sollecitata a decidere il più in fretta possibile su un problema che riguarda tutti e che si aggrava esponenzialmente ogni giorno che passa".

ENPA - Sulla questione interviene Andrea Brutti dell'Ufficio Fauna Selvatica di Enpa: "Alla luce di quanto dichiarato da alcune associazioni agricole, ricordiamo a tutte le Regioni e alle Province che il collegato ambientale approvato nella legge di Stabilità pone fine agli stermini di nutrie poiché obbliga al rispetto dell'art. 19 della legge 157/92, ovvero alla applicazione in via prioritaria dei metodi di controllo ecologici e non cruenti. Tali metodi devono essere proposti dall'Ispra che deve anche procedere ad una valutazione sui risultati da essi prodotti, caso per caso".

"I metodi alternativi alle uccisioni - prosegue Brutti - sono strumenti seri e validissimi che, per qualche "oscuro motivo" non vengono utilizzati. Si "preferisce" invece ricorrere alle trappole, all'eutanasia, alle uccisioni che non hanno mai prodotto alcun risultato. "Vendere" al mondo degli agricoltori una simile strategia di intervento quando le politiche ultraventennali di uccisione non hanno mai risolto nulla, equivale a prenderli in giro. Eppure, non abbiamo mai sentito parlare di ricorso alle reti anti-nutria; di ripristino degli habitat; di progetti di sterilizzazione. Insomma, non una parola è stata spesa su una gestione innovativa, scientifica e moderna della fauna "problematica"".

Secondo la Protezione Animali, è quindi necessario cambiare rotta: l'approvazione del "collegato ambientale" nella legge di stabilità che - lo ricordiamo - riporta il tema della gestione delle nutrie in seno a Regioni e Province e non più ai Comuni, si muove proprio in questa direzione. "Molti agricoltori che lamentano danni all'agricoltura e agli argini, laddove siano imputati alla fauna, devono sapere che possono essere evitati solo senza ricorrere alle fucilate. Per questo, è opportuno che le associazioni di categoria, anziché scagliarsi contro gli animali, incoraggino il ripristino degli habitat, l'applicazione dei metodi ecologici e dicano no a tutte quelle scelte politiche che minacciano l'agricoltura, a partire dai ripopolamenti venatori. Nonostante siano proprio questi la causa principale dei danni all'agricoltura - conclude Brutti - le associazioni agricole su tali ripopolamenti non si sono ancora mai espresse".

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