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Cronaca

Il dramma della disperazione dietro agli omicidi-suicidi tra anziani, lo psicologo: "Bisogna superare la vergogna del chiedere aiuto"

E' importante capire cosa si celi dietro a drammi di questo tipo, per evitare che altri casi simili si ripetano. Capire se esiste una rete d'appoggio alla quale rivolgersi quando la vita sembra troppo difficile da sopportare

Il tragico omicidio-suicidio avvenuto martedì a Cotignola, dove il 77enne Alvaro Strocchi ha ucciso con un colpo di pistola la moglie 71enne Viviana Farolfi per poi togliersi la vita con la stessa arma, riporta alla mente un episodio drammaticamente simile avvenuto a poco più di un mese di distanza a Ravenna, dove il 10 marzo scorso il 77enne Claudio Cognola ha ucciso la moglie 82enne Maria Ballardini a colpi di coltello prima di gettarsi dal balcone della loro abitazione di via Gardella.

Tante le similitudini tra i due delitti: la 71enne Viviana era stata colpita da un'ischemia e da quel momento si muoveva con un deambulatore, l'82enne Maria soffriva di pesanti dolori cronici che l'avevano portata a una vita reclusa in casa. Al loro fianco Alvaro, nel primo caso, e Claudio, nel secondo, entrambi 77enni, con tutte le problematiche che l'età avanzata comporta: nello specifico il marito di Viviana soffriva di dolori muscolari, ma anche per il marito di Maria l'età iniziava a farsi a sentire. In entrambi i casi l'allarme è stato dato dallo stesso omicida e in nessuno dei due casi i vicini e gli amici sospettavano di nulla, con le due coppie che non avevano mai mostrato screzi tra loro. Molto diverse, invece, le modalità dell'omicidio: nel caso di Ravenna una raffica improvvisa di coltellate seguita da un disperato lancio dal balcone, in quello di Cotignola due colpi di pistola alla testa.

In casi come questi, solitamente l'opinione pubblica si divide in due parti: chi condanna l'omicidio - o femminicidio che dir si voglia - senza se e senza ma, perchè un omicidio non può mai essere giustificato (e come dargli torto?); e chi invece guarda anche alle condizioni della coppia di anziani, spesso senza la dovuta assistenza, con uno dei due che si prende cura dell'altro quando egli stesso avrebbe bisogno di cure. L'età che avanza, le forze che mancano, la sensazione di non riuscire più a sopportare una situazione così pesante e la lugubre prospettiva di mettere fine alle sofferenze di entrambi.

Non è facile giudicare casi simili, e probabilmente non farlo e rispettare il silenzio è proprio la cosa migliore. Ciò che è sicuramente importante, invece, è cercare di capire cosa si celi dietro a drammi di questo tipo, per evitare che altri casi simili si ripetano. Capire se esiste una rete d'appoggio alla quale rivolgersi quando la vita sembra troppo difficile da sopportare. Abbiamo fatto qualche domanda a Gabriele Raimondi, psicologo e psicoterapeuta nonchè presidente dell'Ordine degli psicologi dell'Emilia-Romagna, per analizzare con un esperto questo fenomeno.

Dottor Raimondi, cosa scatta nella mente di queste persone anziane?

Scatta la paura di non essere più in grado di fare da supporto alla persona che abbiamo di fianco, di diventare noi stessi un peso eccessivo, di non essere in grado di affrontare il futuro. Ma c'è anche la consapevolezza delle nostre risorse ed energie che cambiano con l'età, o meglio, la percezione del cambiamento: anche il normale avanzare dell'età diventa ingestibile con le sfide che ci si sente chiamati a rispondere. Ovviamente ogni caso è a sè e non c'è una spiegazione univoca, ci sono tanti vissuti che si sommano tra loro e fanno sì che la persona non si senta più adeguata a rispondere alle sfide future percepite come crescenti, a volte in maniera anche distorta. Il deambulatore ad esempio, nel caso dell'omicidio di Cotignola, può esere vissuto non come uno strumento di aiuto, ma come il primo segno di una cosa degenerativa.

In questi casi l'opinione pubblica si divide sempre in due: chi dice che è da considerare come un qualunque altro omicidio senza scusanti e chi invece cerca di capire cosa ci sia dietro a un gesto così disperato.

Io credo sia importante analizzare questi casi per cercare di capire le ragioni che ci sono dietro ed evitare che cose del genere succedano di nuovo. Ad esempio sono nati già da tempo dei centri specializzati per i giovani maltrattanti, che affiancano i fondamentali servizi di aiuto per le donne maltrattate. Bisogna studiare cosa c'è dietro per cercare di rimuovere le cause della violenza. E in casi come questi bisogna capire cosa abbia spinto una persona a compiere un gesto del genere - disperazione, solitudine, percezione di abbandono etc - per cercare di evitare che succeda di nuovo. Credo sia molto importante anche il ruolo dell'informazione: se da un lato si parla del rischio di 'effetto Werther' (fenomeno per cui la notizia di un suicidio pubblicata dai mezzi di comunicazione di massa provoca nella società una catena di altri suicidi, ndr), è necessario però spiegare quelli che sono i supporti ai quali ci si può rivolgere. Si deve fare in modo che le persone non si sentano abbandonate nell'affrontare una situazione percepita come eccessiva.

Perchè queste persone non chiedono aiuto?

Spesso c'è la paura di sentirsi un peso, la vergogna, la sottovalutazione, la "normalizzazione del disagio", ovvero il pensare "sto male ma è normale che io stia così", senza condividerlo e senza offrire occasione all'altro di comprendere la grandezza del nostro disagio. Bisogna superare la vergogna e l'illusione di dover essere sempre capaci di superare tutto da soli: è normale a volte affidarci all'altro, che sia un professionista, la famiglia, i servizi sociali o altro.

Cosa può fare una persona che si trova in queste condizioni? E cosa possono fare i parenti?

E' importante fare comunità, osservare, stare attenti all'altro: quando chiediamo "Come stai?", ad esempio, ascoltare davvero la risposta dell'altro. Serve anche un'informazione corretta dei servizi del territorio, sapere dove posso andare se ho bisogno. E soprattutto bisogna rendere legittimo il diritto di tutti noi di essere aiutati, senza sentirsi giudicati. Ci si può rivolgere al medico di base in primis, ai servizi sociali e sanitari del territorio, al terzo settore e alle realtà associative. Sul sito del nostro Ordine abbiamo pubblicato l'albo online dei professionisti che è geolocalizzato. I canali sono tanti, ma bisogna legittimare se stessi al diritto di chiedere e ricevere aiuto.

A marzo la Regione Emilia-Romagna ha annunciato di voler investire oltre 20 milioni di euro l'anno per assumere psicologi per le Case della salute, che si chiameranno Case di comunità...

E' un importante investimento. I disagi psicologici sono in aumento, a causa anche di pandemia, guerra e crisi economica. Stiamo lavorando per la costruzione di un progetto che vada a supportare i cittadini sui temi di ansia e depressione, che sono appunto in forte aumento.

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