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Cronaca

Un ravennate su due va al pronto soccorso in un anno. Carradori (Ausl): "Via la prenotazione per le visite dal proprio medico"

La proposta del direttore generale di Ausl Romagna. Che interviene anche sul servizio di guardia medica: "Bisogna tornare all'accesso diretto, basta con le consulenze telefoniche"

Il sistema sanitario romagnolo - così come più in generale quello italiano (e non solo) - è a rischio. Le conferme arrivano da più parti: dall'appello firmato dai sindaci romagnoli, dalla Regione - con l'assessore alla sanità Raffaele Donini che ha spiegato come, per evitare il crac, servirebbero 5 miliardi -, dai sindacati scesi in piazza insieme al sindaco di Ravenna Michele de Pascale. E anche dallo stesso direttore generale di Ausl Romagna Tiziano Carradori, che ha manifestato il suo supporto alla manifestazione sindacale dei lavoratori e che in consiglio comunale ha spiegato come "se non si prendono misure straordinarie continueremo ad avere questi problemi".

Tra i settori maggiormente in sofferenza ci sono i pronto soccorso dei vari ospedali. Abbiamo approfondito la questione parlando con lo stesso Carradori.

Durante l'ultimo consiglio comunale dedicato alla sanità ha riferito un dato sconcertante: mediamente un ravennate su due, nel giro di un anno, fa un accesso in pronto soccorso. È davvero un numero così alto?

È così. Il distretto di Ravenna ha 150mila abitanti circa: nel 2022 gli accessi al pronto soccorso sono stati 82mila. Ma non è così solo da noi, a livello nazionale la percentuale viaggia sul 40% circa e anche a livello internazionale non va molto meglio. Oltre il 60% degli accessi sono differibili, ossia sono codici di bassa urgenza che potrebbero essere trattati senza l'accesso al pronto soccorso. Cosa significa questo? Evidentemente c'è qualcosa che induce i nostri concittadini ad accedere al pronto soccorso piuttosto che rivolgersi al medico di medicina generale (il cosiddetto medico di base, ndr) o alla guardia medica: se noi cittadini percepiamo un bisogno di prestazione sanitaria e l'unico punto che ci soddisfa, in termini di tempi e di completezza della prestazione, è il pronto soccorso, è ovvio che tenderemo maggiormente ad accedervi. Se per accedere a una prestazione tipica delle cure primarie, che sia il medico di base o la specialistica ambulatoriale, devo prenotare l'accesso e aspettare una o due settimane, è ovvio che vado al pronto soccorso. Idem se per avere una prestazione diagnostica strumentale (ecografia o altro che sia) i tempi di attesa sono di settimane o mesi. Se avessimo risorse adeguate molti di questi accessi potrebbero essere evitati, e a quel punto il pronto soccorso sarebbe concentrato sui casi più complessi, che ora invece sono appena il 30% di tutta l'attività. Da qui la grande necessità di riorganizzare la sanità del territorio superando dei limiti dell'accessibilità diretta, quindi non sempre tramite prenotazione.

Certo che se già riuscire a prendere la linea telefonica con la guardia medica è un'impresa, come dice lei è ovvio che una persona poi si rivolge al pronto soccorso...

Assolutamente. Attualmente oltre l'80% delle prestazioni della guardia medica notturna, prefestiva e festiva è rappresentato da consulenze telefoniche. Io invece ritengo che le cure primarie dovrebbero essere organizzate in accesso diretto: il paziente va nell'ambulatorio della guardia medica e trova un medico. Ma questa è una trasformazione che può trovare delle resistenze. Pensi che nei nostri 7 pronto soccorso abbiamo 145 medici: se io trasformo le ore effettuate nei 32 punti di guardia medica in tempi pieni equivalenti ottengo circa 115 medici, ed è chiaro che la dinamica e il carico di attività di questi medici non è confrontabile con quello dei colleghi del pronto soccorso, quindi la organizzazione dovrebbe essere ripensata. La regione ci sta lavorando, l'obiettivo è fare in modo che un medico della continuità assistenziale sia un medico al quale tu puoi accedere fisicamente, e non telefonicamente.

Anche il fatto che sia sempre più difficile reperire medici di base sicuramente influisce sugli accessi in pronto soccorso.

Certo, sappiamo che sono carenti, anche se la loro carenza è inferiore rispetto a quella di alcune discipline ospedaliere. La pandemia ha modificato delle cose che durante l'emergenza avevano senso, ora non più, eppure siamo rimasti ancorati lì, e non solo per la medicina generale.

Ad esempio l'accesso al medico di base per una visita tramite prenotazione?

Esatto, la medicina generale dovrebbe tornare a prevalentemente ad accesso diretto, senza prenotazione come prima del Covid. Eppure la mia visione non è condivisa da tanti. Comunque per questo motivo stiamo pensando alle case della comunità come luogo in cui fare confluire prevalentemente tutte le funzioni di base della medicina generale e specialistica per far sì che ci siano condizioni di accoglienza adeguate. È ovvio che se hai gruppi di medicina generale in strutture con ambulatori ristretti è difficile gestire l'accesso diretto, ci vogliono strutture adeguate se vogliamo favorirlo. Se vogliamo perseguire un accesso sempre più adeguato alla caratura della struttura del pronto soccorso è ovvio che ciò che sta fuori deve essere ripensato, in modo da rispondere adeguatamente al bisogno dei cittadini. Bisogna pensare che rispetto all'anno in cui gli accessi al pronto soccorso sono calati per la pandemia, il 2020, oggi abbiamo il 34% di accessi in più: in tutta l'azienda abbiamo tra i 120 e i 150mila accessi in più. Eppure ci troviamo con una dotazione di personale che si è ridotta. Ma come succede nell'Ausl Romagna succede nel resto d'Italia e anche all'estero, dalla Francia al Canada. Anche perché la popolazione invecchia e quindi è più facile che ci sia un numero di nostri concittadini che va incontro a problemi di salute che richiedono una risposta estemporanea. Se aumenta l'età, aumentano i bisogni sanitari.

Quanti sono i medici mancanti in pronto soccorso a Ravenna?

Mancano la metà dei medici quasi, 12 su 23. In media a Ravenna manca il 26% di personale medico, ossia 45 medici su 200. Mediamente invece, in tutta l'azienda Ausl Romagna, manca il 12% di personale medico. Questa però è una media, poi ci sono situazioni particolari.

Come il pronto soccorso di Lugo, ad esempio, dove la situazione è ben più grave.

Esatto, a Lugo mancano 7 medici su 10.

E come riescono 3 persone a fare il lavoro di 10?

Innanzitutto quando c'è la possibilità diamo disposizioni di servizio in ospedale a medici che non sono assegnati al pronto soccorso, ma che possono supportarne le attività, chiedendo se sono disponibili a fare attività aggiuntiva. Ed è anche la ragione per cui sono state rimodulate le auto mediche riallocando il personale nei luoghi prioritari: se abbiamo anestesisti e pronto-soccorsisti che vanno su un mezzo di soccorso, io credo che la priorità sia presidiare il luogo che dà la risposta ai problemi urgenti ed emergenti.

Su questo tema nei mesi scorsi si è scatenata una grossa polemica...

Chi l'ha definita una scelta scellerata non sa quello di cui parla: se prendiamo una decisione è perché prima abbiamo verificato dettagliatamente la sostenibilità tecnico-sanitaria. Oltre a questo facciamo tanti concorsi, ma non servono a nulla. La settimana scorsa sui social girava una lettera di denuncia di 280 medici toscani che minacciavano le dimissioni, poco meno del 50% dei medici di pronto soccorso in servizio. La questione è grave: abbiamo bisogno di misure nazionali che forzino questa situazione, perchè è inutile aumentare i posti in specialità se poi questi posti vanno deserti.

Lei più volte ha detto che bisognerebbe poter fare ricorso ai "camici grigi" (medici laureati e abilitati all'esercizio della professione che potrebbero lavorare, ma che non possono essere assunti a tempo indeterminato perché sono privi di specializzazione, ndr).

Esatto. Abbiamo medici abilitati all'esercizio della professione, oltre che dargli dei contratti a termine potremmo studiare delle modalità di stabilizzazione dei rapporti di lavoro. Se li mettiamo tutti assieme abbiamo tra i 30 e i 40mila laureati in Medicina che sono abilitati all'esercizio della professione. Anche perchè, se le cose continuano così, i medici di ospedali e pronto soccorso tenderanno a preferire il lavoro nel privato o come medici di medicina generale.

Nel pronto soccorso di Ravenna, stando ai dati, risulta esserci anche un grosso problema di "boarding" (il tempo di ricovero in ospedale di pazienti gravi che accedono dal pronto soccorso, ndr): a Forlì aspettano 10 minuti, a Ravenna 7 ore e mezza. Come mai?

È vero, però fare comparazioni di tempistiche tra ospedali non è consigliabile, perché non tutti rilevano queste tempistiche nello stesso modo: in alcuni casi, impropriamente, si calcola da quando un paziente entra in pronto soccorso. Detto questo i problemi ci sono: Ravenna ha dei tempi lunghi, anche se di recente sono migliorati. Il punto è che perché tu possa essere ricoverato devi avere capacità di accoglienza, ossia letti liberi, e la possibilità di averli dipende anche dalla capacità che hai di liberare quei letti: noi abbiamo tanti anziani la cui permanenza è condizionata dalla disponibilità esterna di posti in ospedali di comunità. Abbiamo migliorato molto con la realizzazione delle unità di degenza, ma se la quantità di persone che arriva in pronto soccorso aumenta di oltre il 30% ciò che abbiamo fatto di migliorativo è insufficiente. A breve, poi, partirà un'altra novità.

Cioè?

Abbiamo concluso un accordo con le case di cura di Ravenna e attiveremo entro l'estate o già in primavera un ospedale di comunità, affittando una parte importante degli spazi della casa di cura San Francesco: in questo modo cercheremo di dimettere coloro che non hanno più bisogno di un'assistenza ospedaliera ma che ancora non possono essere mandati al loro domicilio, e questo dovrebbe migliorare le condizioni dei tempi di boarding. Così anticiperemo la Casa della salute della Darsena, visto che non possiamo aspettare il 2026.

Ultima domanda: è stato individuato il nuovo direttore per l'ospedale di Ravenna?

Ad aprile ci sarà un concorso per l'incarico di direzione medica del presidio ospedaliero di Rimini. Useremo quella graduatoria per coprire il posto vacante, è la cosa più rapida.

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