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Cronaca

Resistenza e liberazione: la storia delle donne ravennati in un'app

La app è stata illustrata da due degli studenti che l’hanno realizzata agli alunni delle classi quarta B articolata, quinta G linguistico, seconda H linguistico, quinta B scienze umane

“La presenza delle donne nell’antifascismo e nella lotta di liberazione in Emilia-Romagna”. E' il nome dell'applicazione realizzata dagli studenti del liceo classico Dante Alighieri (quelli che l’anno scorso hanno frequentato la quinta BS del liceo economico sociale) su idea dell’Anpi regionale e con il contributo della Regione e presentata mercoledì mattina alla sala D’Attorre di Casa Melandri.

Erano presenti la maggior parte delle protagoniste - Adelina Grossi, Nella Triossi, Viera Geminiani (Minny), Dina Manaresi, Albertina Guerra - che hanno ricevuto una targa dell’Anpi (la targa di Ida Camanzi - Ilonka, nel frattempo deceduta, è stata consegnata a una rappresentante dell’Anpi di Massa Lombarda) così come è stato fatto omaggio di una targa alla dirigente del Classico Patrizia Ravagli.

La app è stata illustrata da due degli studenti che l’hanno realizzata agli alunni delle classi quarta B articolata, quinta G linguistico, seconda H linguistico, quinta B scienze umane. Sono intervenuti il sindaco Fabrizio Matteucci, il prefetto Francesco Russo, il presidente provinciale e regionale dell’Anpi Ivano Artioli, la dirigente del Classico Patrizia Ravagli, il professor Daniele Morelli, coordinatore del progetto.

"Si tratta - ha affermato Matteuccio - di un bel progetto dei ragazzi del Liceo Classico. Si tratta di un'app che ricostruisce l'esperienza delle donne partigiane nel territorio della nostra provincia anche attraverso una serie di video che riportano le testimonianze dirette di alcune donne partigiane. La memoria della Resistenza ha principalmente una sfida davanti a sé: come tramandare questa memoria ai giovani. Il progetto che illustriamo oggi raccoglie senz'altro questa sfida. I ragazzi hanno utilizzato un linguaggio a loro molto congeniale, quello tecnologico, per raccontare una parte importante della Resistenza".

"Le donne, è cosa nota, svolsero un ruolo fondamentale nella lotta partigiana - ha ricordato il primo cittadino -. La maggior parte di loro venne impiegata come staffetta. Le staffette sfidavano con coraggio i posti di blocco, facendo la spola fra i centri abitati e i distaccamenti partigiani, trasportando viveri, munizioni, messaggi. Ci furono donne che presero parte direttamente alla lotta armata, altre invece scelsero un ruolo solo in apparenza più defilato ma non per questo meno rischioso. Queste donne nascosero i partigiani, i renitenti alla leva, rifocillarono e curarono gli uomini rimasti feriti nelle azioni di guerra contribuendo a creare quella solida rete di collaborazioni e di sostegno solidale che si rivelò altrettanto strategica al pari della lotta armata".

"Molte staffette furono catturate e subirono violenze e torture. Molte donne furono uccise al termine di rastrellamenti e rappresaglie - Nel loro bel progetto  i ragazzi raccolgono le testimonianze di alcune donne che hanno svolto un ruolo di primo piano nella lotta partigiana nel territorio ravennate. Adelina Grossi ha assistito alla terribile tragedia delle famiglie Baffè e Folletti di Massa Lombarda: 13 persone torturate, massacrate e bruciate con la loro casa colonica e altri 10 partigiani fucilati perché loro amici. Nella Triossi, giovanissima staffetta di San Pietro in Trento, sfidava i tedeschi con la sua bicicletta e la sua esuberanza di adolescente. I tedeschi le rubarono infine la bicicletta ma lei si salvò piangendo per l’umiliazione. Viera Geminiani (Minny), nata nel 1926, aiutò molti a sottrarsi alla leva della Repubblica di Salò rischiando la vita. Portava armi e viveri ai partigiani nascosti nei campi, nei rifugi scavati sotto terra. Quella di Annunziata Verità è una delle testimonianze più angoscianti. Venne fucilata dai fascisti di Faenza. Non morì. Ricevette il colpo di grazia ma non morì. Scappò da sotto la catasta di morti e raggiunse la formazione partigiana di Corbari in montagna".

"Dina Manaresi - ha proseguito Matteucci - portava viveri, acqua, vino, cibo ai partigiani nascosti. Trasportava in bicicletta messaggi e ordini fra i comandi partigiani di Voltana, Conselice, Alfonsine. Albertina Guerra, molto affezionata al padre partigiano antifascista, ne condivise gli ideali svolgendo un ruolo di staffetta e di promozione poi dei diritti delle donne. Ida Camanzi (Ilonka), staffetta militare, operò in tutta la Romagna. Nella sua casa colonica a Villanova di Bagnacavallo, nel ’43 – 44 si era installato il comando tedesco al piano superiore ed il comando partigiano clandestino al piano di sotto. Si è battuta a fianco di Bulow all’isola degli Spinaroni assieme a pochissime altre donne coraggiose".

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