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Cronaca

'Return to play', post-Covid da incubo per gli atleti agonisti bloccati: il sindaco scrive al Ministro Speranza

Le famiglie dei ragazzi che svolgono attività sportiva agonistica e in questi ultimi mesi hanno contratto il Covid stanno diventando matti per trovare un posto libero in ambulatorio per fare il certificato

C'è un problema che sta assillando il mondo sportivo giovanile: il suo nome è "return to play", letteralmente ritorno al gioco, in concreto un certificato medico da effettuare dopo la guarigione da Covid. Le famiglie di ragazzi e ragazze che svolgono attività sportiva agonistica e in questi ultimi mesi hanno contratto il Covid, infatti, stanno diventando matti per trovare un posto libero in ambulatorio per fare il certificato e presentarlo alle società sportive per rientrare in palestra e allenarsi. Gli ambulatori (sia pubblici che privati) che effettuano questo tipo di certificati, infatti, sono sommersi da richieste e i primi appuntamenti utili sono prenotabili verso la fine di marzo.

Il rischio è che gli sportivi non solo non riescano a rientrare a fare attività agonistica, ma nemmeno allenarsi in palestra e stiano per due mesi lontani dalle loro squadre. Un "blocco" dell'attività sportiva così lungo e giustificato solo da un inghippo burocratico può avere anche un effetto scoraggiante e demotivante in un giovane sportivo, senza considerare il fatto che le stesse società stanno facendo i salti mortali per far fronte ai campionati, non sospesi, pur avendo in alcuni casi un numero ridotto di atleti a disposizione.
Una soluzione? Attualmente non s'intravede. Tra i genitori stanno girando anche numeri e indirizzi di ambulatori medici che sembrano più liberi (si parla comunque di attese di due o tre settimane), ma spesso bisogna spostarsi anche di 40 chilometri per fare una visita.  

Su questo problema il sindaco di Ravenna Michele de Pascale, in veste di presidente Upi (Unione province d'Italia), ha inviato una lettera al ministro della salute Roberto Speranza e alla sottosegretaria Valentina Vezzali. "Comprensibilmente le medicine sportive al momento non riescono a garantire in tempi adeguati le visite d’idoneità aggiuntive rispetto a quelle annuali previste dal protocollo per la ripresa dell’attività sportiva agonistica dopo infezione da Covid-19 - si legge nella missiva - Questo purtroppo comporta che gli atleti rimangono fermi, lontani dagli allenamenti per periodi molto lunghi, mettendone in difficoltà la carriera sportiva e comunque il ritorno alla socialità. Vi chiedo di valutare la possibilità di un confronto e un approfondimento nelle sedi preposte insieme ai Dipartimenti di Sanità pubblica delle Regioni - che possiedono e conoscono dati aggregati rispetto ai casi Covid dei territori e gli esiti delle visite di controllo finora effettuate - per capire se ci sono le condizioni per sospendere tale ulteriore accertamento rinviandolo alla ordinaria visita annuale, o almeno per prevederne la prescrizione solo in alcuni casi specifici, come ad esempio per chi ha subito un ricovero. Oppure, per contro, di valutare l’esonero di alcune categorie, come ad esempio coloro che hanno contratto il Covid in maniera totalmente asintomatica".

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