Sicurezza stradale, Spadoni: "Serve al più presto una mappatura dei rischi"
Secondo il consigliere provinciale "occorre ripartire, insomma, dall’individuazione dei punti neri e delle zone di forte criticità".
Il Piano della sicurezza stradale va aggiornato. A chiederlo è il consigliere provinciale Gianfranco Spadoni, che evidenzia come “buona parte della rete stradale del territorio ravennate sia inadeguata come tipologia e caratteristiche geometriche, ma soprattutto sul versante della pericolosità. I frequenti incidenti dovrebbero spingere le amministrazioni pubbliche a compiere sforzi maggiori per porre in sicurezza l’ intero territorio, assicurando una costante vigilanza per il corretto rispetto del Codice della strada, senza puntare in forma quasi esclusiva sugli autovelox”.
In linea generale, secondo Spadoni, andrebbe perfezionato e aggiornato il Piano della sicurezza stradale, partendo da un monitoraggio attento per superare le annose criticità. “Si tratta in altri termini di aggiornare e dare maggiore vigore al Centro di pianificazione, programmazione, monitoraggio e gestione della sicurezza in capo al Comune di concerto con l’Osservatorio provinciale per la sicurezza stradale di competenza della Provincia, per affrontare e gestire la questione in oggetto dai risvolti molto pericolosi. E’ vero che la Finanziaria dal 2014 ha tagliato oltre due miliardi di trasferimento e questo ha prodotto una seria contrazione della capacità di spesa da parte degli enti locali, ma va sottolineato anche la necessità di inserire la sicurezza stradale fra le priorità indifferibili.
Solo per prendere come esempio Ravenna, le arterie di forte scorrimento aggravate dal fatto che attraversano centri abitati come nel caso di Ponte Nuovo, Fornace Zarattini, o quartieri popolosi come quelli a ridosso di viale Alberti, viale Berlinguer, Randi, canale Molinetto, Cilla e altri andrebbero rimodulate e dotate di sistemi per disciplinare e gestire meglio il traffico adeguando, al contempo, le infrastrutture stradali e le intersezioni. Occorre ripartire, insomma, dall’individuazione dei punti neri e delle zone di forte criticità per elaborare un programma che parta dai maggiori fattori di rischio e dai dati dell’incidentalità, attraverso un progetto di largo respiro e non limitato a interventi sporadici dettati spesso dall’emergenza”.