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Cronaca Lugo

Studenti "a scuola di legalità" dal fratello di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia

Giovanni ha spiegano ai ragazzi che suo fratello iniziò a combattere la mafia a 15 anni, quando andò a vedere il luogo in cui era morto lo zio e disse: “Se la mafia è questa, io la combatterò per tutta la vita”

Giovanni Impastato, fratello di Peppino ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978, ha tenuto “lezioni di legalità” mercoledì agli alunni delle classi terze della scuola secondaria di primo grado “Francesco Baracca” di Lugo, per iniziare un percorso sull’argomento attraverso la testimonianza di chi ha vissuto in una famiglia mafiosa e ha avuto il coraggio di “cambiare rotta”. La storia di Peppino, giovane siciliano di provincia che si è scontrato con i familiari e ha denunciato mafiosi e collusi con la mafia attraverso strumenti differenti per informare i cittadini di Cinisi, emoziona e incuriosisce molto le giovani generazioni; le curiosità sono diventate domande nel corso della lezione di Giovanni, e hanno avuto delle risposte certe e molto significative.

Giovanni ha voluto sottolineare ai ragazzi che Peppino ha iniziato a combattere la mafia a soli 15 anni, dopo la morte dello zio Cesare Manzella capomafia di Cinisi; quando insieme a un gruppo di amici andò a vedere il luogo in cui era morto lo zio e colpito dallo scempio che aveva creato il tritolo nella natura circostante disse: “Se la mafia è questa, io la combatterò per tutta la vita”. Ha mantenuto la promessa, l’ha combattuta fino alla sua morte avvenuta quindici anni dopo, a soli 30 anni. Tanta attenzione oggi è stata riservata anche alla figura della madre, la signora Felicia, che ha lottato fino alla morte per ottenere giustizia e non vendetta per la morte del figlio. Una donna che ha avuto la forza di superare il dolore personale della madre e fin dall’inizio ha aperto le porte di casa sua, a tutti coloro che volevano sapere con maggiore interesse la storia del figlio, perché solo così poteva rendergli giustizia: “Io devo difendere mio figlio... non era un terrorista. Lottava per cose giuste e precise”.

“La mafia si combatte con la cultura della legalità, e per diffondere questa cultura è necessario puntare sulle nuove generazioni - ha affermato l’assessore comunale alla Scuola Fabrizio Lolli - . Purtroppo viviamo in un contesto in cui il pensiero critico trova sempre meno spazio: per questo, l’incontro con un testimone diretto è lo stimolo più grande e prezioso che possiamo dare ai nostri ragazzi, per fare in modo che capiscano appieno il valore della legalità e, quindi, della libertà”.

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