"Dopo che ho provato a uccidermi, in ospedale mi hanno lasciato solo in una stanza piena di bisturi": la denuncia di un ex Carabiniere
L'ex Carabiniere ha deciso di metterci la faccia e di rendere pubblica la sua situazione per denunciare una situazione grave e cercare di evitare che possa ripetersi in futuro
Ha deciso di metterci la faccia per denunciare una situazione grave e cercare di evitare che possa ripetersi. Lui è Giuseppe Caramuscio, 57enne residente a Ravenna, ex Carabiniere in pensione. Il 4 maggio del 2009 la vita di Giuseppe è cambiata per sempre, quando l'uomo è rimasto vittima di un grave incidente in moto sulla Romea in seguito al quale, dopo 9 mesi di ricovero in ospedale e 13 operazioni, ha riportato l'amputazione della gamba destra.
Giuseppe, però, non si è perso d'animo e, uscito dall'ospedale, ha ricominciato a vivere come prima, anzi, più di prima. "Avevo tanta voglia di vivere, viaggiavo, andavo ai concerti, facevo il sommelier, mi divertivo tanto - racconta il 57enne - Il mondo mi è crollato addosso davvero molto tempo dopo, con l'arrivo del Covid e l'inizio del lockdown. Mi sono ritrovato da solo in casa, stavo sempre sulla sedia a rotelle e la solitudine mi ha distrutto psicologicamente. Mi hanno diagnosticato un disturbo post traumatico e, anche una volta finiti i lockdown, per me ripartire è stato difficilissimo. Ho iniziato a soffrire di attacchi di panico e ansia, non stavo più bene psicologicamente, tanto che da marzo a inizio giugno sono stato per tre mesi nel letto, al buio, senza mangiare nè sentire nessuno. Sono entrato in una depressione terribile".
Giuseppe in divisa da Carabiniere
La vita diventa troppo difficile per Giuseppe che, a giugno, tenta il gesto estremo mentre si trova nel suo appartamento. "Per fortuna un mio vicino di casa, che sapeva che avevo dei problemi, vedendo che non rispondevo a un messaggio è venuto a controllare e mi ha trovato incosciente. Ha chiamato la Polizia e l'ambulanza e sono stato portato in ospedale. I medici e gli infermieri erano tutti molto carini, mi hanno rilasciato un referto con scritto 'Tentativo di suicidio e rischio di autolesionismo'. Mi hanno portato in uno stanzino, mi hanno dato delle gocce e sono caduto in un sonno profondo fino alle 18.30. Quando mi sono svegliato ero solo nella stanza con la porta chiusa. Ho iniziato a guardarmi attorno: ero circondato da scaffali pieni di bisturi, forbici, fialette per la flebo con delle lamelle di un materiale metallico, ma c'erano anche dei fili elettrici. Insomma, ero una persona che aveva appena tentato il suicidio lasciato solo in una stanza piena di oggetti contundenti".
Giuseppe si è subito reso conto di essere in una situazione pericolosa: "Ero sulla barella e non potevo muovermi, ho provato a chiamare per chiedere almeno un pappagallo visto che dovevo andare in bagno, ma non arrivava nessuno, così mi sono fatto i bisogni addosso. A un certo punto si è affacciata un'infermiera e mi ha detto "Ma lei è ancora qua?". Non ce l'ho più fatta: sono andato su tutte le furie, ho distrutto la barella e ho ingoiato tutte le pastiglie di litio che avevo portato da casa (medicinale che assumo sotto prescrizione medica). Hanno dovuto farmi una lavanda gastrica e poi, una volta ripreso, mi hanno ricoverato in psichiatria dove sono rimasto per circa un mese. In quel reparto mi sono trovato benissimo, ci sono persone davvero fantastiche tra medici, oss e infermieri".
Il 57enne ha deciso di rendere pubblica la situazione in cui si è ritrovato per evitare che possa ripetersi in futuro: "Non è possibile mettere una persona che ha appena tentato il suicidio in una stanza piena di oggetti pericolosi. Una persona così va sorvegliata 24 ore su 24, non può essere lasciata sola. Mi sono sentito umiliato e abbandonato. Ora per fortuna sto molto meglio, ma poteva andare decisamente peggio".