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Cronaca

Una ravennate dedica una dolce poesia alle valli: "I nostri capanni possiedono un'anima"

Il presidente di AssoRaRo, associazione di idee per Ravenna e la Romagna, Paolo Guerra ha ricevuto in una lettera una poesia dedicata alle valli e ai capanni ravennati, grande patrimonio della nostra città

Il presidente di AssoRaRo, associazione di idee per Ravenna e la Romagna, Paolo Guerra ha ricevuto in una lettera una poesia dedicata alle valli e ai capanni ravennati, grande patrimonio della nostra città. "Oltre a mostrare un'innata sensibilità sul tema - spiega Guerra - la poesia di Daniela Donati rappresenta perfettamente il grande significato che hanno questi luoghi per buona parte dei romagnoli. E' un componimento talmente bello che, dietro sua autorizzazione, ho pensato di condividerlo con tutti coloro che ancora oggi, non senza fatica, continuano a lavorare per mantenere viva e fruibile questa tradizione e questo pezzo di storia del nostro territorio".

La poesia

A Ravenna lungo i fiumi, sorgono in fila sui loro argini i capanni da pesca, in un tripudio di reti, pali, tiranti e corde. Ognuno ha caratteristiche diverse dall’altro, per forma e colore, rispecchiando la personalità di chi per anni vi ha speso ore di fatica, sempre con tanto entusiasmo. Un paesaggio incredibilmente straordinario e di rara bellezza che oltre ai capanni, ha quale protagonista unica e sovrana, la natura.
E’ un lento sciabordio di acque, un luccichio di reti dondolanti, un gioco incredibile di carrucole e funi, fra canne cullate dal vento, nel profumo dell’aria salmastra e negli odori selvatici della pineta limitrofa. Quanti ricordi nei racconti tramandati da nonni, a padri, a figli, hanno per tema i capanni!
I ravennati li hanno conservati e custoditi gelosamente perché sono da sempre parte integrante del territorio radicati da oltre cent’anni nella loro tradizione storica e culturale: sono luoghi di incontro per le famiglie, dove ritrovarsi in compagnia degli amici, per grandi abbuffate, interminabili partite a carte, canzoni e canti in sana allegria, sempre a contatto con la natura.
Frequentandoli si avverte e si tocca con mano lo scorrere delle stagioni, con il paesaggio che si trasforma al loro alternarsi. Nessuno ne resta insensibile, ognuno rivive emozioni a lungo assopite e la mente si perde in pensieri liberi, ebbri di pace e di serenità che soltanto qui, lontano dal trambusto frenetico della città, si possono ritrovare. Si riscoprono i ritmi dolci e rallentati di un tempo lontano, al quale non siamo più abituati, in quella semplicità essenziale dei gesti, nell’antico rituale dello “zerlinare” e se nella rete appena alzata guizza qualche pesce, esplodono momenti di spontanea esultanza.
Ad ogni ora del giorno il capanno sembra mutare il suo aspetto: nell’incerto chiarore dell’alba, nella piena luminosità del mezzogiorno e nelle ombre della sera che si allungano al tramonto, in compagnia del sole calante all’orizzonte dietro lo scuro profilo della pineta, mirabilmente ancora lì da secoli. Allora pure il capanno sembra pigramente addormentarsi e così, con un pizzico di malinconia che mi riempie il cuore, di controvoglia e mestamente mi accingo al rientro in città. Esito, mi dilungo ancora, non vorrei proprio andarmene: questa è davvero “l’ora del desio”, ineguagliabile e superbamente cantata dal Sommo Poeta.
Nella quiete silenziosa della sera si rincorrono nell’animo intense emozioni, nel cuore scende leggera una pace infinita e come per una folgorazione improvvisa, ho la certezza che pure i nostri capanni, posseggono un’ anima.

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