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Cronaca

"Uniamo il valore della fraternità universale con la solidarietà verso i più poveri"

Le doverose limitazioni alla mobilità disposte dal governo nazionale, con l’obiettivo di contenere il più possibile la diffusione del Covid, non hanno certo smorzato il desiderio dei ravennati di celebrare la nascita del Salvatore

"In questo Natale prendiamoci un impegno: uniamo il valore della fraternità universale con la solidarietà verso i più poveri di noi. Facciamo attenzione, per esempio, alla salute degli altri. E, più in generale, apriamo il cuore a prenderci cura della vita di coloro che incontriamo o con cui viviamo, soprattutto se sono deboli e fragili, più deboli e più fragili di noi. Proviamo ad alzare il livello di umanità, di attenzione, di rispetto, di delicatezza verso gli altri, nelle nostre comunità, nei nostri paesi, nella nostra intera società, per costruire insieme una vera civiltà dell’amore, come l’ha chiamata san Paolo VI, una civiltà che renda la Città dell’uomo sempre più simile alla Città di Dio". Queste le parole del vescovo di Ravenna, Lorenzo Ghizzoni, pronunciate nell'omelia della notte di Natale.

Anche la Diocesi sta facendo i conti con il primo “Natale in rosso” della storia. Le doverose limitazioni alla mobilità disposte dal governo nazionale, con l’obiettivo di contenere il più possibile la diffusione del Covid, non hanno certo smorzato il desiderio dei ravennati di celebrare la nascita del Salvatore. Partendo dal presupposto normativo che la partecipazione ai riti religiosi è una delle necessità autodichiarabili nel modulo imposto nei giorni di lockdown (prefestivi e festivi) dal cosiddetto “Decreto legge di Natale” (18 dicembre 2020), ne consegue che “si potrà uscire di casa per andare a Messa”. Non a caso, le parrocchie e lo stesso vescovo si sono organizzati per tempo, al fine di consentire ai fedeli la partecipazione ai riti del periodo natalizio, a cominciare da quello della Vigilia, anticipato causa coprifuoco.

Ghizzoni ha ricordato l'importanza dei presepi, "il messaggio del Natale, rappresentato in molti modi. Un messaggio forte che ci riempie di speranza, nonostante tutto.  Noi mettiamo nel presepio di solito non solo i personaggi e le scene descritte nei vangeli di Matteo e di Luca, come la famiglia di Gesù, i pastori, gli angeli, i magi che vengono a adorare il Salvatore, ma anche scene della nostra vita quotidiana: spesso sono i mestieri e gli ambienti di qualche decennio fa, o dei secoli scorsi. Alcuni fanno dei presepi più attualizzanti con i mestieri o i personaggi di oggi, per esempio quest’anno con i medici o gli infermieri, che sono in prima linea per combattere l’epidemia che ci ha colpiti.  L’intuizione è giusta: Dio si è fatto uno di noi, è con tutti noi, è presente non solo a Nazaret o a Gerusalemme duemila anni fa, ma anche oggi, dopo la sua risurrezione, con il suo Spirito in ogni situazione umana dove l’uomo si apre ad un gesto di pace, di giustizia, di solidarietà coi bisognosi, dove un uomo o una famiglia prega, dove una comunità celebra l’Eucaristia o è impegnata nella carità, nella trasformazione della società, per favorire il progresso dei popoli più svantaggiati, dove si cerca l’armonia e la concordia e si lotta contro la divisione e l’odio".

"Dove ci sono le tenebre provocate dalla debolezza e dalla cattiveria umana, se qualcuno cerca la luce e vuole far crescere la vita, lì lo Spirito del Signore Gesù viene e fa trionfare la sua Luce e la sua Vita - ha proseguito -. Se ci crediamo e ci lasciamo coinvolgere scopriremo che davvero Lui può fare cose grandi attraverso l’umiltà dei nostri piccoli gesti di amore, di servizio, di fraternità concreta. Soprattutto là dove imiteremo Gesù che a Betlemme è nato povero e ha voluto farsi piccolo, per far sentire importanti i poveri e i piccoli e farci capire che così dovevamo comportarci anche noi. Si è fatto nostro fratello universale (come diceva il beato Charles De Foucault) e ha messo la sua vita nelle nostre mani. Lui si è affidato a noi perché imparassimo a non avere paura di Dio! Ci ha dato tutto sé stesso per rivelarci che il nostro Dio è ricco di misericordia e di tenerezza, ci ha messo al mondo perché ci ama e, vista la nostra condizione, ora ci vuole salvare da tutti i mali, soprattutto dal peccato e dalla morte. Vuole che ritorniamo ad essere suoi amici, che sperimentiamo la sua paternità materna e ci lasciamo riconciliare anche tra noi, ritornando a trattarci da fratelli. Fratelli e sorelle con tutti, senza preferenze e senza scartare nessuno, poveri e ricchi, piccoli e grandi, cittadini o stranieri, amici o nemici, come ci ha ricordato Papa Francesco".

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