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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Crisi, l'analisi della Cgil: "Il ridimensionamento è drammatico"

Gli oltre 83mila iscritti alla Cgil saranno chiamati a esprimersi sul progetto di introdurre, a distanza di oltre 40 anni dal primo statuto, una Carta dei diritti universali del lavoro, voluta dalla Cgil

La campagna per il nuovo statuto dei lavoratori prende il via anche nel Ravennate. Iniziative, incontri e centinaia di assemblee nei luoghi di lavoro (che interesseranno tutte le categorie e i pensionati) scandiranno l'agenda della Cgil nelle prossime settimane in tutta la provincia. 
Gli oltre 83mila iscritti alla Cgil saranno chiamati a esprimersi sul progetto di introdurre, a distanza di oltre 40 anni dal primo statuto, una Carta dei diritti universali del lavoro, voluta dalla Cgil e alla cui redazione hanno lavorato alcuni tra i più importanti giuristi italiani. La nuova carta non abolisce ma integra la Legge 300 del 1970 (l'attuale statuto dei lavoratori) e ne è un'ideale prosecuzione. Dopo la consultazione con gli iscritti, l'affermazione di un nuovo statuto intende realizzarsi attraverso la proposta di una legge di iniziativa popolare e la definizione di eventuali quesiti referendari. 

“Si tratta di strumenti legislativi che necessitano di un grande coinvolgimento dei cittadini - commenta il segretario generale della Cgil Ravenna, Costantino Ricci - e che ci richiederanno un'intensa relazione con le persone, prima per ottenere la condivisione alla proposta e in seguito le firme necessarie a sostegno”. Per la Cgil è iniziata una nuova stagione. “Con l'aiuto e il sostegno dei lavoratori e delle lavoratrici - dice Ricci - vogliamo introdurre un testo che ha l’ambizione di realizzare l’universalità dei diritti nel lavoro, in capo alle persone, che prescinde dalle dimensioni aziendali e dalle tipologie contrattuali. Vogliamo costruire una proposta organica che si faccia carico della riscrittura del diritto del lavoro per invertire, con una proposta organica, la legislazione del lavoro intervenuta negli ultimi 20 anni".

La nuova carta si pone tre obiettivi: "ricostruire un nucleo di diritti fondamentali e universali che valgono per tutti i lavoratori e le lavoratrici, a prescindere dal rapporto di lavoro e dalla consistenza numerica dell’azienda; dare attuazione ed efficacia erga omnes alla contrattazione collettiva e aumentare le forme di coinvolgimento e partecipazione dei lavoratori; riscrittura del codice dei contratti ponendo risposte al tema della precarietà, al dumping contrattuale, ricostruendo una vera e propria  tutela giudiziaria attraverso una nuova disciplina dei licenziamenti e dei procedimenti relativi al contenzioso lavoro". La Cgil provinciale metterà in campo sul territorio una grande e capillare consultazione tra gli iscritti per poi aprire confronti a 360 gradi nella società, tra le comunità locali, tra le persone. “E' nostra intenzione confrontarci con  associazioni, comitati e con tutta la società civile - dice Ricci -. Vogliamo coinvolgere operatori del diritto, le altre organizzazioni sindacali, le associazioni datoriali, l’associazionismo, le istituzioni, la politica, il mondo della cultura, le personalità singole”.

La situazione economica e occupazionale in provincia di Ravenna - La campagna per un nuovo statuto dei lavoratori giunge in un momento molto delicato per il mondo del lavoro sia a livello nazionale che locale. La provincia di Ravenna dal 2008 ad oggi ha subito gli effetti di molteplici periodi di crisi. “Non c’è stata un’unica fase di recessione - commenta Costantino Ricci -, ne abbiamo conosciute diverse che hanno portato a una strutturale riduzione degli occupati e a un innalzamento dei tassi di disoccupazione. Oggi la nostra economia sta vivendo un periodo di assestamento che giunge dopo anni altalenanti, nel corso dei quali le fasi di recessione hanno determinato la chiusura di aziende e la perdita di posti di lavoro. Sarà possibile riprendersi, dalle pesanti ripercussioni della crisi, solo se l’economia ravennate saprà realizzare innovazioni di prodotto e di processo, conquistandosi così spazi anche in nuovi mercati. Gli effetti del prolungato periodo di difficoltà sono severi sia in termini di occupati che per numero di imprese. Molte realtà produttive sono scomparse. Rispetto ai numeri che l’economia ravennate poteva vantare nel 2007 abbiamo purtroppo fatto un notevole balzo all’indietro”.
Il ricorso agli ammortizzatori sociali si è attestato, da circa un anno, su una media che oscilla tra le 2.000 e le 2.500 unità. “Ora il pericolo - dice Ricci - è che gran parte dei lavoratori interessati dalla cassa integrazione possano diventare esuberi. In questo contesto ci sono fenomeni che preoccupano. Nel comparto della chimica e dell’energia stiamo assistendo a un pericoloso disimpegno da parte di Eni. La vertenza di Versalis è emblematica; non si è ancora capito chi saranno gli acquirenti e quali conseguenze ci saranno sulle migliaia di lavoratori che dipendono,  in maniera diretta o per l’indotto, dal settore chimico. A queste difficoltà si aggiungono le forti preoccupazioni del comparto Oil and gas e del settore off shore”. 

Le prospettive al ribasso per questi comparti stanno già producendo conseguenze negative. Ci sono imprese del settore che abbandonano o hanno intenzione di abbandonare Ravenna, altre che fanno ricorso agli ammortizzatori sociali. “Stiamo assistendo - commenta il segretario generale - a una riduzione degli investimenti e in alcuni casi ci sono giunte notizie di sospensione di importanti commissioni che erano in corso. Il futuro si prospetta, quindi, come molto incerto”. Sul porto continuano a esserci forti preoccupazioni che la Cgil ha più volte sottolineato pubblicamente negli ultimi mesi chiedendo anche la costituzione di un tavolo di confronto per superare le attuali difficoltà. “I buoni risultati nel 2015 dello scalo marittimo - dice Ricci - alimentano la frustrazione per la mancata attuazione di interventi infrastrutturali che sono cruciali per la prosperità del porto e dell’economia a esso collegata. Come già sottolineato in più occasioni confidiamo nel fatto che, a breve, possano essere realizzati gli approfondimenti dei fondali senza i quali Ravenna rischia di doversi accontentare di un ruolo di secondo piano nei grandi traffici internazionali”.  

ANALISI CONGIUNTURALE

"La lettura dei dati di carattere occupazionale riferiti al periodo 2008-2015 ci consente di sviluppare alcuni ragionamenti in merito alla presunta “uscita dalla crisi” e alcune previsioni sui possibili sviluppi futuri - afferma Ricci -. Il 2008 rappresenta l'anno in cui la crisi ha ufficialmente inizio. Le 561.087 ore di cassa integrazione autorizzate dall'Inps in provincia di Ravenna in quell'anno non si discostano molto dalle 487.916 del 2007 (rappresentando comunque un +15%), ma l'esplosione delle richieste del secondo semestre fa presagire il peggio. Da un riferimento storico di 600/800 persone mediamente sotto ammortizzatore in provincia, si passa alle 1.333 rilevate dall'ufficio studi nella prima rilevazione sistematica effettuata a novembre 2008. Da quel punto in avanti la situazione precipita, con medie spesso superiori alle 6.000 unità giornaliere in cassa integrazione e picchi anche oltre le 7.500".

"Sempre nel 2008 si contano 18.753 persone in stato di disoccupazione, a fronte di 99.102 occupati dipendenti nei settori privati extragricoli - chiosa -. Due anni dopo, nel pieno della crisi, con 6.526 lavoratori mediamente in cassa integrazione ogni giorno e 6.604.956 ore autorizzate, le persone in stato di disoccupazione salgono a 25.315 e gli occupati scendono a 96.640. Al termine del 2015 siamo di fronte ad una situazione che assume molti caratteri strutturali: gli occupati si stabilizzano attorno alle 97.500 unità (97.430 a settembre 2015 contro 97.649 di settembre 2014) e i lavoratori in cassa integrazione dopo l'ultimo picco di 4.633 rilevati a maggio 2014, si stanno via via stabilizzando attorno ad una cifra che oscilla attorno alle 2000/2500 unità. L'ultima rilevazione, effettuata il 30 gennaio 2016 conferma questa tendenza, rilevando 2.616 dipendenti esposti ad ammortizzatori sociali. Nonostante gli incentivi alle assunzioni contenuti nella legge di stabilità entrata in vigore a gennaio 2015 e le norme contenute nel Jobs Act entrate in vigore a marzo, l'occupazione non è aumentata, anzi in tutti i raffronti mese su mese tra il 2014 ed il 2015 emerge una contrazione costante (nonostante l'esplosione dei voucher che “drogano” le statistiche sul numero di occupati)".

Meno imprese e meno posti di lavoro - "Nel periodo che va dal I trimestre del 2008 al III trimestre del 2015 (ultimo trimestre per cui sono disponibili i dati diffusi dalla Camera di Commercio di Ravenna) le imprese attive registrate in provincia di Ravenna sono passate da 38.219 a 35.789 (-6,4%) - prosegue Ricci -. Un trend costante di riduzione che, anche nel lieve miglioramento che si registra nella fase centrale del 2015, ricalca quello degli anni precedenti. Il confronto con il corrispondente trimestre del 2014 fa rilevare infatti una ulteriore flessione pari al 1,5%. I settori maggiormente interessati sono il manifatturiero (-24,6% nel periodo e -2,1% nel confronto 2014/2015), e i trasporti (rispettivamente -25,3% e -3,2%). Un discorso a parte meritano le imprese agricole, il cui calo numerico, pur considerevole (-20,8%) può essere almeno in parte controbilanciato da un aumento della dimensione aziendale media, fenomeno in crescita da qualche anno a questa parte. Altro settore su cui occorre fare un inciso è quello dell'edilizia. Sebbene il numero di imprese attive registrate in provincia abbia avuto un calo piuttosto contenuto (-3,8%) risulta molto più adeguata al contesto reale una lettura dei dati forniti dalla Cassa Edile di Ravenna che registra le aziende ed i dipendenti che operano sul territorio, indipendentemente dalla collocazione della sede legale. Come si può notare il ridimensionamento è drammatico, sia sul versante delle imprese operanti sul nostro territorio (-55,1%), sia su quello degli operai occupati (-55,6%)".

"Questo dato, che pare oramai strutturale per il settore, va ad incidere pesantemente anche negli altri comparti che ad esso fanno riferimento, dal metalmeccanico alla ceramica. Il settore ceramico, in particolar modo, sta riemergendo dalla crisi attraverso profonde ristrutturazioni sia di processo che di prodotto che hanno avuto pesanti ripercussioni dal punto di vista occupazionale, con 322 posti di lavoro persi fino ad ora (-23,7%) ed altri esuberi già dichiarati dalle aziende - prosegue Ricci -. Un fronte caldo di questi giorni è sicuramente rappresentato dal comparto dell'Off-Shore e dell'Oil&Gas, settore trasversale per eccellenza, che impegna, accanto ad Eni, oltre 500 imprese, suddivise tra diretto ed indotto. Una filiera che, a partire da Eni e dalle principali aziende contractors, multinazionali dell'energia con dotazioni tecnologiche, professionali e di know-how all'avanguardia nel settore, si allarga a  svariati campi, dalla cantieristica, alla metalmeccanica, ai trasporti, ai servizi, costituendo un bacino occupazionale di oltre 7.000 lavoratori (dati 2014). Nel periodo 2009-2013 sono stati investiti da Eni nel distretto ravennate oltre 2 miliardi e 250 milioni di euro, in media più di 450 milioni annui".

"Volumi di investimento - aggiunge Ricci - che purtroppo sono in fortissimo dubbio per il futuro, sia a causa delle tensioni geopolitiche mondiali sul prezzo del greggio, che per le politiche economiche di Eni stessa (basti pensare al disimpegno nel campo della chimica attraverso la cessione di Versalis). Il drastico taglio degli investimenti operati dal vertice della filiera (che hanno di fatto bloccato anche commesse già in essere) rischiano di allontanare definitivamente da Ravenna le multinazionali del settore (che hanno già attivato ammortizzatori sociali e strategie di disimpegno) e di portare al collasso il resto delle imprese dell'indotto. Il 2015 si è rivelato un anno positivo per il porto di Ravenna, forse anche al di là delle previsioni e delle aspettative. Un risultato che però, alla luce della situazione che sta vivendo lo scalo ravennate, non può considerarsi come strutturale".

"Se da una parte è sempre più pressante la necessità effettuare gli escavi al fine di approfondire il fondale e mettere in cantiere i lavori di adeguamento delle banchine, per tenere il passo per quanto possibile con l'evoluzione tecnologica e progettistica delle navi di ultima generazione, dall'altra anche l'attività di normale manutenzione e dragaggio non può più essere rimandata - continua Ricci -. Non è ragionevole pensare di mantenere questi livelli di attrattività se a causa del fondale non adeguato spesso le navi sono costrette a effettuare parte dello scarico in altri porti (Venezia) o ad attendere in rada l'alta marea. Tutti gli interventi necessari a ovviare a queste lacune e a potenziare le infrastrutture del porto consentirebbero non solo di creare l'occupazione direttamente coinvolta nei lavori, ma anche di potenziare gli organici delle imprese portuali e periportuali e di favorire l'espansione dell'indotto che un maggior volume di traffici ovviamente comporta".

Oltre 26 milioni di voucher venduti: la nuova drammatica frontiera della precarietà estrema - "Dal 2008 ad oggi (I semestre 2015) in Emilia Romagna sono stati venduti 26.292.197 voucher - continua Ricci -. I dati dimostrano quanto i costanti interventi legislativi in materia, quasi tutti in funzione de-regolatoria e di liberalizzazione di questo istituto, ne abbiano favorito una diffusione che è andata ben oltre le intenzioni (dichiarate) del legislatore. Basti pensare alla Legge 98 del 2013 (conversione del cosiddetto “Decreto del Fare”) che sopprime la dicitura precedente “di natura meramente occasionale”, aprendo di fatto alla attuale possibilità di utilizzo indiscriminato con il solo paletto del limite massimo economico, o al D.Lgs. 81 del 2015 che interviene «nell'ottica di consentire il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative in tutti i settori produttivi». A tal proposito è indicativo il fatto che stando agli ultimi dati diffusi dall'Inps relativi al primo semestre del 2015, il 42,4% dei voucher venduti ricadano nella categoria “altre attività”, ovvero la categoria che include tutte le attività non predeterminate (e previste) in fase di stesura del testo dal legislatore. Allo stesso tempo crescono molto le quote relative a commercio, servizi e turismo, mentre l'agricoltura, settore al quale il lavoro “accessorio ed occasionale” faceva inizialmente riferimento, scende addirittura sotto al 2%".

Elaborazione Ufficio Studi e Ricerche CGIL Ravenna su dati INPS - "Nel 2014 i lavoratori retribuiti tramite voucher in Emilia Romagna sono stati 119.007, pari ad una media di 25.344 lavoratori/anno (che vengono a nostro parere in maniera impropria conteggiati nelle statistiche sui lavoratori dipendenti) ed hanno riscosso in totale 8.155.185 buoni, per un controvalore di oltre 80 milioni di euro al di fuori di ogni tutela contrattuale - conclude -. Ogni lavoratore, quindi, mediamente nel 2014 ha percepito 514 euro netti (685 lordi). Questi voucher, inizialmente distribuiti esclusivamente dall'Inps (direttamente o in via telematica), dal 2010 in poi sono stati resi disponibili anche attraverso le tabaccherie, che rapidamente sono diventate il principale canale di vendita (nel I semestre del 2015 detengono oltre il 57% delle vendite). Nel giro di 20 anni si è passati dal monopolio pubblico del collocamento (l'inizio della fine è da più parti individuata nel Patto per il Lavoro del 1996 che introduceva il lavoro interinale) a un mercato del lavoro commercializzato alla stregua di sigarette e gratta e vinci".

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