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Economia

Gli agricoltori di Coldiretti al Brennero per smascherare il finto 'Made in Italy'

Nel frattempo continua e si allarga dal nord al sud e da latte e carne all’ortofrutta la mobilitazione degli agricoltori della Coldiretti alla frontiera, in migliaia impegnati nella verifica dei contenuti dei camion

Gli agricoltori e allevatori dell’Emilia Romagna e del Ravennate hanno fatto sentire la propria voce prendendo parte lunedì e martedì, insieme alle migliaia di imprenditori agricoli della Coldiretti provenienti da tutte le regioni, al presidio ‘blocca schifezze’ messo in atto al valico del Brennero. L’obiettivo del blitz che ha portato al blocco dei Tir provenienti dall’estero e diretti in Italia è “denunciare gli effetti dei ritardi e delle omissioni dell’Unione Europea che favoriscono le speculazioni che stanno provocando l’abbandono delle campagne con effetti irreversibili sull’occupazione, sull’economia e sull’ambiente, ma anche smascherare il finto Made in Italy che inquina il mercato”.

Al campo base, allestito all’area di parcheggio “Brennero” al chilometro 1 dell'autostrada del Brennero – direzione sud (Austria-Italia), martedì mattina è giunto anche il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina reduce dal Consiglio dei Ministri dell’agricoltura a Bruxelles dove sono state varate importanti misure di sostegno all’agricoltura. Nel frattempo continua e si allarga dal nord al sud e da latte e carne all’ortofrutta la mobilitazione degli agricoltori della Coldiretti alla frontiera, in migliaia impegnati nella verifica dei contenuti dei camion dentro ai quali, sinora, sono stati scoperti centinaia di prodotti stranieri “spacciati” per italiani.

"Sotto accusa è una Europa che chiude le frontiere ai profughi e le spalanca ai traffici di ogni tipo di schifezza alimentare, sulle quali si fanno affari a danno degli agricoltori e dei consumatori - evidenzia Coldiretti -. In assenza di regole sulla provenienza e sulle caratteristiche dei prodotti, la concorrenza sleale è insostenibile con prezzi riconosciuti agli agricoltori che sono scesi al di sotto dei costi di produzione con la drammatica chiusura delle aziende e senza alcun beneficio per i consumatori".

Coldiretti ha presentato e consegnato al Ministro il dossier che dimostra come un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy contenga materie prime straniere, il tutto all’insaputa dei consumatori e a danno delle aziende agricole. “Gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali – denuncia il presidente Coldiretti Ravenna Massimiliano Pederzoli, presente al presidio insieme al direttore Walter Luchetta, alla Delegata provinciale Donne Impresa Laura Cenni, allevatrice di bovini di razza romagnola e Giuseppe Liverani, responsabile della sezione provinciale dell'Associazione Regionale Allevatori - riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all'estero, ma anche l’ortofrutta, che spesso arriva dall’estero, come dimostrato in questi giorni di controlli ai Tir, per poi diventare magicamente italiana sullo scaffale. Inoltre – prosegue il Presidente – c’è il problema delle materie prime che produttori italiani reperiscono all’estero per poi fregiarsi del marchio tricolore, penso ad esempio all’olio di oliva tunisino, ma anche al riso vietnamita o al miele cinese, offerte spesso a prezzi bassi grazie ai minori costi di produzione ottenuti mediante dumping sociale e ambientale”.

"Un trend che mette a rischio – denuncia la Coldiretti – un’agricoltura italiana che è diventata la più green d’Europa con il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario per prodotti a denominazione di origine Dop/Igp che salvaguardano tradizione e biodiversità. Ma l’Italia è anche il Paese con le regole produttive più rigorose nelle caratteristiche dei prodotti alimentari, dal divieto di produrre pasta con grano tenero a quello di utilizzare la polvere di latte nei formaggi fino al divieto di aggiungere zucchero nel vino che non valgono in altri paesi dell’Unione Europea, dove si assiste ad un crescendo di diktat alimentari finalizzati a surrogati, sottoprodotti e aromi vari che snaturano l’identità degli alimenti". 

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