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Economia

Commercio al dettaglio, calano le imprese attive nel Ravennate: in 10 anni sono oltre 700 in meno

L'analisi della Confesercenti indica come la rete distributiva si stia ridimensionando in modo omogeneo su tutto il territorio regionale. Controtendenza positiva a Ravenna, dove il numero di nuove aziende nel 2022 cresce rispetto ai due anni precedenti

L’apertura di nuove attività nel commercio è sempre più complicato anche in Emilia Romagna e la rete distributiva soffre nel complesso una situazione di particolare difficoltà che ne sta sempre più riducendo la consistenza. Dall’analisi dei dati relativi al 2022 sull’andamento del settore si nota, infatti, come lo scorso anno siano nate solo 1.590 imprese a fronte di 2.843 cessazioni, con un saldo negativo di ben 1.523 imprese. Una situazione che ha coinvolto tutte le province della regione, con un saldo particolarmente negativo per Bologna (-307 imprese, un quarto del totale). È quanto emerge dalle elaborazioni condotte da Confesercenti Emilia Romagna sui dati resi disponibili dalle fonti camerali.

Il numero delle aperture, peraltro, negli ultimi anni si è consolidato su livelli decisamente inferiori ai decenni precedenti quando rappresentavano numeri superiori alle duemila unità. Dieci anni prima, nel 2012 erano state 2.322 le nuove aperture, ben 732 in più. Nel complesso si nota, quindi, come la rete distributiva si stia ridimensionando in modo omogeneo su tutto il territorio: le imprese attive, con attività prevalente il commercio al dettaglio sono 41.917 (dato al 31 dicembre 2022), contro le 47.926 del 2012, con una diminuzione, in dieci anni, del 12,5%, passando da 11 negozi per mille abitanti del 2012 ai 9,5 del 2022.

I numeri nel Ravennate

La tendenza regionale si ripercuote anche sulla provincia di Ravenna. Secondo l'analisi di Confesercenti, il saldo tra aziende iscritte e cessate nel corso del 2022 in provincia è negativo: sono 135 in meno rispetto all'anno precedente. Nel dettaglio, su 3.856 imprese attive nel 2022, sono state 121 le neo iscritte e 256 quelle cessate. Ravenna, d'altro canto, mostra una tendenza positiva rispetto alle altre province della Regione relativamente agli ultimi anni. Nel 2022 il numero di nuove iscrizioni (121) è cresciuto rispetto al 2021 (erano 105) e al 2020 (116). Tuttavia il dato è ancora inferiore rispetto agli anni pre-Covid: erano 141 le nuove iscritte nel 2019 e il confronto diventa ancora più impietoso tornando indietro al 2012 quando le nuove iscritte in provincia erano 236. 

Una diminuzione che si riflette anche sul numero totale di imprese attive in provincia: se nel 2022 sono 3.856, nel 2021 erano 3.927, nel 2020 erano 3.938, nel 2019 erano 4.048, e saltando indietro al 2012 erano ben 4.583. In 10 anni si nota quindi un saldo negativo di oltre 700 aziende. In base ai calcoli di Confesercenti sono dunque 10 le imprese del commercio al dettaglio ogni mille abitanti nella provincia ravennate, numero comunque al di sopra della media regionale di 9,5. In questo senso fanno meglio solo le province di Rimini (14,2) e Piacenza (10,1).

“Creare imprese nel settore del commercio è sempre più complicato – afferma il Presidente di Confesercenti Emilia Romagna, Dario Domenichini ” e lo è in particolare nel segmento del commercio al dettaglio di prossimità, per la concorrenza enorme delle vendite online, che godono di un regime fiscale particolarmente vantaggioso, di politiche urbanistiche e sulla mobilità che hanno favorito la realizzazione di grandi strutture di vendita all’esterno dei centri storici delle nostre città e di politiche fiscali e del lavoro che non tengono conto della dimensione d’impresa caratteristica delle imprese del commercio. Proprio questo lungo periodo di pandemia, però, ha dimostrato il valore della rete dei piccoli negozi – dagli alimentari alle edicole – per la popolazione e il valore della prossimità sia per la funzione di servizio che per il contributo che è in grado di dare al miglioramento della qualità della vita nei contesti urbani. Occorre passare dalle parole ai fatti e sviluppare politiche attive per il settore, a partire dalla formazione imprenditoriale e dal tutoraggio delle start-up ma anche pensando a un regime agevolato per le attività di vicinato per quanto riguarda il sistema fiscale e il costo del lavoro e la messa a disposizione di risorse per la riqualificazione dei negozi e delle aree mercatali”.

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