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Economia

La grande crisi dell'edilizia: in dieci anni 4000 lavoratori in meno. "Ora scioperiamo"

I sindacati chiedono l’istituzione di un tavolo per una strategia di rilancio e di riqualificazione del settore all’interno di un progetto di manutenzione, prevenzione e rigenerazione, con il ruolo attivo del governo

Fillea Cgil, Feneal Uil e Filca Cisl hanno proclamato per venerdì 15 marzo uno sciopero generale dei lavoratori delle costruzioni, che comprendono i comparti di edilizia, legno, cemento, laterizi, lapidei. Nella stessa giornata si svolgerà una grande manifestazione nazionale a Roma, in piazza del Popolo alle 9,30, per chiedere lavoro, cantieri, ripresa, futuro e l’istituzione di un tavolo per una strategia di rilancio e di riqualificazione del settore.

Lavoratori dell'edilizia in sciopero (foto Massimo Argnani)

“Abbiamo proposte concrete e di buon senso – dicono i sindacati – e questa è l’ora del buon senso. Serve un Tavolo per una strategia di rilancio e di riqualificazione del settore all’interno di un progetto di manutenzione, prevenzione e rigenerazione con il ruolo attivo del Governo, delle grandi imprese, delle grandi stazioni appaltanti pubbliche, dei soggetti finanziari e dei lavoratori del settore. Il Paese, dopo primi timidi segnali di ripresa, rischia di tornare in una fase di recessione. Mancanza di investimenti, mancanza di una politica industriale per la creazione di lavoro, schizofrenia rispetto ai programmi pluriennali per le infrastrutture, assenza di interventi per la messa in sicurezza del territorio (dissesto idrogeologico) e degli edifici pubblici e privati (rigenerazione, antisismico), interventi fiscali volti a premiare l’evasione e a mettere in discussione la progressività, si sommano ad una manovra finanziaria che punta più a meri interventi assistenzialistici che non al rilancio dell’occupazione. La piattaforma varata da Cgil, Cisl e Uil, il 22 ottobre scorso contiene proposte e idee utili al Paese, ai lavoratori e alle imprese di cui chiediamo si tenga conto. Dentro questa più generale rivendicazione per il lavoro e lo sviluppo si colloca la mobilitazione di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil per il rilancio del settore delle costruzioni e dei materiali (cemento, lapidei, laterizi, legno) dopo 10 anni di crisi che hanno comportato la perdita di 600mila posti di lavoro, la scomparsa di 120mila aziende solo nel settore edile (il 90% delle quali artigiane e di piccole dimensioni) e il collasso di grandi imprese e cooperative, con il conseguente blocco di importanti opere infrastrutturali. La crisi dei grandi gruppi industriali (Condotte, Astaldi, CMC, Toto, ecc.), amplificata anche dal sistema di partecipazione e di aggiudicazione delle gare, non è solo una crisi da mancanza di lavoro, ma anche “crisi da incertezze” (sui cantieri aperti o in programma) e “crisi di liquidità”, e rischia di produrre sulle medie e piccole imprese e sugli artigiani uno spaventoso “effetto domino”".

"Oggi più che mai, anche dopo la tragedia di Genova, occorre un piano straordinario per la manutenzione delle strade e dei viadotti tutti e, indipendentemente dalla specifiche decisioni che si prenderanno sulla vicenda concessioni, garantire l’integrale salvaguardia dei livelli occupazionali (diretti ed indiretti), delle professionalità maturate, dei livelli di investimenti nelle nuove opere - continuano i sindacati - Servono cioè più risorse, più tecnici, più ingegneri, più operai specializzati, più qualità nell’organizzazione del lavoro, per la messa in sicurezza del Paese, non meno. Oggi più che mai occorre mettere in sicurezza il territorio dal rischio sismico e dal dissesto idrogeologico, serve ripensare la rete delle infrastrutture, sia quelle di mobilità che debbono garantire le vie di fuga in caso di calamità, sia di quelle sociali, che debbono garantire i livelli massimi di sicurezza statica e rispondere alle caratteristiche sociali e di organizzazione spaziale dei diversi territori. Incentivare l’efficientamento energetico, intervenire sulla rigenerazione urbana e sulla valorizzazione dell’enorme patrimonio paesaggistico storico e artistico anche attraverso la rinascita dei borghi da ricostruire e da un ripopolamento che è alla base di una conservazione che non può che fondarsi su l’identificazione tra comunità, luoghi e monumenti. È per questo che chiediamo l’istituzione di un tavolo per una strategia di rilancio e di riqualificazione del settore all’interno di un progetto di manutenzione, prevenzione e rigenerazione, con il ruolo attivo del governo, delle grandi imprese, delle grandi stazioni appaltanti pubbliche, dei soggetti finanziari e dei lavoratori del settore".

La situazione del settore costruzioni nel territorio ravennate

Il settore delle costruzioni a Ravenna è costituito da alcune grandi aziende e un tessuto importante di piccole imprese. Nella nostra provincia la situazione è variegata, ma in tutti gli ambiti c’è stato un forte ridimensionamento per la crisi. Il settore dei Lapidei è privo di realtà importanti ed ha un numero degli addetti molto limitato in poche realtà artigianali; si parla principalmente di marmisti mentre il settore delle cave è quasi completamente scomparso. Anche il settore dei Laterizi ha visto la scomparsa e il ridimensionamento di realtà locali, prima fra tutte la Vibrocementi di Bagnacavallo. La realtà più importante sul territorio rimane Gattelli SPA che opera nel settore dell'edilizia industriale e civile, produce e realizza strutture in prefabbricato ed è attiva con una fornace nella produzione di blocchi in laterizio.

Il settore del Cemento ha subito in linea col settore edile una riduzione delle produzioni che ha portato a chiusure di stabilimenti, in particolare la Micromineral del Gruppo Holcim. La collocazione all’interno del porto è un punto di forza per la competitività delle cementerie di Ravenna, per tutti i vantaggi logistici che questo comporta; infatti ben 3 cementerie sono collocate in banchina: Fassa Bortolo, Barbetti, Italcementi mentre l'unica altra importante realtà del settore è a Casola Valsenio per la presenza del gesso, la Saint Gobain. Ad oggi pur se sembrano scongiurate le ipotesi di chiusura non ci sono piani di rilancio del settore, anche se potrebbero venire importanti novità con l'avvio dei lavori di approfondimento del porto canale.

Il settore del Legno ha subito una forte contrazione conseguente alla crisi delle costruzioni e al blocco dell'export con la Russia; dopo la chiusura della Rafal di Piangipane del Gruppo Trombini, ormai è rimasta in provincia una sola grande azienda, Atl di Faenza, e altre di medio-piccole dimensioni tra le quali Imola Legno con la succursale di Lugo e la Tavar di Ravenna.

Il grande malato - soprattutto per i numeri di addetti e volume di affari che esprimeva in provincia - è il settore dell'Edilizia. L'analisi dei dati degli ultimi anni edili (1 ottobre – 30 settembre) ci consegnano il dramma che sta vivendo. Dal 2008 ad oggi la diminuzione dei lavoratori edili attivi in provincia è stato di quasi 4.000 unità, più del 60%. Della stessa percentuale calano anche le ore retribuite e il numero delle aziende. L'ultimo anno edile 2017/18, chiuso il 30 settembre, è stato il primo anno con una leggera inversione di tendenza, con un aumento comunque inferiore al 2% delle ore lavorate, ma già i dati del primo trimestre del nuovo anno edile ritornano in calo di circa un 3%. Dentro questa fredda percentuale di calo del 60% ci sono importanti aziende chiuse, Cmca di Cotignola, Iter di Lugo, Galileo Pasini di Ravenna, Savio e il forte ridimensionamento, spesso con il concordato, di molte altre, come ad esempio, Acmar di Ravenna, Cmcf di Faenza, Acc di Cervia, Moviter di Cervia. Tanti licenziamenti e tanti posti di lavoro persi con dietro situazioni famigliari complicate e a volte drammatiche.

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"Il progressivo processo di indebolimento del tessuto produttivo locale ha portato ad una sorta di desertificazione che ha lasciato spazi per una lenta colonizzazione da parte di aziende provenienti da altre province; spesso quelle limitrofe della Romagna, ma anche di aziende completamente slegate dal territorio - spiegano i sindacati - A questo fenomeno si aggiungono le storture del mercato del lavoro come ad esempio la diffusione preoccupante del fenomeno delle “false partite Iva”, che prevediamo riprenda vigore dopo l'approvazione della sciagurata norma sulla Flat tax sulle nuove partite Iva. Altro problema che si riscontra oggi nel settore edile è l’utilizzo dei più svariati contratti nazionali, come ad esempio quelli del settore metalmeccanico, multiservizi, agricoltura invece di applicare il contratto nazionale corretto penalizzando i lavoratori e le aziende regolari. Tutto questo sta rendendo incontrollato e incontrollabile un settore in cui da sempre il rispetto della legalità, della sicurezza e dei diritti dei lavoratori possono essere molto difficili da rivendicare. Oggi le preoccupazioni maggiori sono per la crisi della Cmc, colosso cooperativo di Ravenna. La crisi di liquidità del mese di ottobre e la successiva richiesta di concordato del 4 dicembre portano a una situazione di incertezza che stiamo costantemente seguendo confrontandoci con la Direzione e con i lavoratori in assemblea. Ad oggi sono stati coinvolti la Regione, il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero del Lavoro. Si è sottoscritto l'accordo per un anno di cassa integrazione straordinaria e, dopo la proclamazione di uno sciopero, si è giunti a un accordo per la gestione della Cigs per la sede di Ravenna. Mentre attendiamo di conoscere il piano di salvataggio di Cmc presente nel concordato, e il conseguente piano industriale che descriverà il futuro della cooperativa, assistiamo agli effetti sulle altre aziende, Sic, con la richiesta di concordato della scorsa settimana o come il forte ridimensionamento della Vecchio da 20 occupati a 6. E' prematuro prevedere un eventuale percorso ed esprimere un giudizio in merito, quello che oggi possiamo dire è che Ravenna non si può permettere di non avere la Cmc e di non avere una Cmc forte, così come l'Italia non si può permettere di non avere grandi aziende edili. Si rilancia il paese, se si rilancia il settore delle costruzioni. Si rilancia Ravenna se partono le opere di ammodernamento, manutenzione e nuovi  collegamenti come ad esempio: i lavori di approfondimento del porto, il bando periferie per riqualificazione della darsena di città, la manutenzione straordinaria dell’E 45, la ricostruzione della Ravegnana".

Anche il Partito Democratico di Ravenna appoggia la mobilitazione dei sindacati: "La mancanza dimostrata da questo Governo di un piano strategico per un compartimento economico così importante – ha dichiarato il segretario comunale Marco Frati - rischia di peggiorare ulteriormente la crisi che già da anni ha colpito questo settore con la perdita di tanti posti di lavoro e di consistenti investimenti. Siamo accanto ai lavoratori per chiedere risposte efficaci ai problemi urgenti del Paese, per chiedere interventi per la ripresa dell’occupazione e progetti di ampio respiro per il rilancio dell’economia".

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