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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Cultura d'impresa, il 30% non ne ha mai sentito parlare

“Come cambia la cultura d’impresa ai tempi del web 2.0” è il titolo della ricerca realizzata dallo Studio Giaccardi & Associati per conto della CNA di Ravenna

“Come cambia la cultura d’impresa ai tempi del web 2.0” è il titolo della ricerca realizzata dallo Studio Giaccardi & Associati per conto della CNA di Ravenna presentata nel corso del CNA Ravenna barcamp – Cultura d’impresa 2.0. Lo scopo della ricerca è quello di verificare e misurare conoscenza, consapevolezza e impatto dei sistemi digitali e del web 2.0 sulle aziende del territorio per capire come le nuove applicazioni del web cambiano il modo di fare impresa e di essere imprenditori.

Gli intervistati
La ricerca ha coinvolto un campione di 282 imprese della provincia di Ravenna, 90 delle quali hanno aderito all’intervista. L’età media degli intervistati è 44 anni, il 43% sono donne e il 57% uomini e tutti sono impiegati in funzioni dirigenziali (il 91% è titolare/socio, dirigente o responsabile di funzione). Il 29% delle aziende intervistate fattura più di un milione di euro all’anno e la maggior parte ha sede a Faenza (20%) o Ravenna (19%). Le altre imprese hanno sede a Lugo, Castel Bolognese, Alfonsine, Bagnacavallo, Cervia, Fusignano e Massa Lombarda.

La cultura d’impresa in provincia di Ravenna
Il 30% degli intervistati non ha mai sentito parlare di cultura d’impresa, mentre per chi conosce questa espressione significa soprattutto fare innovazione (51%), motivare i collaboratori (44%) e avere altri obiettivi oltre al profitto (43%). Il 41% degli intervistati associa il concetto di cultura d’impresa alla capacità di integrarsi con il territorio, mentre per il 13% è strettamente collegato ad obiettivi di profitto.
Alla domanda “a quali valori la sua impresa non può rinunciare?” La maggior parte degli intervistati indica “collaborazione e affidabilità” (52%) e “innovazione del prodotto” (41%) mentre il 30% non rinuncia a innovazione del processo e organizzazione. L’ambiente è indicato solo al nono posto ma tra i valori ritenuti meno importanti spiccano l’appartenenza alla comunità e l’apertura a reti sociali.
Dall’indagine emerge che gli imprenditori locali hanno una visione molto concreta del fare impresa: per la maggior parte di loro lo scopo dell’azienda è fornire un prodotto utile e il principale vantaggio che apporta al territorio è quello di creare occupazione o di arricchirlo.
Le imprese del ravennate intervistate esportano poco: solo il 4% delle imprese vende fuori dall’Italia, mentre per la maggior parte (52%) il business rimane dentro i confini provinciali.

Il modello organizzativo e i sistemi digitali
Quali sono le funzioni più informatizzate all’interno delle imprese della provincia di Ravenna? Amministrazione e finanza, Ricerca e sviluppo. Discreto è l’utilizzo di tecnologie digitali anche per i settori: vendite, marketing e comunicazione, acquisti, direzione generale e produzione. Scarso invece l’utilizzo per la gestione del personale o del magazzino.
Ma digitalizzare conviene? Per la maggior parte delle aziende intervistati sì, perché permette di ridurre i costi e di gestire più facilmente l’azienda, consente di fare più contatti all’esterno e avere più visibilità, aumenta la produttività e permette di sviluppare più collaborazione e spirito di gruppo. Secondo il 38% invece i nuovi strumenti del web non hanno comportato vantaggi, ma piuttosto portano via più tempo per rimanere aggiornati.

Il web 2.0    
Il 53% degli intervistati non ha mai sentito parlare di web 2.0, mentre chi sa cos’è lo associa soprattutto ai concetti di interazione, web evoluto o social network.
Il web 2.0 serve per il business? Per molti imprenditori sì perché facilita l’interazione, permette di trovare molte informazioni sulle aziende, sui competitor e consente di scambiare dati tra aziende. Per altri invece è importante “esserci” perché è “di moda” e sarà il futuro delle imprese.
Non tutti sono d’accordo sui vantaggi del web 2.0 ed è soprattutto chi non sa usarlo a non vederne le potenzialità. Per qualcuno il web 2.0 non è utile perché “I clienti non lo usano” o “il prodotto non è adatto ai social network”. Per altri invece il contatto diretto, il passaparola, il telefono o la mail funzionano meglio degli strumenti digitali.

I social network
Secondo l’80% degli intervistati Facebook è lo strumento 2.0 che più di tutti può permettere alle aziende di aumentare il proprio business, anche più del sito aziendale (53%).  Nonostante ciò il 53% non permette ai propri dipendenti di accedervi nelle ore di lavoro: Facebook è ancora vissuto principalmente come uno strumento di divertimento personale.
Il 43% degli imprenditori vede opportunità di business anche negli altri social network, nei blog (17%) e negli strumenti per l’e-commerce (12%). Seppur meno popolari, anche le applicazioni per i-phone e i-pad (9%) vengono riconosciute come nuovi strumenti utili per fare impresa.

Cosa si è imparato dalla ricerca “come cambia la cultura d’impresa ai tempi del web 2.0”
Dalla ricerca è emerso che le aziende hanno voglia di raccontare e confrontarsi e questa è una buona notizia per chi è interessato ad ascoltarle.
Molte aziende hanno già sentito parlare di cultura di impresa e per la maggior parte di loro è influenzata da valori riferiti all’organizzazione interna. Inoltre, le imprese si considerano utili soprattutto per il prodotto/servizio che fanno, meno per la ricchezza che ridistribuiscono sul territorio.  
Gli strumenti digitali sono vissuti più come un beneficio che un costo ma non vengono utilizzati nelle funzioni chiave della direzione generale, della produzione e del magazzino.

Il web 2.0 sta portando un importante cambiamento nel modo di fare impresa, ma gli imprenditori faticano a guidarlo. Pochi sanno cosa è il web 2.0 e c’è ancora molto da fare per diffondere la cultura digitale: è proprio chi non conosce i nuovi strumenti digitali a non vederne le potenzialità.
Secondo la maggior parte degli imprenditori Facebook è lo strumento web più utile per fare business, anche più del sito aziendale. Nonostante ciò le aziende negano ai loro dipendenti di accedere a Facebook in orario di lavoro perché ancora lo considerano soprattutto uno strumento di divertimento personale.

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