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Oil&Gas, un'altra chiusura: ormai persi 600 posti di lavoro

Il settore 'Oil & gas' ravennate è sempre più in crisi. Infatti si ferma anche l'ultimo impianto di perforazione. A fine mese Atwood Beacon saluta Ravenna

Il settore 'Oil & gas' ravennate è sempre più in crisi. Infatti si ferma anche l'ultimo impianto di perforazione. A fine mese Atwood Beacon saluta Ravenna. Da parte sua la Filctem Cgil esprime “grandissima preoccupazione per le sorti di un settore che per 40 anni ha assicurato occupazione, sviluppo e risorse sul territorio. Nell'ultimo anno sono usciti dall'area ravennate all'incirca 600 lavoratori, suddivisi tra personale tecnico, dirigente e di staff, di cui un terzo residente a Ravenna”

Il sindacato ricorda che “L'effetto negativo che avrebbe potuto generare il risultato del referendum sulle trivelle è stato scongiurato. In ballo c'era la tenuta dell'intero sistema infrastrutturale e produttivo facente capo a Ravenna, purtroppo permane lo stato di crisi internazionale dell'intero comparto legato direttamente al prezzo del greggio, seppure negli ultimi tempi sia risalito a quotazioni che avrebbero dovuto già stimolare le oil company a ripartire con gli investimenti. Di fatto continua la completa stagnazione e la mancanza di commesse che si ripercuote direttamente su tutte le aziende della filiera della perforazione”.

“Le principali services company multinazionali - commenta Alessandro Mongiusti, della Filctem Cgil Ravenna e responsabile nazionale di categoria per il comparto perforazione - hanno avviato piani di ristrutturazione devastanti che vedono coinvolte anche le basi operative nel nostro paese e nella nostra città. Il grosso del personale è suddiviso principalmente nelle basi di Ravenna e Pescara, ma alcune divisioni hanno basi di appoggio minori dislocate nelle aree più operative del paese come la Val d'Agri in Basilicata e la Sicilia; poi ci sono i centri direzionali concentrati principalmente a Milano. Dimensionalmente le tre big, Halliburton, Baker Hughes e Schlumberger hanno già ridotto il personale di oltre il 50% e stanno proseguendo nel percorso di riduzione. Stiamo parlando di personale altamente specializzato, formato su standard operativi e di sicurezza internazionali. Basti pensare che il costo di investimento formativo base di un tecnico supera i 130.000 dollari”.

“Poi ci sono le piccole aziende, quelle composte da 15/30 addetti, sempre attive in ambito operativo ma anche legate alla logistica o alle forniture: qualcuna è ancora sostenuta dagli ammortizzatori sociali ma tante, dal 2010 ad oggi, sono state o assorbite o hanno chiuso i battenti. Nell'ultimo anno si può stimare che siano usciti dall'area ravennate all'incirca 600 lavoratori, suddivisi tra personale tecnico, dirigente e di staff, di cui un terzo residente a Ravenna e il restante in transito semipermanente da anni, veri e propri generatori di ricchezza”.

Sulle possibilità di una ripresa a breve del settore, Mongiusti sottolinea che l'unica cosa certa è che, dopo 40 anni di attività di perforazione ininterrotta a Ravenna, a fine mese si fermerà anche l'Atwood Beacon, l'ultimo jack up attualmente operante e sarà una storica “attività zero”. “Altra certezza, purtroppo – continua Mongiusti - sono i futuri piani operativi comunicati da Eni per Ravenna. Stante l'attuale situazione di mercato non vi sono operazioni in programma per tutto il 2016 e credo sia inutile andare oltre e fare i veggenti per il 2017. Se le operazioni non ripartono a breve termine quanto rimasto della forza lavoro dell'intero comparto subirà nei prossimi mesi una decimazione irrecuperabile. Resta stupefacente la sottovalutazione complessiva degli effetti che questa crisi può provocare: non è pensabile che nella stanza dei bottoni operativi, non in quelli finanziari, non siano ben chiare le conseguenze negative anche in termini garanzia di sicurezza”.

La Filctem Cgil evidenzia che se Ravenna ha uno dei più elevati standard di sicurezza nel settore a livello globale, lo si deve soprattutto alla continuità operativa e alla costante crescita e consapevolezza di tutti gli attori in campo: operai, tecnici, dirigenti, aziende, sindacati ed enti di controllo. “Con i colleghi di Femca e Uiltec - conclude Mongiusti - abbiamo più volte sollecitato istituzioni, enti e aziende ma rimane evidentemente una preoccupazione solo nostra. A questo tipo di approccio non eravamo abituati e non abbiamo intenzione di farcene una ragione. Continueremo nella nostra battaglia in difesa dei posti di lavoro e di un'attività che è stata sempre svolta con massimi standard di sicurezza”.

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