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Poste Italiane, "a rischio la pensione di decine di lavoratori ravennati"

Il segretario della Slc Cgil di Ravenna, Raffaele Vicidomini, ha inviato una lettera al prefetto di Ravenna Bruno Corda per segnalare la difficile situazione che stanno vivendo i lavoratori di Poste Italiane

Il segretario della Slc Cgil di Ravenna, Raffaele Vicidomini, ha inviato una lettera al prefetto di Ravenna Bruno Corda per segnalare la difficile situazione che stanno vivendo i lavoratori di Poste Italiane. L'iniziativa della Slc si sta svolgendo a livello nazionale e interessa da vicino anche la realtà ravennate dove decine di lavoratori stanno seguendo con preoccupazione l'evoluzione della vertenza. "La politica attuata in questi anni da Poste Italiane con l’obiettivo di ridurre il costo del lavoro e, di conseguenza, gli organici, in particolare nel settore della sportelleria e del recapito, si è concretizzata con proposte individuali di incentivi all’esodo che hanno prodotto migliaia di accordi" si legge in una nota della Cgil.

"Accordi sottoscritti da altrettante lavoratrici e lavoratori, che prevedevano, tra l’altro, a carico di questi ultimi, il versamento volontario dei contributi per il periodo utile al raggiungimento della pensione. Le modifiche legislative, intervenute a seguito dell’ultima manovra finanziaria denominata “Salva Italia”, hanno profondamente modificato le prospettive di coloro che all’epoca della sottoscrizione dei sopracitati accordi prevedevano di andare in pensione in una data che oggi è stata stravolta".

“La situazione venutasi a creare  - spiega il segretario della Slc Cgil di Ravenna, Raffaele Vicidomini - è che circa 5.000 ex lavoratori di Poste Italiane, di cui  diverse decine nella nostra provincia, sono rimasti senza la possibilità di percepire la loro pensione alla data preventivata prima dell’emanazione del decreto legge 6 dicembre 2011 nr. 211. Si sono di fatto allungati  di oltre tre, quattro, cinque anni i termini per il raggiungimento dei requisiti pensionistici e pertanto la somma pattuita tra le parti per soddisfare le annualità che dovevano precedere la pensione risulta altamente inferiore e incongrua rispetto alle esigenze e alle aspettative di vita. A livello locale ho già avuto  modo lo scorso 19 dicembre, in occasione dello sciopero generale e del presidio davanti alla Prefettura dei lavoratori di Poste Italiane, della funzione pubblica e della scuola, di anticipare al Prefetto il tema che oggi riproponiamo con forza attraverso questa campagna di sensibilizzazione nazionale”.

"I lavoratori delle Poste (come tanti che lavorano in altri settori) non godono di alcun ammortizzatore sociale. In passato grazie ad accordi sindacali, la categoria era stata dotata di un proprio ammortizzatore sociale denominato “fondo di solidarietà”, autofinanziato dai lavoratori e dalla stessa azienda (sulla falsa riga di quello del settore bancario); purtroppo però, nell’ultima riorganizzazione, l’Azienda Poste pur in presenza di un accordo sindacale che prevedeva l’uso dello strumento sopracitato, non ha inteso utilizzare le somme accantonate  come strumento di ammortizzazione attraverso il fondo di solidarietà a garanzia dei lavoratori. L’impatto sociale di questa gravissima situazione sta creando seri problemi agli ex lavoratori delle Poste e alle loro famiglie che  vedono messi in discussione le proprie esigenze primarie, considerato inoltre che in una società dove il mercato del lavoro non offre alcuna prospettiva a lavoratori che hanno mediamente un’età al di sopra dei 58 anni, riesce difficile pensare che possano trovare una nuova occupazione in attesa della pensione".

“Alla luce di queste motivazioni – conclude Raffaele Vicidomini – la segreteria della Slc chiede al Prefetto che si possa fare portavoce di queste istanze al Governo, affinché si trovino le giuste soluzioni al problema di queste lavoratrici e di questi lavoratori”.

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