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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Provvedimento 'blocca trivelle': "Intesa disastrosa". Preoccupata anche la Lega: "Partita non ancora chiusa"

Tutti d'accordo, Lega inclusa: "L’intesa raggiunta nella notte tra Movimento 5 stelle e Lega sulle estrazioni è disastrosa". A dirlo, in primis, è il sindaco Michele de Pascale

Tutti d'accordo, Lega inclusa: "L’intesa raggiunta nella notte tra Movimento 5 stelle e Lega sulle estrazioni è disastrosa". A dirlo, in primis, è il sindaco Michele de Pascale, che già nei giorni scorsi aveva invitato Matteo Salvini a incontrare il mondo dell'offshore ravennate in merito al provvedimento "blocca trivelle", proposta di emendamento al decreto legge "Semplificazioni" che riguarda il settore upstream e prevede, in particolare, l'aumento di 25 volte i canoni annuali di coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi per tutte le compagnie petrolifere e uno stop di 18 mesi alle ricerche in mare di idrocarburi per realizzare il "Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee".

"In questa circostanza ho apprezzato sinceramente l'impegno bipartisan che si è sviluppato da parte di molti esponenti politici del nostro territorio, ma in politica quello che conta non è tanto l'impegno quanto i risultati, e quelli finora sono tutt'altro che soddisfacenti - continua de Pascale - La Lega è ancora in tempo per alzare la testa sia al Senato che alla Camera e ribadisco la richiesta a Salvini di venire a Ravenna a incontrare i lavoratori e le imprese prima dell'approvazione definitiva. In primo luogo l’accordo raggiunto produce un provvedimento incostituzionale perché l’emendamento interviene su una legge, il DL semplificazioni, che tratta tutt’altro argomento. Il secondo grave aspetto è che non ci sono le coperture finanziarie, perché l’aumento dei canoni sarà oggetto di ricorsi pesantissimi e porterà a rinunce alle concessioni; è dunque illusorio pensare che con un aumento dei canoni si determini automaticamente un aumento del gettito. Terzo, questo provvedimento in nessun modo tutela l’ambiente anzi, aumenterà le emissioni poiché non riduce il consumo di fonti fossili; quello sì sarebbe un obbiettivo serio, ma semplicemente penalizza la produzione nazionale a favore delle importazioni e il gas estratto all’estero, per essere trasportato, ha una dispersione di circa il 30% con conseguente aumento delle emissioni. Infine, aspetto fondamentale, si manda un messaggio devastante a tutti gli investitori rispetto alla credibilità nazionale. Con estrema leggerezza si metterà in crisi uno dei settori economici più importanti del nostro Paese, si perderanno migliaia di posti di lavoro, mettendo in difficoltà altrettante famiglie, si provocherà l’aumento dei costi dell'energia e si costringerà l’Italia a dipendere esclusivamente da fonti importate per l’approvvigionamento di energia, negandole un futuro di maggiore sicurezza e costringendola all’asservimento alle multinazionali. Non si capisce in alcun modo il senso della proposta e viene il dubbio che questo provvedimento non sia animato da interessi ambientalisti quanto da interessi stranieri.  Il gas naturale è la fonte fossile meno inquinante e proprio per questo è essenziale per accompagnarci nell'urgente transizione verso le energie rinnovabili. A Ravenna produciamo metano, ottenuto dal gas, da 60 anni. Eppure in questi decenni abbiamo tenuto assieme otto monumenti tutelati dall'Unesco, un'oasi marina di valore europeo, il Parco del Delta, il turismo, la cultura, l'industria. Se si intendono mettere in campo politiche energetiche ambientali serie bisogna seguire gli obiettivi indicati dalla conferenza di Parigi COP21, ad esempio facendo in modo di abbandonare totalmente il carbone, incentivando le auto elettriche alimentate da fonti rinnovabili, impegnandosi nell’efficientamento energetico del patrimonio edilizio per ridurre prima di tutto i consumi, sostenendo lo sviluppo delle infrastrutture, del trasporto pubblico locale e dei treni, etc. Il 9 febbraio sarò a manifestare a Roma con le migliaia di lavoratori, le imprese e i sindacati del comparto offshore di Ravenna che insieme a me giorni fa hanno sottoscritto un appello pubblico per chiedere con forza al Governo di fermare l’emendamento e di indicare con chiarezza quale sia la strategia energetica nazionale".

Alla richiesta di de Pascale si aggiunge quella del consigliere regionale Gianni Bessi: "Considero sciagurato l’accordo compiuto dal Governo sulla ricerca e coltivazione di idrocarburi e sono completamente d’accordo con quanto ha affermato il sindaco di Ravenna, dopo la responsabilità assunta dall’amministrazione ravennate insieme alle forze sindacali ed economiche del nostro territorio per tentare di bloccare questo compromesso, che mette a rischio uno dei comparti economici più rilevanti del nostro territorio e del nostro Paese, mettendo a rischio posti di lavoro e investimenti. Inoltre non dobbiamo dimenticare l’elemento ambientale perché, secondo le maggiori istituzioni mondiali, il gas rappresenta la fonte di transizione ideale per arrivare a un futuro in cui le rinnovabili riescano a soddisfare un fabbisogno crescente di energia. La maggior parte delle risorse di gas naturale è situata nel Mar Adriatico, che può diventare la base operativa dove testare il nostro nuovo corso energetico e iniziare così il processo di transizione verso il mix gas naturale-rinnovabili. Concordo con de Pascale: sarebbe molto importante che Salvini rispondesse positivamente all’invito di venire a Ravenna a parlare con i sindacati, le imprese e i tanti “caschi gialli” che ogni giorno lavorano per il bene di questo Paese".

“Lo stop di 18 mesi alle ricerche in mare di idrocarburi, con l’aumento dei canoni annuali per le compagnie petrolifere e l’incremento per le tariffe applicate sui permessi, rappresenta sicuramente una scelta scorretta e controproducente che genererà un’inevitabile crisi del settore - aggiunge l'onorevole Alberto Pagani del Pd - In Italia gli impianti di estrazione di gas sono un patrimonio di immenso valore economico, industriale e tecnologico, sono un modello nel mondo per gli standard di rispetto ambientale e impiegano migliaia di lavoratori. La coesistenza e l’integrazione di metano, idroelettrico, solare, eolico, di gas da biomasse, del geotermico, sarà il futuro energetico dell’Italia per molti anni e il gas naturale è una risorsa strategica per il nostro Paese. Insieme ai lavoratori, ai sindacati, alle associazioni di categoria e all’amministrazione ravennate chiedo al Governo di ripensare a questa decisione sbagliata e pericolosa che rischia di pregiudicare investimenti importanti in Italia e soprattutto nel nostro territorio".

Provvedimento 'blocca trivelle': "Governo si fermi, a rischio 100mila lavoratori"

Le reazioni della politica

Lega: "La partita non è ancora chiusa"

Ma a essere preoccupati sono gli stessi leghisti: "Lavoreremo fino all'ultimo, se serve anche durante la seconda lettura alla Camera, per salvaguardare il settore Oil&gas: l’emendamento uscito dalla mediazione di stanotte, infatti, non tutela ancora a sufficienza il comparto; l’obiettivo finale è una legge che tuteli l’ambiente ma senza posizioni talebane che blocchino sviluppo e lavoro". Lo afferma Gianluca Pini, presidente della Lega Nord Romagna, impegnato assieme a Giorgetti e ad altri esponenti sella Lega in questi giorni in un duro braccio di ferro con i 5 stelle a difesa del comparto. "Ci è stato detto che senza un accordo su questa norma sarebbe potuto saltare il Governo - spiega Pini - Personalmente avrei barattato volentieri la tenuta del settore con la fine di questa esperienza che ha mostrato troppi, imbarazzanti limiti da parte dei 5 stelle; ma non sono io a decidere, anche se moltissimi elettori leghisti la pensano come me. Mi fa piacere comunque la dura presa di posizione di Salvini: ha ragione, la politica dei no porta solo a schiantarsi contro i muri. Speriamo in meglio, e presto".

Partito repubblicano italiano: "Situazione paradossale"

"E’ paradossale che da una parte il Governo “giallo verde” approvi i lavori per il gasdotto Tap per importare gas dall' estero e dall’altra si opponga al gas “a km zero” dell'Adriatico - commenta Stefano Ravaglia, segretario comunale del Partito repubblicano italiano di Ravenna - L’accordo “blocca trivelle” trovato nella maggioranza indica con chiarezza la mancanza di una qualsiasi strategia energetica nazionale, mentre in Romagna la Lega dell’onorevole Pini cerca di mettere una pezza ad un provvedimento che penalizzerà gravemente il nostro territorio. Tutelare il lavoro, le quasi mille aziende riconducibili all’industria upstream che occupano più di diecimila addetti e generano indotto per oltre centomila lavoratori, in particolare la città di Ravenna dove è concentrato il 13% delle aziende e il 29% dell’occupazione regionale del settore, è l’impegno dei repubblicani. Vogliamo che tutti sappiamo che con questo emendamento, di fatto, non si incentiva né il risparmio energetico né la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma si costringe l’Italia a dipendere esclusivamente da fonti importate per l’approvvigionamento di energia, le si nega un futuro di maggiore sicurezza e autonomia sfilandola dalla competizione nel settore, penalizzando pesantemente la produzione interna di gas naturale e costringendo il Paese all’asservimento delle multinazionali dell’energia e delle speculazioni sul relativo costo".

Articolo 1 - Mdp: "Cosa significa essere una Capitale dell'energia nel 21esimo secolo"

"Ravenna è certamente una città che nel dopoguerra, dopo la scoperta di importanti giacimenti di gas metano nel proprio sottosuolo, ha saputo sviluppare un nuovo assetto economico e occupazionale in cui la produzione energetica (gas ed energia elettrica), l’industria offshore e il settore chimico hanno giocato un ruolo significativo insieme ad altri settori che via via sono cresciuti (dal turismo al porto) - aggiunge Domenico Esposito, Coordinatore di Articolo 1 - Movimento democratico e progressiste del Comune di Ravenna - E grazie a questo sono sorte imprese importati e si sono sviluppate professionalità qualificate che costituiscono obiettivamente una risorsa per Ravenna e per il Paese. Di questo è certamente giusto e necessario tenere conto per favorire una transizione positiva, ma la questione energetica oggi non può essere posta solo in temini di una impossibile e anacronistica garanzia di continuità con il passato perché i tempi sono profondamente cambiati e, sulla base degli Accordi internazionali sul clima di Kyoto prima e di Parigi oggi è cambiata la strategia energetica non solo italiana, ma europea e mondiale. Da pochi mesi, sulla base degli obiettivi sottoscritti a Parigi da decine e decine di Paesi del mondo per evitare che il riscaldamento climatico superi i 2 gradi centigradi con effetti disastrosi e imprevedibili, il Parlamento europeo e il Parlamento italiano hanno fissato i nuovi obiettivi fondamentali da raggiungere entro il 2030 per una nuova strategia energetica e per assicurare uno sviluppo moderno, efficiente e ambientalmente sostenibile: l’efficienza energetica deve migliorare del 32,5%; l’impiego di energie rinnovabili in Europa deve raggiungere il 32%; le emissioni di gas serra debbono ridursi del 40% Una città che partendo dai risultati raggiunti e dalle professionalità acquisite vuole porsi l’obiettivo sfidante di essere una delle “capitali “ europee dell’energia nel decennio 2020-2030 non può non fare propri questi obiettivi e cercare addittura di migliorarli come stanno facendo altre importanti città europee, cosa che comporterebbe vantaggi non solo di carattere globale, ma anche locale in termini di qualità ambientale, di salute, di occupazione, specie per i giovani, e di qualità dello sviluppo e della vita di ciascuno di noi. Ed è giusto dire che Ravenna, per quanto potenzialmente attrezzata e pur avendo compiuto nell’ultimo decennio passi avanti positivi, è ancor molto distante da quegli obiettivi strategici. Se vogliamo rivedicare dei giusti riconoscimenti e delle giuste attenzioni per i nostri settori e per i lavoratori, dobbiamo quindi lavorare al contempo per cambiare e per rinnovare profondamente il nostro modello di sviluppo e i nostri comportamenti individuali e collettivi. Debbono cambiare concretamente gli obiettivi e le priorità delle istituzioni per conciliare sempre meglio sviluppo (dal turismo al porto, dall’agricoltura all’industria ), lavoro, ambiente, salute e benessere, chimando l’università e i centri di ricerca a dare un contributo di idee e progetti. Debbono avere più coraggio innovativo le imprese (e le loro associazioni) a partire da quelle altamente energivore e in particolare i due grandi colossi energetici nazionali presenti a Ravenna: Eni ed Enel che finora, bisogna avere il coraggio di dirlo, hanno diversificato troppo poco la loro strategia energetica. E dobbiamo cambiare abitudini anche noi cittadini con l’aiuto di Stato, Regioni ed Enti locali, ad esempio migliorando l’efficienza energetica delle nostre abitazioni, installando pannelli fotovoltaici e solari termici e pompe di calore al posto dei vecchi impianti a energie fossili, modificando gradualmente le forme della nostra mobilità nella direzione di una sempre maggiore sostenibilità ambientale. Se vogliamo assicurare un futuro ambientale ed economico al nostro territorio di questi temi non possiamo solo ricordarcene in qualche bella conferenza sui temi ambientali. Deve diventare pratica quotidiana ovunque. Noi, che abbiamo scelto di essere una forza nuova del lavoro e dell’ ambiente, intendiamo porre tali temi al centro della discussione e dell’iniziativa politica a Ravenna e in Italia pronti a discutere in modo aperto e costruttivo con forze politiche e associazioni economiche, sociali e ambientaliste. Lo faremo perché il tempo è ora".

Le reazioni del mondo economico

Cgil: "Dal Governo una risposta che non risolve le incertezze"

Al primo cittadino ravennate si accoda la Cgil ravennate: "La risposta che è arrivata dal Governo relativamente alla questione del comparto Oil&gas è grottesca ed è l'esatta fotografia del pressapochismo con il quale un argomento così importante venga trattato. Il “contentino” che ci viene proposto, riduzione del periodo di stop da 3 anni a 18 mesi, non risolve minimamente il problema. Non si tratta di contrattare un periodo piuttosto che un altro: qui stiamo parlando di un settore che sta riprendendo vigore dopo un periodo dove si è rischiato lo stallo delle attività. Eni ha in programma investimenti per 2 miliardi di euro tra il 2019 e il 2020; tra l'altro il Distretto Centro-Settentrionale di Marina di Ravenna ha ripreso ad assumere giovani. Stiamo parlando di un settore dove la sicurezza del lavoro e il rispetto di tutte le norme a tutela dell'ambiente sono ai massimi livelli. È un settore che da sempre fa da traino all'economia locale e che ha prodotto ricchezza sul territorio. È un settore che produce gas metano, da tutti indicato come la fonte di energia necessaria nel processo di transizione verso le rinnovabili; percorso che nessuno di noi sta mettendo in discussione, anzi siamo tutti consapevoli che questa sia la giusta direzione per perseguire anche gli obiettivi di salvaguardia dell'ambiente. Tutto questo rischia di essere azzerato a causa di un emendamento basato su cosa? Quali sono le reali motivazioni che hanno spinto a promuoverlo? L'Italia è l'unico paese nel quale esiste il limite di perforazione entro le 12 miglia, abbiamo delle norme tra le più restrittive d'Europa, siamo il paese che ha già rispettato e superato gli obiettivi di transizione verso le rinnovabili, al contrario della Germania che continua tranquillamente a bruciare carbone. La mediazione trovata dagli attuali governanti non è certamente la soluzione, serve un confronto serio nel merito delle questioni; che vengano nel nostro territorio a confrontarsi con i lavoratori, con le istituzioni, con le aziende e con le organizzazioni sindacali. Nel frattempo, però, il 9 di febbraio andremo tutti quanti a Roma per la manifestazione proclamata da Cgil, Cisl e Uil. Non possiamo sperare che qualcun altro risolva il problema al posto nostro, ogni lavoratore dovrà mettersi in gioco, bisogna riempire i pullman, ci metteremo la faccia come abbiamo sempre fatto".

Confindustria: "Questo accordo è un suicidio"

Anche Confindustria Romagna aderirà alla manifestazione del 9 febbraio a Roma: “L’accordo sulle trivellazioni è un suicidio industriale, un pasticcio che potenzialmente può fare danni dalle proporzioni inimmaginabili – afferma il presidente di Confindustria Romagna, Paolo Maggioli – I numeri sui rischi di mancati investimenti e perdite occupazionali che circolano sulla stampa in queste ore sono ampiamente sottostimati: dietro alle cifre c’è la vita di una comunità professionale storica, che vanta eccellenze e talenti richiesti in tutto il mondo, e rischia di venire spazzata via da un compromesso illogico e irricevibile. La riduzione dell’aumento dei canoni da 35 a 25 volte è un contentino che terrà in piedi solo piccole concessioni marginali, ma l’effetto più dirompente e potenzialmente devastante dell’accordo sono i 18 mesi per stabilire quali aree di coltivazione siano compatibili e quali no, dal momento che il nuovo testo non si limita a bloccare nuove perforazioni ma assoggetta alle previsioni del futuro Piano per la Transizione Energetica anche la prosecuzione delle estrazioni in essere, su cui si allunga l’ombra di un blocco totale se ritenute incompatibili. E’ un limbo che pone un enorme punto interrogativo e azzera la possibilità di fare progetti, perché oggi le valutazioni economiche di qualunque attività si basano non sulla scadenza della concessione, ma sulla vita utile del giacimento: il tempo di ritorno di un investimento cambia molto se posso andare avanti fino al 2035, oppure se c’è l’incertezza che tra due o tre anni le concessioni non vengano rinnovate. E’ un fortissimo deterrente agli investimenti programmati, che va oltre ogni nostro timore. Confindustria Romagna sarà quindi accanto alle imprese del settore, ai lavoratori e al sindaco di Ravenna nel tentativo di trovare una soluzione lucida e ragionata per scongiurare questo scenario e salvare un comparto già in forte declino produttivo".

Mingozzi (Tcr): "Difendere l'oil&gas vale quanto la mobilitazione per la TAV"

Anche Giannantonio Mingozzi, presidente di Tcr e strenuo difensore del comparto offshore dell'economia ravennate, considera deleterio l'ultimo compromesso raggiunto in sede governativa sulle estrazioni: "Fermare per 18 mesi ricerche in mare e coltivazioni di idrocarburi, particolarmente in Adriatico, vuol dire rinunciare a investimenti e posti di lavoro, favorire quei paesi che potenziano le estrazioni in Adriatico e poi ci rivendono a caro prezzo il gas che cii appartiene. In definitiva vuol dire sancire lo stato di crisi di uno dei più importanti settori economici del paese e dell'imprenditoria ravennate. L'impegno di sindaco e vicesindaco, l'appello a difendere le nostre imprese e la volontà di manifestare a Roma sono condivisibili, ma occorre anche a Ravenna estendere quella consapevolezza sull'argomento ancora flebile da parte dell'opinione pubblica e di alcune associazioni d'impresa che ancora non hanno chiaro i rischi che corriamo come famiglie, come occupati e come tenuta del sistema imprenditoriale. Rispetto alla mobilitazione di tre anni fa contro il referendum, il pericolo che incombe oggi sull'oil&gas è ancora più grave se consideriamo le diatribe nel governo e la scarsa conoscenza del contesto internazionale in materia di energia e di approvvigionamenti. Se Torino, i cittadini, la società nel suo insieme è riuscita a riempire la piazza a difesa della TAV, analoga manifestazione dovremmo pensare per Ravenna perché l'oil&gas, in una ipotetica analisi costi-benefici, vale il futuro di molti giovani e la tutela delle famiglie ravennati".

Uil: "Intesa assolutamente inadeguata"

"Il compromesso raggiunto tra le forze politiche in Questione ricadrà sui lavoratori di tutti i comparti della filiera industriale, andando ulteriormente a indebolire e impoverire un territorio che già da diversi anni soffre di una crisi strutturale dell’economia e su cui incombono le recenti crisi di aziende storiche del nostro territorio - incalza Filippo Spada, segretario Uil di Ravenna - Abbiamo sotto gli occhi le vertenze tutt’oggi aperte di aziende come Tozzi sud, Schlumberger, Cmc, per non ricordare le multinazionali colossi del settore che hanno già deciso di delocalizzare e chiudere gli stabilimenti produttivi già da alcuni anni. Questo è per noi inaccettabile. Ravenna ha tutte le credenziali per essere al centro di un nuovo progetto energetico di caratura nazionale, e invece siamo di fronte a una scelta di compromesso politico e non tecnico da parte del Governo che equivale al mettere una croce tombale sopra al settore oil e gas ravennate e nazionale. Inutile ribadire come a questo punto gli investimenti annunciati da Eni siano messi fortemente in dubbio. Stiamo parlando di oltre 2 miliardi di euro nel piano industriale annunciato dalla società. Il nostro timore è che il tutto si possa tradurre in un rischio di potenziale ridimensionamento del polo Eni ravennate e di tutte le attività legate alla filiera e all’indotto, e con fortissime ripercussioni dal comparto dell’energia alla metalmeccanica, dalla logistica fino ai servizi ealle attivita’ commerciali, nessuno escluso. Non si può mettere a rischio un patrimonio nazionale strategico come l’industria upstream. Ricordiamo che, nonostante da anni come Uil chiediamo un piano energetico nazionale, fino ad oggi nessuna forza politica al governo ha ritunuto tale iniziativa come punto per il rilancio del paese e non si è mai avviata una discussione nazionale in tal senso. Non essendoci pertanto fino ad oggi nessuna discussione politica aperta sui tavoli nazionali in merito a un piano energetico nazionale, riteniamo che nella fase di cosidetta transizione energertica il metano sia l’unica fonte di energia fossile per arrivare alle energie rinnovabili, che rappresentano sicuramente il futuro. Motivo per cui riteniamo che per la nostra provincia sia assolutamente vitale che la ricerca e l’estrazione del gas metano del nostro distretto prosegua. Inoltre riteniamo importante rimuovere anche il vincolo delle 12 miglia marine per utilizzare al meglio tutte le nostre risorse, evitando di comprare le stesse da fornitori esteri. Per questi motivi la Uil ritiene essenziale che l’intera città di Ravenna si mobiliti per far sentire la propria voce e per alzare la voce dei lavoratori e di tutti gli operatori coinvolti e danneggiati da questo “compresso politico” che non rende giustizia a nessuno, ma che finisce invece per colpire e far pagare il conto alla parte buona del paese, ossia quella che dignitosamente lavora e paga le tasse. Noi saremo pronti il 9 febbraio a scendere in piazza con Cgil e Cisl e sosterremo fino in fondo l’iniziativa dei caschi gialli. Anticipiamo che i temi dell’energia e di tutta la filiera dell’oil&gas saranno oggetto di uno specifico approfondimentio promosso dalla Uil in un convegno, il 1 marzo, a cui parteciperanno autorevoli esponenti del settore di caratura internazionale, economisti e professori universitari".

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