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Rigassificatore, i pescatori: "Disattese le nostre richieste, pronti a manifestare davanti alla Regione"

"Chiediamo sin d’ora che vengano definite le compensazioni per le marinerie dell’Emilia-Romagna e per i comuni costieri, così come fatto nel Veneto con il rigassificatore di Porto Viro"

Il tema della gassificazione nel mare Adriatico non è una novità per i pescatori dell’Emilia-Romagna, veri custodi del mare e delle sue risorse. "Da un decennio circa il settore della pesca e dell’acquacoltura dell’Emilia-Romagna, con oltre 2.300 imprese attive nella pesca e acquacoltura e con oltre 3.000 occupati/addetti (escluso l’indotto), segue con attenzione e preoccupazione il tema della gassificazione in Adriatico, a seguito dell’attivazione del gassificatore di Porto Viro, entrato in funzione nel 2009, per tramite del quale, nel corso degli anni, si è verificato un aumento esponenziale del cloro attivo all’interno dell’acqua utilizzata per il ciclo produttivo, producendo conseguenze disastrose sull’habitat e sulle risorse ittiche anche a svariati chilometri di distanza - spiegano dall’Alleanza delle Cooperative della Pesca e dell’Acquacoltura dell’Emilia-Romagna (AGCI/AGRITAL, Confcooperative/Fedagri Pesca, Legacoop Agroalimentare) - Nel 2014, a seguito di una interrogazione a risposta scritta del Consigliere Regionale Zoffoli, la Regione Emilia-Romagna riteneva fondate le preoccupazioni espresse dai pescatori nell’interrogazione, confermando i possibili impatti del rigassificatore a circuito aperto sull’ecosistema marino e sulla pesca ed evidenziando la necessità di “miglioramenti impiantistici ed in particolare sul funzionamento dell’impianto di raffreddamento a ciclo chiuso che comporta indubbiamente notevoli miglioramenti sull’impatto ambientale e che rappresenta un best available technology”. Nella medesima la Giunta Regionale si impegnava per richiedere, nelle sedi opportune, l’utilizzo dell’impianto di raffreddamento a ciclo chiuso".

Seppur condividendo "l’urgenza e la necessità di sviluppare e realizzare impianti per la produzione di fonti energetiche alternative", l’Alleanza delle Cooperative della Pesca e dell’Acquacoltura dell’Emilia-Romagna da mesi ha avanzato precise richieste indirizzate al Presidente e Commissario Straordinario per il rigassificatore della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e agli Assessori competenti Alessio Mammi, Vincenzo Colla e Irene Priolo, evidenziando in più occasioni di adoperarsi affinché il rigassificatore di Ravenna fosse attivato a “ciclo chiuso”, "tenuto conto che le stesse società produttrici optano al “circuito aperto” per motivi puramente economici. Come ben noto, la rigassificazione del gnl richiede una fonte di calore: l'acqua di mare a temperatura ambiente ("circuito aperto") oppure il calore generato in impianto, (tipicamente dalla combustione di un'aliquota del medesimo gas trasportato e processato: circa lo 0,87%), il cosiddetto "circuito chiuso". Se si usa acqua di mare, bisogna aggiungere un biocida (ipoclorito) per tutto il volume di acqua che entra nell'impianto, per evitare che il circuito si intasi di cozze, organismi incrostanti ecc. L'acqua viene poi restituita, in toto, in mare fredda e sterilizzata, avendo ucciso ogni forma di vita in essa contenuta e ossidato tutta la sostanza organica. Si tratta di volumi d'acqua considerevoli: un impianto da 5 miliardi di metri cubi/anno preleva, e poi restituisce sterilizzati, circa 400 mila metri cubi di acqua marina al giorno. Una quantità che va moltiplicata per le giornate di funzionamento dell’impianto e per tutta la durata di vita utile dello stesso. Le conseguenze ambientali che ne derivano sono rappresentate in via diretta dalla sterilizzazione dell'acqua in ingresso nell'impianto (stress termico - per via del salto di temperatura con il gnl a -162°C -, stress meccanico per il passaggio nelle tubature e pompe, e ossidazione ad opera dello ione ipoclorito)".

"Meno evidente è la formazione di cloro-derivati organici e cloramine, fortemente tossici, che distruggono i microorganismi (zoo- e fitoplancton) presenti nell’acqua del mare: un impianto di questa portata rilascia circa 125 tonnellate all'anno di sostanze organiche legate al cloro. Si tratta di sostanze tossiche, in parte persistenti e mutagene che si accumulano nei lipidi e vengono trasmesse lungo la catena alimentare, dove possono agire da “endocrine disruptors”. Sono molecole ricomprese – ai sensi della normativa comunitaria – tra le “sostanze prioritarie” monitorate per lo stato di salute dei corpi idrici. Tutto ciò ha effetti diretti sull’ecosistema marino, poiché i microorganismi distrutti sono quelli che normalmente consentono l'auto-depurazione del mare e rappresentano la base fondamentale della catena alimentare, dalla quale dipende la vita di tutti gli organismi acquatici e dalla quale dipendono, di conseguenza, anche le attività (pesca, acquacoltura, ecc.) che su questi organismi si fondano. Si deve fare attenzione – dichiara Massimo Bellavista, Responsabile Pesca e Acquacoltura Emilia-Romagna di Legacoop Agroalimentare - alle zone in cui si vanno a collocare questi impianti, e alle caratteristiche biologiche del sito. Le acque profonde sono povere di vita perché meno concentrate mentre le acque costiere sono ricche di sali nutrienti (azoto, fosforo) e brulicano di avannotti, larve, plancton. Ci stiamo attivando per avere un parere dello STECF (il Comitato Europeo Tecnico, Scientifico ed Economico per la Pesca) in merito allo stato delle risorse nell’Alto Adriatico e sugli effetti dell’impatto che il rigassificatore a ciclo aperto di Ravenna avrà sull’ambiente marino costiero. Tutti i Comuni della costa dell’Emilia-Romagna dovrebbero essere al nostro fianco, facendosi carico delle istanze dei pescatori nel pieno interesse delle comunità costiere e di tutti i settori delle economie del mare compreso il turismo balneare costiero. Andrebbe valutato preventivamente quale dei due sistemi adottare. I proponenti optano sempre, in prima battuta, per il circuito aperto, perché non devono bruciare lo 0,87% di gas, ché lo vendono.

“Da tempo – interviene Patrizia Masetti, Responsabile AGCI/AGRITAL Pesca Emilia-Romagna – abbiamo chiesto alla Regione di adoperarsi nella realizzazione del sistema a circuito chiuso e che, qualora non fosse possibile al momento, si impegnasse con la società a definire sin d’ora un periodo limitato al circuito aperto di qualche anno, onde evitare l’irrecuperabile danno al sistema ambientale marino, con conseguenze disastrose sul settore ittico”. Oltre a questo, l’Alleanza delle Cooperative della Pesca e dell’Acquacoltura dell’Emilia-Romagna ha chiesto di "prevedere sin d’ora l’inserimento, tra le prescrizioni che verranno adottate, un monitoraggio permanente annuale sulle risorse alieutiche (cosiddetto sforzo di pesca del rigassificatore), che tenga conto della numerosità di uova e larve di pesce che verranno intercettate dalle prese d'acqua e quindi distrutte. Esse rappresentano il numero di potenziali individui (stock ittici) che da lì in avanti non potranno essere portati a compimento del loro ciclo di crescita. Secondo questo principio, l'impianto esercita uno sforzo di pesca continuativo che porterà, attraverso l'annientamento di parte dell'ittioplancton, alla sottrazione di risorsa “catturabile” dal comparto della pesca".

“L’unica cosa ottenuta a oggi – prosegue Bellavista – è l’attivazione di un tavolo permanente sul rigassificatore ma che di fatto non rassicura per niente i pescatori e gli allevatori sul futuro della categoria. Alle istanze sino ad oggi avanzate nessuna risposta concreta è stata portata al tavolo istituito. Alla riunione, svoltasi martedì in remoto, hanno partecipato i rappresentanti dei diversi servizi regionali che di fatto hanno solo illustrato il percorso intrapreso senza fornire alcuna risposta alle richieste avanzate dalle Associazioni di categoria del settore".

“Visto e considerato che tali richieste sono state disattese – dichiara Vadis Paesanti, vicepresidente Fedagri Pesca Emilia-Romagna – chiediamo sin d’ora che vengano definite le compensazioni per le marinerie dell’Emilia-Romagna e per i comuni costieri, così come fatto nel Veneto con il rigassificatore di Porto Viro. Apprendiamo oggi dalla stampa locale che il Comune di Ravenna discute delle compensazioni ma la pesca non è inclusa tra i beneficiari. Siamo pronti a istituire un presidio permanente con i pescatori in Viale Aldo Moro davanti alla regione qualora le nostre istanze non ottenessero risposte tempestive e concrete, oltre a intercedere con il nuovo governo per ottenere maggiore attenzione verso il comparto ittico e verso le tante famiglie che vivono di pesca e di acquacoltura in Emilia-Romagna”.

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