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Temporary shop e chioschi: Cna chiede un riordino dei Regolamenti comunali

Da parte sua l’assessore Massimo Cameliani ha assicurato la massima disponibilità della Pubblica Amministrazione a sostenere le imprese

Superare una serie di lacci e lacciuoli che, da troppo tempo, stanno bloccando le potenzialità che sono insite nel tessuto dell’artigianato alimentare. E’ questo l’appello che la Cna ha rivolto alle istituzioni locali nella giornata di apertura di Giovinbacco. Anche quest’anno l’Associazione sarà presente alla manifestazione con alcune imprese artigiane associate del settore alimentare (la piadina insieme alla birra in piazza Unità d’Italia e la pasta fresca in piazza Garibaldi). "In una recente indagine nazionale sulla burocrazia - che ha affrontato il  tema degli oneri burocratici e i limiti amministrativi in capo alle imprese dell’artigianato alimentare - sono emerse tante potenzialità inespresse, spesso a causa di interpretazioni restrittive della norma e di oneri burocratici troppo stringenti accompagnati a volte da pesanti sanzioni", hanno affermato Maurizio Gasperoni e Jimmy Valentini, rispettivamente responsabile Divisione Economica e responsabile Agroalimentare Cna Ravenna.

"Di seguito una serie di considerazioni sul come, purtroppo, non stiamo utilizzando adeguatamente le potenzialità di questo segmento di impresa che, come Cna, siamo orgogliosi di rappresentare, per definire nuove traiettorie di sviluppo per il settore e per il territorio - hanno aggiunto -. Prima fra tutti, la possibilità piena da parte delle imprese che producono generi alimentari (che spesso sono prodotti tipici del territorio) di offrire la possibilità di far consumare in loco e, soprattutto, in comodità i propri prodotti. Il Consiglio di Stato, con la prima sentenza in materia in Italia, ha preso posizione sul discrimine tra la somministrazione di alimenti e bevande e l'attività di laboratorio e di vicinato, stabilendo che questo sia dato dalla presenza di servizio assistito, ossia dai camerieri che servono ai tavolini. La Corte è intervenuta smontando anche le diverse interpretazioni che si sono succedute da parte del Ministero dello Sviluppo Economico che hanno sostenuto che la summenzionata normativa, nonostante non prevedesse alcunché in tal senso, dovesse interpretarsi nel senso che non potessero utilizzarsi, all'interno di laboratori ed esercizi di vicinato, tavoli e sedie abbinabili. Per l'effetto di tali circolari, in pratica, gli avventori di laboratori ed esercizi di vicinato, ossia a titolo esemplificativo: paninerie, gelaterie, pizzerie al taglio, rosticcerie, dovevano mangiare in piedi oppure seduti scomodamente. L'abbinabilità tra arredi doveva quindi essere esclusa, ritenendosi in dette circolari che la stessa fosse esclusiva degli esercizi di somministrazione".

Le considerazioni sopra esposte hanno poi trovato eco anche da parte dell’Autorità Garante del Mercato,  che così si esprime : “.. a ciò si aggiunga che, oltre a risultare non aderente alle nuove abitudini di consumo, tale interpretazione crea un’indebita discriminazione fra i vari operatori del settore. Ne deriva un approccio che risulta in palese contrasto con i princìpi posti dal legislatore”.  Rileva l’Autorità Garante “.. Deve pertanto concludersi che in assenza di un vero e proprio servizio al tavolo da parte di personale impiegato, il mero consumo in loco del prodotto acquistato, sia pure servendosi materialmente di suppellettili e arredi – anche dedicati – presenti nell’esercizio, non comporta un superamento dei limiti di esercizio dell’attività di vicinato". "La sentenza - hanno osservato - ha enorme impatto nel nostro Paese perché le interpretazioni del MiSE hanno condizionato Regolamenti comunali, e dalla stessa sono scaturiti nel corso degli anni sequestri di arredi, sanzioni e provvedimenti amministrativi recanti l'ordine di cessazione della somministrazione abusiva, costringendo sostanzialmente i clienti a "stare scomodi" durante la consumazione sul posto. La decisione del Consiglio di Stato, quindi, appare come un toccasana per laboratori artigianali ed esercizi di vicinato, consentendo loro di porre in essere il consumo sul posto, normativamente loro consentito, nelle modalità migliori possibili, con l'esclusione del servizio assistito".

"A questo punto - hanno annunciato - come Cna scriveremo alle Amministrazioni Comunali, a cominciare dalla città capoluogo che pure è sempre stata sensibile alle tematiche dell’artigianato alimentare e dei chioschi, affinché cessino controlli e sanzioni sulle tematiche oggetto della sentenza del Consiglio di Stato e si avvii un profondo riordino dei Regolamenti comunali che tengano conto della volontà già espressa dal Legislatore e della sentenza della suprema Corte amministrativa. Aggiungiamo che anche in tema di dehors esterni alle attività non ci possono continuare ad essere discriminazioni tra le attività di somministrazione, gli esercizi di vicinato e le attività artigiane".

"Il secondo tema è intersettoriale e riguarda l’opportunità per le imprese dei comparti dell’artistico, dell’alimentare (in questo caso solo con prodotti confezionati), della moda e degli accessori di poter usufruire di temporary shop per la vendita collettiva dei propri prodotti - hanno proseguito -. Chiediamo che l’esperienza dei temporary shop sia presa maggiormente in considerazione dalla Pubblica Amministrazione per supportare maggiormente quel tessuto di piccole imprese che spesso hanno concrete difficoltà proprio sul terreno della vendita dei propri prodotti. Ma, soprattutto, chiediamo che sia maggiormente semplificata dal punto di vista degli oneri burocratici visto che si parla di attività temporanee che solitamente durano solo alcuni mesi. L’esperienza dei temporary shop può essere declinata sia sul versante dei negozi di proprietà privata attraverso specifici accordi tra pubblico e privato e tramite l’emanazione  di appositi bandi; che sul versante dei locali di proprietà pubblica dove - attraverso apposite delibere/ordinanze delle Amministrazioni comunali - si possono mettere a disposizione locali pubblici in determinati periodi".

"Noi riteniamo che  l’esperienza dei temporary shop possa supportare adeguatamente  nuovi modelli di governance del territorio, contribuisca ad attivare percorsi di rigenerazione urbana, possa rivitalizzare il tessuto artigianale nei contesti urbani, in particolare nei centri storici. Anche in riferimento a questa partita ci faremo carico di sensibilizzare e indirizzare l’operato delle Amministrazioni locali - hanno concluso -. Infine, un’ultima considerazione sulla qualità e sulle potenzialità insite in questi settori che - se adeguatamente supportati - possono diventare sempre più protagonisti nell’ambito dell’offerta turistica di qualità del nostro territorio". Da parte sua l’assessore Massimo Cameliani ha assicurato la massima disponibilità della Pubblica Amministrazione a sostenere le imprese sia sulla delicata questione del consumo sul posto che sul temporary shop, esperienza che richiede un’accurata analisi in quanto ancora inedita per il Comune di Ravenna.

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