Due giorni di studi e mosaici fra Dante e Jung
"L'arte dei mosaici di Ravenna non è preoccupata di rappresentare la realtà così come essa effettivamente è. Ci sono i fondi dorati, i corpi umani sono totalmente smaterializzati, non è una rappresentazione oggettiva, ma simbolica e Dante aveva bisogno esattamente di questo, perchè non si può rappresentare il Paradiso con i parametri della natura. Le immagini di Ravenna, prive di ogni riferimento naturalistico, potevano condurre immediatamente alla percezione del Paradiso". Sono innumerevoli le fonti iconografiche alle quali Dante si è ispirato per rappresentare i tre mondi esplorati nella Divina Commedia, tra queste ci sono indubbiamente i mosaici di Ravenna ai quali è dedicato l'intervento di Laura Pasquini, storica dell'arte medievale, nell'ambito del convegno "Dante e Jung, una relazione a distanza".
In programma il 26 e 27 febbraio 2021 presso il Palazzo dei Congressi di Ravenna, le due giornate di studio sono promosse dall'Icsat (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy and Autogenic Training), con la direzione scientifica dell'analista junghiano Claudio Widmann. "L'arte bizantina è un'arte evocativa e simbolica", ricorda Pasquini, docente presso la Scuola estiva internazionale di Studi danteschi (Ravenna/Verona), organizzata dall'Università Cattolica di Milano, e presso il Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali di Ravenna, dove si trovano "i cieli stellati e le apparizioni dei beati nell'empireo come corone di spiriti lucenti, come croci gemmate. Dante usa le immagini poetiche - aggiunge - e per arrivare a rappresentare l'irrappresentabile sfrutta queste iconografie fortemente evocative che lo aiutano a raccontare l'irraccontabile, che non poteva trovare nella rappresentazione di Giotto, a lui contemporanea, che recuperava un certo naturalismo".