Il Ballet du Grand Théâtre de Genève: la spiritualità della danza
Ritorna la grande danza sul palcoscenico del Pala de André. Sabato 21 giugno (ore 21.30) arriverà infatti uno fra i più brillanti ensemble della scena europea, il Ballet du Grand Théâtre de Genève. Realtà recente, in una nazione, la Svizzera appunto, che non vanta una tradizione di danza ‘originale’, la compagnia ha una particolare apertura ‘spirituale’ e propone oggi sempre nuovi, inediti progetti.
Lo dimostra il dittico Lux/Glory che, grazie a una nuova generazione di coreografi abili nel sovvertire i generi, trova il timbro del divertissement profano scaturito dalla solennità della musica sacra. Lo svizzero Ken Ossola firma Lux, facendosi suggerire dal Requiem di Fauré una composizione felicemente corale, ritmata da impeti speranzosi, quasi un ritorno alla condizione di un’umanità ancora innocente. Vira al baccanale pagano Glory, del greco Andonis Foniadakis, che su musiche di Händel chiede ai danzatori, in moderni chitoni, una fisicità flessuosamente plastica, orchestrandoli come figure di un bassorilievo classico. Lo spettacolo è stato reso possibile grazie alla collaborazione di Itway.
Il dittico Lux/Glory giustappone i due universi distanti di Ken Ossola e Andonis Foniadakis che, pur nella differenza estetica e linguistica, convergono verso un’identica dimensione di elevata spiritualità, tra sacro e pagano.
Ken Ossola, coreografo svizzero di origini coreane, è tra gli autori su cui Philippe Cohen ha puntato maggiormente. Il lavoro proposto al De André, un divertissement profano su una partitura che volge alla trasfigurazione dell’esistenza umana, ha debuttato a Ginevra nel 2009 con il titolo Sed Lux Permanet in un dittico che prevedeva la coreografia di Francesco Ventriglia Transit Umbra. È poi entrato nel repertorio della compagnia appunto con il titolo di Lux. Dialogo tra vita e morte, luce e tenebra, dove la luce e la vita trionfano, la coreografia utilizza il Requiem pp. 48 di Gabriel Fauré. Nell’estetica di danza di Ossola, la pittura, la calligrafia dell’Asia orientale e la sensibilità verso la natura rivestono un ruolo importante. In Lux, l’autore elvetico ha lavorato per la prima volta con l’intero organico del Ballet du Grand Théâtre de Genève accompagnato dalla musica live (orchestra, coro e solisti). La qualità eterea del Requiem di Fauré lo ha indotto a focalizzare la coreografia sul risveglio di emozioni molto elevate nei corpi dei danzatori, ancorati a movimenti il cui peso risulta tangibile. “La mia danza – spiega il coreografo - si compiace di utilizzare il silenzio. Adoro la lentezza, molto più che i gesti dinamici o la rapidità. Il mio approccio al movimento privilegia la calma”. Il risultato è un elogio alla lentezza, una sorta di meditazione dinamica che soggiace all’intimo richiamo dell’Asia. Non c’è luce senza tenebra.
Uno dei titoli di maggiore successo del Ballet du Grand Théâtre de Genève è Glory del greco Andonis Foniadakis, autore che è stato danzatore dall’articolata carriera prima di approdare alla coreografia tout court e all’insegnamento. La coreografia, concepita nel 2012 per i 22 danzatori della compagnia, esalta tecnica e virtuosismi in un turbine di duetti, terzetti, quartetti, sestetti e momenti corali. L’effetto di questo gorgo di corpi che volteggiano è spesso straniante, una visione che accarezza illusoriamente lo sguardo. In Glory Foniadakis, raggiunge una maturità espressiva che gli consente di ottimizzare, in un fluire di slanci, le proprie caratteristiche di maggiore impatto: l’energia travolgente e la velocità. È una creazione che trae il proprio impulso vigoroso dalla forza compositiva della musica di Georg Friedrich Händel (arrangiata da Julien Tarride), che fornisce un’architettura complessa e dinamica alla coreografia. “Il mio lavoro coreografico – racconta Andonis - è un’ode alla musica di Händel che trovo gloriosa […]. La gloria può trovarsi in un’attitudine, in un gesto, in un movimento corale, persino in un paesaggio. È il punto più estremo del nostro senso estetico. Mi piacerebbe che la gloria potesse essere leggibile sotto più aspetti. Certo, se ho scelto questa musica così fortemente evocatrice dell’estetica barocca, che spinge lo spettatore verso il sublime è affinché il pubblico possa vedere nel mio lavoro una dinamica simile. E’ tutto piuttosto semplice, in effetti. Perché allora non interrogarsi allo stesso modo su ciò che è glorioso della nostra epoca, o se la nostra epoca abbia invece bisogno di gloria?”.
Terra di mezzo tra le due culle della danza, Italia e Francia, la Svizzera non vanta una tradizione di danza, che si inizia a coltivare sporadicamente a partire dalla Prima guerra mondiale, con spettacoli degli allievi del pedagogo Émile Jaques-Dalcroze, viennese di nascita e ginevrino d’adozione, o della danzatrice Isadora Duncan, all’epoca in esilio a Losanna. Prima di avviare una produzione coreografica autonoma, la Svizzera è infatti, a lungo, terra d’asilo per molti artisti. Si può citare, prima di tutto, l’impresario Sergej Diaghilev, che ripara in Svizzera nel 1915, sul Lago Lemano, dove in sei mesi ricostruisce i suoi Ballets Russes dispersi dalla guerra. Diaghilev richiama i suoi sessanta artisti tra cui Nijinskij, prigioniero a Budapest, per la cui scarcerazione l’impresario si appella addirittura al re di Spagna. Grazie all’influenza del carismatico Diaghilev, il 20 dicembre dello stesso anno i Balletti Russi presentano a Ginevra il loro primo galà, dopo un anno e mezzo lontano dalle scene. Una programmazione continuativa a Ginevra inizia solo con l’apertura del Grand Théâtre, ricostruito dopo l’incendio del 1951, benché il corpo di ballo giochi all’inizio solo un ruolo decorativo all’interno delle opere liriche. Da principio le scelte artistiche sono influenzate dalla vicina Francia: la città di Calvino ne subisce il fascino dalla fine della Seconda guerra, quando Serge Lifar porta sui palcoscenici cittadini una pleiade di stelle del Ballet de l’Opéra de Paris. Francesi sono, infatti, i primi due maître de ballet, Janine Charrat (in carica dal 1962 al 1964) e Serge Golovine (dal 1964 al 1969). Poi l’attenzione per l’arte di Tersicore aumenta, al punto da far convergere nomi come quelli di George Balanchine e Mikhail Baryshnikov. Dal 2003 la compagnia è guidata da Philippe Cohen, ex danzatore d’origine marocchina che ha diretto dal 1990 al 2003 gli Études Chorégraphiques al Conservatorio di Lione. Con il suo avvento la compagnia ha spalancato le porte a una nuova generazione di autori della coreografia contemporanea, come Andonis Foniadakis, Benjamin Millepied, Sidi Larbi Cherkaoui, Gilles Jobin. Allo stesso tempo, il repertorio si è arricchito costantemente di titoli di autori di fama, come Carolyn Carlson, Lucinda Childs, Jerome Robbins, Saburo Teshigawara e Nacho Duato. Oggi, il Ballet du Grand Théâtre de Genève è una compagnia di medio formato composta da 22 danzatori di ogni nazionalità e di formazione classica, selezionati per le loro caratteristiche tecniche, fisiche, musicali, oltre che per una spiccata apertura spirituale e una particolare generosità nel darsi in scena.
Il pullman del Festival per gli spettacoli al Pala de Andrè
Stazione > Pala de Andrè - 2 corse ore 20.15 e 20.30
Per tutti gli spettacoli in programma al Pala de Andrè è attivo il servizio navetta straordinario e gratuito dedicato al pubblico del Festival organizzato in collaborazione con Start Romagna. I pullman identificabili dal logo di Ravenna Festival percorreranno 2 volte la tratta Stazione Ferroviaria – Palazzo M. De André con partenza alle ore 20.15 e 20.30 da Piazza Farini. Al termine degli spettacoli due corse riporteranno gli spettatori al capolinea.
Info e prevendite: 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietti: da 12 euro (ridotti 10) a 42 euro (ridotti 38) – ‘I giovani al festival’: fino a 14 anni, 5 euro; da 14 a 18 anni, 50% tariffe ridotte