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Marco De Luca: riflessioni sul mosaico a Ravenna, oggi

Qualche giorno fa, il mosaicista Marco de Luca ha inviato un'accorata riflessione sullo stato dell'arte musiva. Alcune sue osservazioni ci hanno incuriosito, così ne abbiamo approfittato per sottoporgli qualche domanda e riportare l'attenzione su quello che, da tanti anni, pare essere l'argomento "croce e delizia" della cultura ravennate.

Marco de Luca è un nome che non ha bisogno di presentazioni nell'ambiente del mosaico: bolognese di nascita e ravennate d'adozione, è professore e artista riconosciuto internazionalmente, con alle spalle una carriera di esposizioni che affonda negli Anni '70.

Qualche giorno fa, ci ha inviato un'accorata riflessione sullo stato dell'arte mosaico. Alcune sue osservazioni ci hanno incuriosito, così ne abbiamo approfittato per sottoporgli qualche domanda e riportare l'attenzione su quello che, da tanti anni, pare essere l'argomento "croce e delizia" della cultura ravennate.

Professor De Luca, in merito alla criticità della situazione-mosaico a Ravenna che Lei rileva, ci potrebbe essere, a Suo avviso, una proposta da parte degli artisti del mosaico per rinsaldare le voci della tradizione e far fronte alle ricadute negative del fenomeno della globalizzazione, che riconosce come uno dei fattori disgregativi della cultura musiva?

"Penso sarebbe sufficiente prendere in esame a tutti i livelli (politici, sociali e culturali) dell'argomento, anche se scomodo ed in apparenza di seconda importanza. L'istruzione artistica è l'aspetto primigeneo della situazione odierna. Faccio un esempio: l'Italia era l'unico paese europeo ad avere l'istruzione artistica nella fascia scolare secondaria; con l'adeguamento ai programmi europei le scuole d'Arte sono praticamente scomparse. Cambiamento del resto necessario ma sicuramente penalizzante per noi che ne eravamo caratterizzati. E' come perdere un pò di identità senza supplirla con un'alternativa. Penso che occorra riappropriarsi del problema alla base".

Quali sono invece le realtà a cui accenna, "fuori dai canali ufficiali", che Le danno speranza sulla considerazione del mosaico?

"Un sempre più crescente numero di persone se ne occupa a tutti i livelli (da frequentatori, ai piccoli collezionisti, ai cultori del bello, ecc.): questi sono i testimoni della sua continuità storica".

Il mosaico nel futuro: possibili contaminazioni con i nuovi linguaggi artistici o un "matrimonio impossibile"?

"Credo che il linguaggio musivo sia in sincronia con le esigenze espressive ed estetiche che ci riguardano proprio oggi. L'interazione con linguaggi nuovi va a colmare un vuoto attraverso una complementarietà necessaria. Non ci sono linguaggi artistici che nascono o muoiono, perchè essi sono la voce della storia dell'uomo. Io ho utilizzato il linguaggio musivo perchè mi ha regalato un concetto del "tempo" che non è quello cronologico, ma riguarda il percorso dei sentimenti".

La didattica: cosa dovrebbe fare un insegnante di domani per formare professionisti del mosaico con un proprio linguaggio e anche una spendibilità nel mondo del lavoro?

"Un insegnante di mosaico dovrebbe essere, in primo luogo, nelle condizioni di poter operare; poi seguire programmi formulati da chi ha le competenze necessarie, ma soprattutto propenso a mettere in relazione i grandi temi umanistici con le tecnologie nuove. Le possibilità di lavoro sono in relazione e in rapporto all'attenzione che si ha su queste due argomentazioni".

A seguire, il testo integrale della riflessione inviata dal professor De Luca.

Vola colomba bianca vola, diglielo tu ……..

Il mosaico che rappresenta le colombe abbeveranti del Mausoleo di Galla Placidia, pur essendo un particolare di piccole dimensioni, sotto l’aspetto iconografico reca in sè un grande messaggio simbolico. Così come l’uomo, esse, si dissetano alla fonte della fede religiosa. Rispetto ai pochi fruitori del mondo antico sicuramente questo messaggio si è divulgato in maniera esponenziale arricchendosi anche di molti altri elementi che valorizzano l’importanza di quel metro quadrato di mosaico. Quali? Ne cito solamente due: il primo è di aver scritto una pagina importantissima nel libro della storia dell’arte, il secondo di aver portato la conoscenza della cultura di una piccola città di provincia nel mondo intero.
In questo ultimo periodo sembra che il loro ruolo di messaggero stia andando in disuso anche perché, forse, si sentono depositarie di un “sapere” che sembra non interessare più a nessuno del luogo di loro provenienza.
Ravenna fino a poco tempo fa era considerata la capitale del mosaico da molti paesi, non soltanto perché racchiude nelle sue mura uno scrigno di bellezze artistiche, ma perché da esse aveva creato una scuola di pensiero, una filosofia del fare e dell’essere attorno al mosaico che veniva percepito a tutti i livelli e che rappresentava il midollo della cultura ravennate.
La trasmissione di questo sapere e di questa conoscenza avveniva principalmente attraverso le sue istituzioni scolastiche, vedi l’Accademia di Belle Arti, vedi la Scuola del Restauro della Sovrintendenza, vedi il Centro di formazione professionale, vedi l’Istituto Statale d’Arte per il mosaico Gino Severini. Molte di queste istituzioni non ci sono più, altre sono agonizzanti come il sopracitato istituto Severini; una scuola che ha dato una formazione tecnica e culturale ad un gran numero di persone e che gli ha regalato una coscienza consapevole trasversale agli aspetti dei facili approdi modaioli che demoliscono la continuità lineare della storia ravennate.Così anche le colombe rischiano di morire dopo aver subito la mutilazione delle ali che in passato gli hanno permesso di rendere grande il retaggio storico e culturale di una piccola città.
Le istituzioni sembrano non vedere più il volo, ma attenti solo all’osservazione dei veloci e potenti mezzi di comunicazione perdendo così, forse, lo scopo del “viaggio”. Così le scuole chiudono, i laboratori di mosaico si trasformano in negozi di souvenir e gli artigiani, che in passato hanno dato vita ad opere che sono state vanto e meraviglia di grandi artisti che le hanno progettate e che costituiscono ora un patrimonio per i musei ed i luoghi di Ravenna che li accolgono, diventano operai dell’industria.
È sicuramente e giustamente imputabile alla mia generazione l’incapacità di non aver saputo continuare nel trasmettere il testimone.
Dopo mezzo secolo di frequentazione della tecnica musiva, inframmezzato da un trentennio di insegnamento, mi sento di affermare che, forse ciò che si sta verificando è da imputare al fenomeno sociale e culturale della globalizzazione che ha annientato tutti gli sforzi protesi.
Dopo aver conosciuto l’attenzione che altri paesi hanno per ciò che rappresenta la storia passata e recente di Ravenna, penso sia difficile che non continuiamo ad ascoltare il lento battito di ali sapienti, a discapito di chi è distratto.
L’incoraggiamento deriva da quelle attenzioni che, raschiando ai margini di una ufficialità superficiale della “conoscenza” ed incapacità di soffermarsi sulle realtà più profonde, guardano con rinnovato interesse al volo di una colomba. 
Marco De Luca

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