La Gaia Scienza porta in palcoscenico "La rivolta degli oggetti" di Majakovskij
Quarantacinque anni ma non li dimostra: La rivolta degli oggetti, ispirato allo scritto omonimo di Majakovskij e lavoro di esordio di Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari e Alessandra Vanzi – ovvero La Gaia Scienza – resta uno spettacolo folgorante che al debutto originario affascinò subito spettatori e critica per il suo rapporto tra poesia e rivoluzione, avanguardie storiche e arte contemporanea. Ravenna Festival ne ospita il riallestimento nell’ambito del progetto RIC.CI – Reconstruction Italian Contemporary Choreography: venerdì 11 giugno, alle 21.30 al Teatro Alighieri, l’opera troverà infatti nuovi corpi nei tre giovani performer di Fattore K (Dario Caccuri, Zoe Zolferino, Lorenzo Garufo) a cui gli autori passano il testimone per dare vita a un incontro fra epoche, corpi ed esperienze differenti. Biglietti: posto unico numerato 15 euro, under 18 5 euro.
“Ci è parso interessante riandare a quel momento nietzschianamente aurorale per ragionare di nuovo insieme – hanno dichiarato gli autori in un’intervista – su quel lavoro che per ognuno di noi ha costituito un punto di partenza importante, fondante. Era l’esito di un rapporto di amicizia e di affinità di interesse e gusti, l’elaborazione di uno stile e di un linguaggio comune, fisico e mentale assieme, di prove e di vita, in una dimensione di grande libertà, senza una regia, né di uno né di tutti. Quello a cui ci accingiamo è creare le condizioni per tramettere un’esperienza, reinventando quel gioco scenico, consegnando a giovani attori e danzatori gli oggetti da rivoltare”.
Era il 24 marzo 1976 quando i tre allegri ragazzi della Gaia Scienza si presentarono al pubblico al Beat ’72 di Ulisse Benedetti, la storica “cantina romana” del teatro di ricerca, situata a via Gioachino Belli, sotto il livello del Tevere. La culla dell’anima underground della cultura italiana li tenne a battesimo, allungando la lista dei suoi protagonisti nel carnet, da Carmelo Bene a Leo de Berardinis, da Vasilicò a Carella, oltre agli allora giovanissimi Magazzini Criminali, Martone e tanti altri. Sbocciato quando la spinta delle contestazioni del ’68 cedevano il passo alla disillusione che porterà molti a scelte radicali, La rivolta degli oggetti si apriva su una scena costruita con violini senza corde, sedie sospese, cappotti, tubi che attraversavano lo spazio, una pistola e una stella rossa, realizzata in collaborazione con il pittore e scenografo Gianni Dessì. Un vero e proprio manifesto estetico della neoavanguardia romana dove – in una sintesi felice fra teatro, danza e arti visive – i tre autori disegnavano un racconto sulla libertà e sull’utopia della trasformazione del mondo.