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Ravenna Festival 2013: il punto d'incontro impreziosito con manoscrtitti di Giuseppe Verdi

È stato inaugurato sabato al Teatro Alighieri il ‘Punto d’incontro di Ravenna Festival 2013’ che quest’anno è impreziosito da una speciale opportunità che Eni ha voluto dedicare al Ravenna Festival: l’esposizione al pubblico, nel bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi, dei manoscritti verdiani

È stato inaugurato sabato al Teatro Alighieri il ‘Punto d’incontro di Ravenna Festival 2013’ che quest’anno è impreziosito da una speciale opportunità che Eni ha voluto dedicare al Ravenna Festival: l’esposizione al pubblico, nel bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi, dei manoscritti verdiani, acquisiti da Eni e Intesa San Paolo, per iniziativa del festival MITO SettembreMusica all'asta toscaniniana di Sotheb’y a Londra.

I visitatori potranno ammirare, fino al 3 luglio, le pagine con i primi passi della composizione del Falstaff del 1890, il telegramma di Giuseppe Verdi ad Arturo Toscanini per l’ottima esecuzione dell’opera alla Scala nel 1899 e le pagine autografate dell’Ave Maria, composizione per coro tratta dai Quattro Pezzi Sacri  del 1896. Il Falstaff è l’ultima opera di Giuseppe Verdi (Teatro alla Scala, 9 febbraio 1893). La sua genesi è ancora oggi avvolta nel mistero. Di certo Arrigo Boito, il librettista, nell’estate del 1889 invia al compositore un “programma” basato su Le allegre comari di Windsor e Verdi ne rimane entusiasta. Boito spera che in questo soggetto il Maestro possa trovare “il germe del nuovo capolavoro”; e così è. L’autografo esposto contiene uno dei primi abbozzi dell’inizio del primo atto. E’ stato probabilmente compilato da Verdi tra il novembre del 1889 e il marzo 1890, mese in cui il primo atto è stato ultimato.

L’11 marzo 1899, sei anni dopo la prima assoluta, Falstaff riappare in cartellone alla Scala. Questa volta sotto la bacchetta del giovane Arturo Toscanini. Non mancano le polemiche che nascono addirittura dalla penna di Giulio Ricordi. Il Maestro, rassicurato da Boito presente alla serata,  invia a Toscanini questo celebre telegramma (19 marzo 1899). Poche parole, come era nel suo stile: “Grazie grazie grazie. Verdi”. È del 1889 l’idea di questa Ave Maria - ultima delle quattro di Giuseppe Verdi - scritta sulla bizzarra “scala enigmatica” (do/re bemolle/mi/fa diesis/sol diesis/la diesis/si) di Adolfo Crescentini, insegnante del Conservatorio di Bologna, pubblicata nell’agosto del 1888 sulla “Gazzetta di Milano”.  I lettori venivano invitati a farne un’armonizzazione e Verdi si incuriosì. Di questo brano conosciamo due versioni: quella eseguita privatamente nel giugno del 1895 dagli studenti del Conservatorio di Parma e la versione qui esposta, modificata rispetto alla precedente. E’ stata scritta nel 1896 dal Maestro, che si era accorto di aver perduto il manoscritto originale. Il brano è breve e suddiviso in quattro frasi. E’ a cappella per quatto voci, maschili e femminili. La successione dei suoni della “scala enigmatica” viene presentata dalla voce del basso, poi dal contralto, in seguito dal tenore e infine dal soprano.

Il punto d’incontro del Festival che anche quest’anno si apre al pubblico della manifestazione ed ai turisti della città offrendo un angolo tranquillo al servizio della cultura aperto fino al 13 luglio tutti i giorni dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 17 alle 20. Un luogo accogliente dove è possibile entrare liberamente e ricevere informazioni su tutte le attività del Festival e sulla città. Newsletter settimanale, rassegna stampa quotidiana, calendario della programmazione, libro del Festival 2013 e programmi di sala di tutti gli spettacoli sono i filoni informativi che questo luogo, nel cuore del Festival e della Città, mette a disposizione del pubblico. Tutti i giorni sono disponibili i principali quotidiani e in particolari circostanze il punto d’incontro sarà anche sede di incontri e conferenze stampa.

L’inaugurazione del punto d’incontro è stata anche l’occasione per presentare Il libro di Ravenna Festival 2013. Mai come nella sua edizione 2013 il libro del Ravenna Festival, strumento di approfondimento dei temi di volta in volta prescelti, costituisce un vero e proprio “viaggio” all’interno di un mondo sconosciuto a molti, che può avere lo stesso fascino esotico di una terra misteriosa e variamente popolata. È il mondo del ballo liscio e del folklore della Romagna ad essere penetrato in profondità da alcuni dei più esperti “esploratori” accompagnati da fotografi straordinari che rendono il libro un suggestivo itinerario per immagini, da sfogliare “golosamente”. Se il Ravenna Festival è una manifestazione da sempre rigorosamente multidisciplinare, il suo catalogo costituisce lo spazio destinato a quell’arte che come poche altre contraddistingue e interpreta la “modernità”. Sono gli sguardi di Alessandra Dragoni, ravennate ma con una vasta esperienza internazionale, Gian Luca Perrone, Silvia Lelli e Roberto Masotti e infine Gabriele Basilico, il grande fotografo milanese recentemente scomparso. È stato proprio lui con il progetto “Dancing in Emilia” a rivelarci quei luoghi incredibili e straordinari che sono le balere in quella che – come scrive Silvia Loddo nella sua presentazione – è di fatto la nostra, misconosciuta, Nashville. Basilico ci mostra come pochi altri avrebbero potuto fare un luogo unico nel mondo come la Ca del liscio: “un dancing grande come uno stadio”, la cui fantasmagorica inaugurazione nel dicembre del 1977 venne documentata dallo sguardo di due fotografi d’eccezione, i ravennati Lelli&Masotti, poi divenuti tra i più importanti fotografi di musica e spettacolo attivi internazionalmente. Lo stesso spirito da esploratori è condiviso da Alessandra Dragoni e Gianluca Perrone, che con sguardi e approcci tra loro diversissimi hanno iniziato a vivere dentro questi “involucri paradossali” che sono le balere, spesso simili ad improbabili navicelle spaziali atterrate tra le nebbie della “bassa”. Gli spazi, immortalati nelle foto quasi ‘metafisiche’ o iperrealiste di Perrone, e la strana “fauna” che li abita, con i suoi riti ed i suoi antichi cerimoniali, ed una gestualità elegante che ci conduce in una strana piega spazio-temporale agli antipodi dai mondi artificiali e virtuali a cui ci ha abituato la quotidiana dominazione dell’informatica e dei cellulari. Possiamo vedere questi gesti intimi e quasi segreti grazie allo sguardo curioso ma mai invadente di Alessandra Dragoni (alla quale è stata affidata l’immagine dell’edizione 2013 del Festival).
Ed assieme alle “visioni” dei fotografi abbiamo alcuni importanti articoli e saggi che “aggrediscono” il tema – ballo, balere, liscio e folklore romagnolo – da più versanti, che vanno da quello storico-antropologico di Paola Sobrero, massima esperta e studiosa del mondo del ballo in Romagna ai contributi di tipo più prettamente etnomusicologico di Susanna Venturi (che ha analizzato quella specificità DOC o IGT che sono i “canterini romagnoli” e le loro vicende nel corso del ’900) o di Placida Staro (che ci introduce al ballo bolognese “alla Filuzzi” ed ai balli ‘saltati’ dell’Appennino emiliano. Non poteva essere che Franco Dell’Amore, autore del più importante libro dedicato alle orchestre da ballo romagnole a raccontarci quella che è stata una vera e propria “epopea”, un fenomeno di vastissime proporzioni che ha in Secondo Casadei la punta dell’iceberg. Carlo Brighi e le origini della musica da ballo romagnola sono invece da Antonella Imolesi Pozzi che ha arricchito il suo saggio con preziose cartoline delle Raccolte Piancastelli. E poi uno stimolante articolo di Carlo Alberto Cassani sull’architettura delle balere ed uno scritto del giornalista musicale Pierfrancesco Pacoda sulla “dolce vita romagnola”, tra Fellini e Tondelli.

Si rimane sempre in visioni emiliane-romagnole anche nel capitolo finale del catalogo che ci introduce ad un assai diverso tema, quello del rapporto Verdi-Shakespeare, al centro della prossima “Trilogia d’Autunno”, oggetto di uno studio del musicologo Marco Targa, ma campo di indagine “verbo-visiva” da parte della task force dei giovani creativi del Verdi WEB sguinzagliati nei luoghi verdiani, tra Roncole, Busseto e la grande villa di Sant’Agata. Foto (che andranno a far parte della visionaria scenografia che Cristina Mazzavillani Muti sta concependo per l’allestimento di Falstaff) ma anche disegni e saggi. Così il cerchio si chiude anche perché è proprio da una ‘costola’ di Verdi (del quale si celebra il bicentenario della nascita) che è scaturito il tema ‘popolare’ del festival, grazie alla “Trilogia popolare”.

Il libro del Festival sarà in vendita a 30 euro in tutti i luoghi di spettacolo e nel punto d’incontro.

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