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Il Museo d'Arte presenta la nuova stagione: da Dante al 900 antico

"Il 900 antico. Quel non so che di antico e di moderno...", a cura di Claudio Spadoni, sarà la mostra della prossima primavera, esposta dal 20 febbraio al 26 giugno

Il Museo d'Arte della città di Ravenna, dopo le rassegne dedicate a grandi figure della Storia dell'arte (Roberto Longhi, Francesco Arcangeli, Corrado Ricci, Giovanni Testori) e quelle dedicate all'Ottocento inglese ('La grande stagione dell'acquarello inglese', 'I Preraffaelliti e il sogno italiano') e 'Il bel Paese: dai Macchiaioli ai Futuristi', intende ora documentare quanto insopprimibile sia stato il richiamo dell' “antico” lungo tutto il '900.

Il secolo che all'insegna del 'nuovo' ha visto le avanguardie dei primi decenni e quindi le neoavanguardie del secondo dopoguerra, protagoniste della scena artistica internazionale, e alle quali anche la critica, Musei, Fondazioni e un mercato sempre più determinante, hanno rivolto le maggiori attenzioni. "Il 900 antico. Quel non so che di antico e di moderno...", a cura di Claudio Spadoni, sarà la mostra della prossima primavera, esposta dal 20 febbraio al 26 giugno.

Questa mostra, ripercorrendo la storia del secolo scorso con uno sguardo diverso, mira a documentare artisti e vicende che testimoniano l'attenzione all' “antico” non solo degli artisti che non sono stati partecipi delle ricerche e delle trasgressioni delle avanguardie, ma anche di molti che senza rinnegare la loro appartenenza a movimenti, gruppi, tendenze innovative, hanno attinto, in modi diversi, alla memoria storica. Una memoria ripresa talora come restituzione moderna di modelli dell'antico, magari fino all'esplicita citazione; oppure in forma evocativa, o ancora, come pretesto per una rilettura inedita o uno sguardo disincantato rivolto a opere e figure mitizzate del passato per contestualizzarle in una contemporaneità all'apparenza quanto più lontana dalla tradizione.

Fino alle operazioni più disincantate e dissacratorie condotte da alcuni artisti. Da protagonisti come De Chirico, Morandi, Carrà, Martini, Casorati, al periodo cruciale del 'ritorno all'ordine' fra le due guerre, col 'Novecento' di Margherita Sarfatti e Sironi figura dominante, fino al cosiddetto 'Realismo magico', ma anche alle versioni diversissime del 'neobarocco', da Scipione a Fontana a Leoncillo; figure come Guttuso e Clerici, quindi la stagione della Pop Art, con Schifano, Festa, Angeli, Ceroli, e quindi, nel pieno dell'Arte Povera, Paolini e Pistoletto. E ancora, da Salvo ad Ontani, da Mariani a Paladino. Con una presenza rilevante di stranieri quali Bacon, Fautrier, Klein, Warhol, per citare solo pochi nomi. La mostra sarà documentata da un ricco catalogo con le immagini di tutte le opere esposte e diversi testi critici.

DANTE - Nell’anno delle celebrazioni del 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri il Museo d’Arte della città di Ravenna partecipa alle manifestazioni in onore del Sommo Poeta con una importante mostra, realizzata in collaborazione con la Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo, a cura di Stefano Roffi e Maria Grazia Marini. La mostra, già esposta a Mamiano nel 2012, viene proposta dal 3 ottobre al 10 gennaio in allestimento integrale con oltre 400 opere; alla mostra è affiancata un’intensa attività didattica caratterizzata da proposte strutturate su una vasta gamma di esigenze, rivolte alle scuole italiane e al mondo della formazione permanente degli adulti. La Divina Commedia è stata ed è un’ illuminazione culturale in grado di agire profondamente sull’immaginario collettivo. Nel corso dei secoli non ha mai smesso di esercitare una profonda influenza sugli artisti, soggiogati dal fascino e dalla forza delle immagini scaturite dal poema dantesco. La sua potente iconicità ha dato vita a visioni di ogni genere, soprattutto nel corso dell’Ottocento e del Novecento. Sotto questo punto di vista, le serie illustrative di Francesco Scaramuzza e Amos Nattini possono essere considerate le più importanti realizzazioni di questo tipo compiute in Italia, per compiutezza ed estensione del progetto. Tramite il confronto con le celebri incisioni di Gustave Doré, la mostra costruisce un percorso che offre al visitatore confronti insoliti, diacronici, e ricchi di spunti.

Nella prima parte della mostra si trovano le illustrazioni di Amos Nattini (Genova 1892 – Parma 1985). A differenza di Scaramuzza, il suo grandioso progetto di trasporre in cento tavole il poema dantesco non incontrò ostacoli ed ottenne da subito un grandissimo successo. Una delle ragioni di tale successo sta nella stima e nel sostegno ricevuti da Gabriele D’Annunzio, che nel 1919 lo incoraggiò ad intraprendere questa colossale impresa. Nella sua casa-studio Oppiano di Gaiano (Parma), Nattini si è occupato di Dante per vent’anni, fino a quando, nel 1939 le sue illustrazioni confluirono in una lussuosa edizione della Commedia, edita a tiratura limitata. L’interpretazione di Nattini del poema si muove su toni completamente diversi da quelli visti finora. I suoi personaggi sono superuomini dannunziani, che si muovono in paesaggi sospesi, onirici, dove il dramma costituisce solo un debole sfondo. Difficile non pensare alle visionarie illustrazioni dantesche di William Blake, da cui forse Nattini trae ispirazione anche per quanto riguarda la tecnica, l’acquarello, che gli permette di creare atmosfere evocative e fantastiche.

La seconda sezione del percorso espositivo è dedicata all’esposizione integrale di illustrazioni di Scaramuzza, risalenti agli anni Sessanta dell’Ottocento, poste in dialogo con le coeve opere di Doré. Il totale delle opere esposte, incisioni, acquerelli e un olio, si aggira sui 400 pezzi in una totale immersione figurativa nella visione dantesca, così come recepita nella modernità.
Le illustrazioni di Doré vengono pubblicate dal 1861 fino al 1868. Nel 1865, anno della prima edizione italiana dell’Enfer, Francesco Scaramuzza (Sissa 1803 – Parma 1886) inizia a lavorare ai disegni per il suo Inferno, dietro commissione del governo di Parma, in vista della pubblicazione di una grande edizione della Commedia. L’artista non era estraneo alle tematiche dantesche, dato che, pochi anni prima (tra 1841 e 1858), aveva affrescato la Sala di Dante della Biblioteca Palatina di Parma. Dopo poco tempo il progetto editoriale relativo al ciclo illustrativo viene interrotto, ma Scaramuzza, convinto della validità dell’impresa, continua il lavoro per proprio conto, interpretando il testo con un’ impressionante fedeltà, che fa trapelare la volontà di farsi vero e proprio esegeta del poema. Nelle sue illustrazioni, permeate dal romanticismo dell’epoca, prevalgono intonazioni delicate e rimandi classici, mentre le pennellate, sottili e precisissime, sembrano quasi anticipare il divisionismo. Ne esce fuori la figura di un artista in bilico tra passato e futuro, che simbolizza tutte le incertezze di un’Italia appena nata e che in Dante vede uno dei suoi padri. Il ricco catalogo presenta un saggio di Emanuele Bardazzi e Francesco Parisi sul tema “L’illustrazione della Divina Commedia attraverso i secoli” e testi di Mauro Carrera, Anna Mavilla, Cinzia Cassinari, Stefano Roffi dedicati ai protagonisti della mostra.

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