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Il nuovo volto della Biennale del Mosaico: mostre, botteghe, restauro e città

Quattro temi nel nuovo corso di RavennaMosaico, la rassegna biennale di arte contemporanea che torna nel segno dell'internazionalità, della curatela scientifica e del "museo diffuso". Con un importante progetto espositivo al Mar.

Il terzo filone è quello, altrettanto fondamentale, del restauro: l'Accademia di Belle Arti e il Laboratorio di RavennAntica stanno attualmente intervenendo sulle copie dei mosaici antichi realizzate dalla Bottega dei mosaicisti del Novecento, in vista di un'esposizione al Museo Tamo, e su due importanti opere di Mario Deluigi che troveranno spazio in nuove sedi della città.

Quarta e ultima linea, quella del cosiddetto "arredo urbano", che ha anche una forte connotazione sociale con la riqualificazione delle Carceri ravennati e il coinvolgimento dei detenuti, e il progetto di estensione del Mosaico dell'Onda, che impegnerà la legislatura per i prossimi tre anni: attraverso una chiamata pubblica agli artisti internazionali, con la collaborazione dell'Università, verrà realizzato un prolungamento dell'opera di 33 metri che attualmente si trova lungo le scale d'ingresso del Museo di Classe, fino a toccare la vicina Basilica di Sant'Apollinare e unire il percorso cittadino che coinvolge il Parco Archeologico, dando concretezza a due cifre simboliche fondanti per la città, l'acqua e il mosaico.

L'IMPORTANZA POLITICA DELLA BIENNALE 

"La rassegna avrà una grande responsabilità: segnerà un nuovo corso e un nuovo modello gestionale diffuso, di alto valore scientifico e artistico, che deve rimanere anche nei progetti futuri" commenta Maurizio Tarantino, il nuovo dirigente delle istituzioni culturali ravennati, Mar e Biblioteca Classense.

E per il Sindaco Michele de Pascale, da poco intervenuto a sedare pesanti polemiche sulla cultura, rappresenta un'operazione di estrema importanza, sia per l'obiettivo della valorizzazione del mosaico, sia per la riflessione sulla destinazione del Mar.
"La Biennale dev'essere occasione di stimolo culturale e al contempo traino per l'economia - commenta De Pascale - Sono a favore delle critiche costruttive, quelle che fanno riflettere e stimolano la crescita delle idee, perché non ci si evolve nel monopensiero. Con questo progetto vogliamo anche raccogliere l'eredità di quanto è stato fatto in passato, ma soprattutto valorizzare le grandi eccellenze della città e unire tutto il mondo del mosaico. In questo senso anche la presenza inedita della Sicis è un segnale, un investimento importante in termini di fiducia. Accogliamo con serenità anche la sfida della valorizzazione del Mar, combattendo con decisione la logica della competizione tra enti: la collaborazione tra Ravenna Festival e Ravenna Teatro, l'accordo di valorizzazione firmato da poco con il Ministero, il lavoro sulle bilblioteche Oriani e Classense sono segnali molto significativi di questo nuovo percorso. Oggi l'offerta culturale della città è fruita solo in parte, invece noi vogliamo accendere un grande faro su Ravenna, e lo faremo anche con eventi espositivi importanti come quelli in cantiere".

LA MOSTRA AL MAR

Il curatore dell'attesissima mostra al Mar - che sempre a tema mosaico sabato 6 maggio inaugura la delicata esposizione a tema vegetale di Takako Hirai e a breve, la prestigiosa fotografica di Lelli e Masotti, legata al Ravenna Festival - è Alfonso Panzetta, intellettuale di stanza a Ferrara, ma assiduo frequentatore della scena musiva ravennate da almeno un ventennio. Panzetta indagherà il rapporto tra arte musiva e scultura, o meglio la tridimensionalità del mosaico, mettendone in luce la "titolarità" di linguaggio artistico a tutti gli effetti e la portata internazionale.
Dalle antiche maschere precolombiane e azteche, passando per Mirko Basaldella, Lucio Fontana, fino a Chia e ai contemporanei, l'esposizione, ispirata da un'intuizione scaturita dalla visione della straordinaria opera funebre di Rudolf Nureyev, realizzata negli Anni '90 proprio dall'atelier ravennate Akomena, promette rigore scientifico e un impianto imponente: insomma, la dimostrazione tangibile e intelligibile di una tesi, che dovrebbe essere poi l'obiettivo fondante di ogni mostra degna di questo nome.

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