Leoni d’argento e tigri moderne fanno ruggire Aterballetto al Ravenna Festival
Un Leone d’argento si aggira per l’Aterballetto, punta di diamante della danza italiana. Ed è Michele Di Stefano – coreografo premiato lo scorso anno alla Biennale di Venezia - che firma due dei lavori di questo primo appuntamento al Ravenna Festival in programma venerdì alle 21 al Teatro Alighieri (la seconda puntata di Aterballetto è fissata per il 30 giugno). e-ink affonda le sue radici negli esordi di mk, quando all’alba del 1999 Michele Di Stefano propose questo duetto danzandolo assieme a Biagio Caravano al Teatro Franco Parenti di Milano. Un lavoro fortunato – più di 70 le repliche in Italia e all’estero, evento raro per i nostri esordienti -, cesellato meticolosamente, prendendo spunto dalle modalità di trasmissione dei messaggi oracolari e divinatori che, pur essendo formalmente precisi, sono il prodotto di una destabilizzazione. Esatti e ambigui a un tempo, soggetti a un’interpretazione modulabile e malleabile – gli oracoli si avvicinano così alle potenzialità mutanti degli inchiostri elettronici – recando in sé il seme del fraintendimento.
La coreografia è stata ripresa e rimontata nell’ambito del progetto RIC.CI. (Reconstruction Italian Contemporary Choreography) - ideato e diretto da Marinella Guatterini – che si occupa di ricostruire il repertorio italiano degli anni Ottanta e Novanta e che il Ravenna Festival ha accolto come appuntamento costante nei suoi cartelloni. “Mentre ricostruivamo il lavoro per Aterballetto, a distanza di più di 15 anni, - racconta Di Stefano - è stato soprattutto il corpo a ritrovare l’esattezza di quella scrittura, a rimettere in connessione tutti i particolari scollegati tra di loro per farli ridiventare organici nella loro misteriosa iconografia. Quel che abbiamo chiesto ai due nuovi interpreti (Damiano Artale e Philippe Kratz) è stato soprattutto una fiducia incondizionata nei confronti di questo sistema irriconoscibile” in modo da riprodurre un ritmo autonomo, non necessariamente identico all’originale, ma dotato di una sua forte arbitrarietà.
Alla creatività recente di Michele Di Stefano appartiene invece Upper-East-Side del 2014, un geografia di danze che indaga sulla prossemica dei danzatori (nove), mentre si muovono nello spazio. Un gioco di scambi “per far vivere la danza come una condizione ambientale, esplorativa” e suscitare nuovi paesaggi coreografici. Una “tigre” d’autore è Cristina Rizzo, già dei Kinkaleri, un training doc modern e post-modern con Graham, Cunningham e Trisha Brown e una formazione d’artista sulla trincea delle avanguardie, dai Santasangre alla Valdoca. Dal 2008 balla “da sola” un suo percorso di approfondimento fra azione creativa e tempo presente, collaborando con molte compagnia di danza. E’ su misura di Aterballetto Tempesta/The Spirits (2013), balletto per sei danzatori, tre coppie che formano un gruppo, una sorta di tribù che articola una danza di continue contaminazioni di corpi e movimenti. E’ nei meccanismi del dialogo e della relazione, infatti, che la coreografa trova la materia per un rigoroso esercizio per emanciparsi dalla soggettività ed esplorare un senso corale dei danzatori. Il nuovo mondo evocato dalla Miranda shakespeariana della Tempesta è la comunità che si forma in un luogo trovato insieme, nello starci dentro con un delicato gioco di gesti e negoziazioni per intrecciare relazioni insieme.