Storia e contemporaneità prendono vita nello spettacolo "Pane e petrolio"
Pane e petrolio è lo spettacolo con cui si incontrano due importanti compagnie del teatro di ricerca: Teatro delle Albe/Ravenna Teatro e Teatro delle Ariette. Uno spettacolo dedicato a Pier Paolo Pasolini che andrà in scena a Faenza, nel suggestivo cortile del Museo Carlo Zauli (via della Croce 6), lunedì 30 e martedì 31 agosto alle ore 21,15. Biglietti: 12 euro; gratuità per ragazzi under 14. Prenotazioni telefoniche (0546 21306): dal lunedì al venerdì dalle ore 11 alle ore 13.
La scena è, nel vero senso della parola, apparecchiata sul palcoscenico. Uno spazio intimo e condiviso con gli spettatori. È un grande tavolo attorno al quale gli attori e gli spettatori si muovono per preparare il cibo che poi mangeranno insieme. Attorno a quel tavolo si compie il rito laico e quotidiano del nutrimento. E i gesti, gli sguardi, i suoni e i silenzi si intrecciano alle parole, quelle che raccontano i fatti esclusi dai libri di storia.
Il progetto nasce dal desiderio di un incontro umano e artistico, un incontro preparato nel tempo, quasi senza volerlo, perché i percorsi di ricerca teatrale delle due compagnie sono stati, già da molti anni, paralleli; percorsi che si osservavano, si chiamavano, dialogavano e avevano bisogno prima o poi di convergere. “Grazie a questi sentieri abbiamo ritrovato le nostre radici, le umili origini di figli di quel mondo contadino e operaio, incarnato nei simboli della falce e del martello. Un mondo oggi apparentemente scomparso. La società contemporanea, che viaggia a velocità supersonica, ne conserva incrostate le tracce nelle periferie e nelle province. Lì abita il nostro popolo e stanno i nostri spettatori ideali, lì vivono i ragazzi e i cittadini che frequentano i nostri laboratori, che fanno teatro con noi, da Lido Adriano a Valsamoggia, da Diol Kadd a Calais. Siamo cresciuti mentre si sbriciolava tutto. Pasolini lo racconta con dolore e lucidità. Siamo venuti al mondo generati dalle viscere di una civiltà morta (o morente). Di quella civiltà continuiamo a portare i segni, negli occhi, nella voce, nel corpo, nelle mani e soprattutto nella testa, dentro. È così chiaro! Quando facciamo teatro siamo artigiani, contadini, operai. Portiamo in scena noi stessi, con le nostre storie, le nostre esperienze di vita”.