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Ravenna capitale dell'hip hop, Moder: "Tornare a vivere la musica per stare assieme"

L'artista ravennate Moder racconta novità e filosofia del festival underground che ha conquistato l'Italia e che ora vuole diventare internazionale

Continua a sfondare barriere l'Under Fest e sembra proprio non volersi fermare. Nel 2019 il festival ravennate dedicato alla cultura hip hop, rap e underground raggiunge la sesta edizione (dal 18 al 20 aprile) e ospita per la prima volta degli ospiti dagli Stati Uniti, ovvero la culla di questo movimento musicale e sociale. Ma la fame non diminuisce, questo è quello che testimonia Lanfranco Vicari, alias Moder, direttore artistico del Fest (insieme a Kenzie), nonché uno dei rapper più noti del panorama romagnolo (e non solo).

Under Fest, volume 6: che effetto fa essere giunti alla sesta edizione?

Siamo felici. Penso sia qualcosa di unico per un festival di questo tipo in Italia. Spesso i festival si appropriano dell'hip hop per una serata. Invece un evento come il nostro esprime tutta la cultura hip hop e underground. E oltre alla musica, alle esibizioni offre tanti appuntamenti collaterali, come incontri, mostre e presentazioni di libri che, alla fine, completano l'Under Fest. Essere arrivati al sesto anno per noi è quasi strano, perché Under Fest è nato in maniera quasi spontanea.

Negli anni Under Fest ha portato importanti artisti a Ravenna. Che novità riserverete per il pubblico quest'anno?

Sono tre giornate piene di appuntamenti. Giovedì si parte al Palazzo dei Congressi con due talk insieme a Davide Nerattini prima e più tardi con Ice One e The Nextone, che sono elementi storici dell'hip hop italiano e di una cultura che va oltre i confini del rap. In mezzo l'open cypher con protagonisti i rapper Hydra, Reiven e Kenzie. Inoltre ci sarà anche una mostra dedicata alla storia del Fest (Under anno per anno, ndr). Venerdì ci trasferiamo al Bronson con tanti appuntamenti. Non ci sarà solo rap, ma anche dj set, beat box e momenti di confronto insieme ai giornalisti. Alla sera ci sarà un ritorno al rap puro, senza ritornelli, con Lil' Pin e Gionni Gioielli, poi Johnny Marsiglia, forse il rapper più forte adesso in Italia. Anche lui con uno stile molto americano, ispirato alla serata che culmina con Apollo Brown e Rapper Big Pooh, i nostri primi ospiti americani dall'inizio di Under Fest. Tutte le sere ci sarà un momento freestyle e così anche sabato. E si presenteranno approcci diversi e innovativi dell'hip hop con Dj Fastcut, Bosca e Frank Sativa (producer di Willy Peyote), tre artisti con tre stili completamente differenti. Tutto un festival basato sulla qualità, ma anche sulla quantità: abbiamo pensato di preparare un appuntamento "grosso". Un grande live insieme a Fastcut con molti vecchi amici di Under Fest, un totale di 31 artisti contemporaneamente sul palco del Bronson.

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Per chi non conosce l'Under Fest: qual è la vostra filosofia? Cosa volete comunicare?

La nostra filosofia è: vivere la musica per stare assieme. Abbiamo iniziato questa avventura organizzando serate per unire insieme varie generazioni. Quando abbiamo cominciato avevamo poca esperienza, eravamo poco organizzati, ma cercavamo sempre di tenere tutti gli artisti assieme sul palco. E questo dà un senso di unità, lo comunica anche al pubblico che vede gli artisti esibirsi e poi scendere giù, insieme a loro. Dall'Under Fest sono nate amicizie e anche tanti dischi. Certe volte ci rimproverano, dicendo che abbiamo invitato troppa gente. Invece no, ne vogliamo sempre di più.

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C'è un sogno nel cassetto?

Esiste un festival storico in Repubblica Ceca, si chiama Hip Hop Kemp, ecco noi vorremmo arrivare lì. Vorremmo rendere Ravenna una capitale dell'hip hop. Per il futuro ci piacerebbe anche spostare l'Under Fest all'aperto, sulle spiagge per esempio. Vorremmo realizzare una sorta di Beaches Brew del rap. Questo è il sogno nel cassetto. Dopo sei edizioni possiamo dire che il 90 per cento dei profeti underground più importanti d'Italia sono passati di qua (Willy Peyote, Murubuto, Ensi...). Da Under Fest è passata tanta gente che poi si è distinta. Ora vorremmo aprirci di più a progetti internazionali.

Cosa ne pensi invece della scena locale?

La vedo bene, stanno succedendo tante cose. Ora al mio laboratorio ho una trentina di rapper e il livello musicale romagnolo mi sembra buono (non solo nel genere rap). Ci sono molte realtà interessanti, escono tanti singoli e dischi molto belli a Ravenna. Però contro tutta questa ricchezza vedo poca coesione, poca voglia di investire sul piano sociale, dello stare insieme. Quando il rap era di nicchia a Ravenna, si suonava con tutti, a prescindere dal genere. Ci si trovava e si suonava assieme. Ora tutti sono in studio, tutti sui social, chiusi in casa. Evidentemente i palchi non sono più aperti come una volta. Se non si riesce a creare una situazione cittadina viene a mancare il confronto e un censimento musicale del territorio.

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