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A Ravenna la protesta contro il centro di stoccaggio: adesioni anche dal mondo della politica

La manifestazione nazionale voluta da numerose associazioni ambientaliste si svolgerà in piazza Kennedy: "Stoccare la CO2 nei fondali marini non è la soluzione"

Si terrà in Piazza Kennedy, mercoledì alle 17, la manifestazione del Coordinamento ravennate della campagna “Per il Clima – Fuori dal Fossile” insieme ad altre realtà del mondo ambientalista per dire “No al Centro di cattura e stoccaggio di CO2 e sì alla vera transizione energetica”. Arrivano nel frattempo le adesioni da vari partiti politici.

Un primo appoggio arriva dal Gruppo consiliare di Ravenna in Comune: "Il Comitato ha chiesto di 'esercitare ogni tipo di pressione sul mondo politico, sindacale, associativo e imprenditoriale perché si schieri dalla parte giusta'. Noi di Ravenna in Comune siamo contro la realizzazione della discarica di CO2 davanti a Ravenna sin da quando è stata proposta dall’Eni, per cui non possiamo che schierarci 'dalla parte giusta'. In preparazione alla manifestazione condividiamo un bell’articolo apparso su Internazionale a firma Marina Forti (Ravenna è il banco di prova per il futuro energetico in Italia, 13 aprile 2021) che in maniera molto approfondita fa il punto su questi temi, per i quali proprio a Ravenna domani si manifesta: sì ad una vera transizione energetica e no ai mega impianti di cattura e stoccaggio di CO2".

Anche Sinistra Italiana si schiera al fianco degli ambientalisti. "Da sempre Sinistra Italiana è contraria al progetto di stoccaggio della CO2, una tecnica troppo recente per definirla poco rischiosa, ma talmente invasiva da non lasciare dubbi sul forte impatto che genera sull’ambiente. Stoccare la CO2 nei fondali marini non è la soluzione, ma la pezza che si vuole mettere per garantire ai soliti noti il mantenimento dello status quo e l’egemonia del loro potere economico. Non sarà certo lo stoccaggio della CO2 a salvarci dal cambiamento climatico e dallo scioglimento dei più grandi ghiacciai perenni. A fronte di una spesa esorbitante, il progetto di stoccaggio della CO2 non appare giustificato neppure sotto il profilo prettamente economico, laddove le ricadute sull’occupazione e la capacità di garantire un reale efficientamento energetico appaiono estremamente incerte e fumose". 

"Lo stesso ministro della Transizione Ecologica Cingolani in un recente intervento - continua Sinistra Italiana - ha sottolineato come questa tecnologia sia da considerare solamente come extrema ratio cui ricorrere in caso di fallimento delle soluzioni che il governo intente incoraggiare in tema di riduzione delle emissioni, lasciando intendere sostanzialmente come il progetto sia inutile. Sinistra Italiana ritiene fondamentale il dibattito che si è aperto intorno a questo tema e aderisce all’iniziativa indetta il 12 maggio da diverse forze ambientaliste, per manifestare la propria contrarietà a questo progetto".

"Vivere nell’epoca della resilienza vuol dire vivere in un mondo che non vuole cambiare, ma semplicemente adeguarsi ad una condizione che si crede momentanea per tornare a fare quello che si è sempre fatto, come se nulla fosse cambiato o nulla succederà. Questo è il decennio chiave, soprattutto se vogliamo raggiungere gli step della decarbonizzazione previsti dal Green Deal europeo - afferma il comitato di Ravenna Possibile -. In quest’ottica il progetto CCS di Eni ci preoccupa, poiché rappresenta una grande pennellata di greenwashing in un momento in cui non possiamo permetterci di finanziare interventi non necessari, altamente costosi e quantomeno di dubbia efficacia. Il progetto di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS) dell’Eni si adatta benissimo a questa filosofia".

"Continuare nell’estrazione di idrocarburi, aprire nuovi giacimenti petroliferi, riattivare i giacimenti inattivi di idrocarburi, ma con una verniciata verde, di un verde petrolio. Il CCS - continua Ravenna Possibile - andrebbe a catturare solamente una parte di tutta la CO2 che Eni ha intenzione di continuare ad emettere, come dimostra il CCS attivo in Norvegia che cattura solamente l’1% delle emissioni di CO2 della raffineria a cui è affiancato. Questa operazione di greenwashing è semplicemente ridicola. Il progetto Eni non ha nessuna valutazione né di impatto ambientale, né di impatto occupazionale. La tecnologia è costosa (Emi chiede 1,35 miliardi), quasi sperimentale ed è considerata l’ultima spiaggia per la decarbonizzazione. Per questo Ravenna Possibile si schiera dalla parte della campagna “NO CCS - Il futuro non si (s)tocca” e partecipa alla manifestazione di mercoledì 12 maggio, in Piazza Kennedy".

Alla manifestazione aderisce anche Legambiente: "Ribadire l’inutilità della proposta di ENI di stoccare anidride carbonica catturata dagli impianti del polo industriale e contrastare la possibile produzione di idrogeno blu. È questo lo scopo della manifestazione". Secondo l’associazione è un bene che parte del mondo politico stia cominciando a criticare il progetto come non funzionale alla transizione energetica. "Anche sullo stesso territorio ravennate forze politiche di maggioranza hanno recentemente cominciato a sollevare dubbi e perplessità, seppure le posizioni del sindaco di Ravenna Michele de Pascale paiano ancora inamovibili - continua Legambiente -. Riteniamo importante che una realtà come quella ravennate, in cui Eni è insediata da anni, diventi la scena di una manifestazione nazionale che ne mette in discussione l’operato. È importante infatti che le voci dal territorio si sollevino per dare sempre maggiore attenzione e priorità agli interventi che sono veramente utili all’uscita dal fossile e per contrastare invece quelli che alimentano la crisi climatica".

Alla manifestazione in piazza Kennedy sarà presente una delegazione dei Verdi di cui farà parte il co-portavoce regionale Paolo Galletti. "Negli anni Ottanta, grazie anche a numerose mobilitazioni animate dal nascente partito dei Verdi Ravenna poté evitare l’inquinamento di una prevista centrale a carbone, che fu sostituita da una centrale alimentata a metano, come combustibile di transizione verso fossili meno impattanti. A quaranta anni di distanza i tempi sono maturi per il passaggio alle rinnovabili: eolico e solare come proponiamo da tempo, anche come elemento di riqualificazione del turismo rivierasco, in particolare per attrarre quei turisti d’Oltralpe particolarmente sensibili alle tematiche ambientali. Imprese e sindacati che oggi si attardano a difendere un modello energetico superato, contrassegnato anche dalla crescente fuga dei fondi di investimento, non fanno un buon servizio né alle imprese né ai lavoratori. I target europei di drastica riduzione delle emissioni di gas serra, richiedono che s’imbocchi senza tentennamenti la strada della transizione ecologica ed energetica per lasciarci alle spalle l’era dei fossili. Occorre preparare da subito il passaggio deciso all’impiego delle rinnovabili riqualificando imprese e lavoratori anche con l'aiuto del pubblico".

"Al contrario, il progetto dell’impianto Eni CCS di stoccaggio fino a 500 milioni di tonnellate di CO2 in depositi di metano esauriti al largo delle coste ravennate non fa che ritardare questo processo nella fuorviante illusione che tutto possa continuare ad andare come sempre - continuano i Verdi -, come se il cambiamento climatico non fosse già in atto con le prime devastanti conseguenze a cui abbiamo assistito anche sulla costa romagnola, come improvvise trombe d’aria che hanno colpito mortalmente la pineta di Milano Marittima. Non abbiamo a disposizione un tempo infinito per invertire la rotta. Non c’è un Pianeta B su cui trasferire le giovani generazioni, a cui avremo reso invivibile la Terra se non tiriamo il freno d’emergenza. La pericolosa ambiguità del governo Draghi e del Ministro della “finzione ecologica” Roberto Cingolani in merito a questo progetto va stigmatizzata. All’impianto CCS dell’Eni il Piano nazionale di ripresa e resilienza non destina esplicitamente fondi. La prova definitiva l’avremo però dai bandi per l’assegnazione dei fondi europei. Nel frattempo va respinta l'autorizzazione a nuove trivellazioni in Adriatico che ha avuto il via libera del governo, una scelta bocciata anche dall’Istituto Superiore di Sanità. Siamo consapevoli che la conversione ecologica è un percorso impegnativo, che non si risolve dall’oggi al domani. Sappiamo che riguarderà anche le abitudini quotidiane dei cittadini, compreso l'uso domestico del gas metano. Intanto però cominciamo la transizione dalle industrie a maggioranza pubblica come l'Eni".+

Il Partito della Rifondazione Comunista di Ravenna, aderendo alla manifestazione promossa in Piazza Kennedy, esprime "netta contrarietà al progetto Eni  che intende fare nel nostro mare il più grande deposito al mondo di CO2. Il Prc ritiene illogico continuare ad usare combustibili fossili emettendo anidride carbonica per poi spendere soldi ed energia per riprenderla, quando abbiamo ormai le tecnologie per non produrla affatto. Quella di cattura e stoccaggio è una tecnologia che consuma a sua volta parecchia energia. Inoltre,  non si conoscono i rischi che possono esserci iniettando anidride carbonica compressa in zone sismiche e con forte subsidenza come la costa ravennate. Ultimamente in Spagna  sono stati  interrotti i lavori di  stoccaggio per sopravvenuti problemi sismici. Tutto questo per dire, che la “cattura e stoccaggio” è impresa incerta, costosa, mentre le fonti rinnovabili producano energia non inquinante a prezzi concorrenziali. Di fronte a questo quadro - prosegue Rifondazione Comunista -, non ci sorprende la posizione della Confindustria e dei petrolieri favorevole al progetto dell’Eni, e neanche la posizione  dei partiti del centro-sinistra ormai asserviti al potere delle multinazionali. Infatti, l’unica forza politica  presente in Consiglio Comunale che si è chiaramente dichiarata contraria è stata Ravenna in Comune. Purtroppo anche i sindacati, subiscono il ricatto occupazionale, e sono in gran parte favorevoli al progetto pur chiedendo determinate condizioni. Siamo ad un bivio da cui dipende il nostro futuro, e per impedire l’incombente disastro ambientale, è indispensabile una forte mobilitazione per una reale transizione ecologica".

A difesa del centro di stoccaggio

Giannantonio Mingozzi, in qualità di esponente del Pri ravennate, considera la manifestazione di piazza contro lo stoccaggio del CO2 e le imprese che producono energia e impianti offshore "la conferma della volontà di alcuni movimenti e partiti di ridimensionare fino alla scomparsa un comparto ravennate economico e industriale apprezzato in tutto il mondo e capace di offrire lavoro a 3000 addetti, nonostante le difficoltà di questi anni; dal no all'eolico alle nuove concessioni in Adriatico, dal no alla cattura di C02 fino alla soddisfazione espressa per i mancati finanziamenti europei, mi domando se quanti manifestano contro qualsivoglia innovazione siano consapevoli che la cosiddetta 'transizione verso le rinnovabili' e la stessa decarbonizzazione, per quanto siano processi condivisibili, hanno tempi lunghi e non consentono riconversioni miracolistiche di addetti ed occupati dalle nostre industrie e piattaforme verso generici nuovi impianti in Italia". 

"La realtà - continua l'esponente del Pri - è che non si vuole ammettere che la produzione di energia con le risorse dell'Adriatico, prima che ci vengano rubate dai Paesi dell'altra sponda, è necessario proprio per alimentare una lunga transizione e assicurare all'Italia una maggiore autonomia e meno dipendenza; la realtà è che anche lo stoccaggio ed il riutilizzo C02 servirà ad Eni per la produzione delle rinnovabili, e non si vuole ammettere che Ravenna è in tutto il Paese la città più dotata di tecnici e capacità conoscitive ed imprenditoriali che ci possono condurre con sicurezza su nuove strade. Ma perchè ciò avvenga, conclude Mingozzi, occorre difendere quelle imprese ed i loro dipendenti perchè se le perdiamo o trovano lavori solo all'estero sarà una sconfitta per tutta l'economia ravennate e per le prospettive delle nuove generazioni, mentre per chi oggi manifesta sarà una vittoria di Pirro!".

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