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Ancisi (LpR): "Sul litorale ordinanze dittatoriali"

"Cambiano i primattori, ma sulla scena civica locale ogni copione si svolge con lo stesso abusato rituale e con le stesso scontato epilogo"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RavennaToday

Cambiano i primattori, ma sulla scena civica locale ogni copione si svolge con lo stesso abusato rituale e con le stesso scontato epilogo. Così è stato, martedì scorso, con la pubblicazione delle ordinanze del sindaco sulle attività balneari. Testi discussi e concordati nella ristretta famiglia politica del sindaco, bozze diffuse alle categorie solo a fine novembre, sollevazione generale di critiche, stroncature e richieste di modifica. Soprattutto contestata la scelta di lasciare aperti gli stabilimenti balneari non più solo stagionalmente, ma annualmente e senza limiti di orario. Li hanno lasciati sfogare, poi le ordinanze sono uscite tal quale. Unica correzione non di dettaglio il ripristino del divieto di libero accesso alla spiaggia dall’1 alle 5 di notte della cui cancellazione nessuno si era peraltro accorto prima della segnalazione di Lista per Ravenna (https://www.comune.ra.it/Comune/Consiglio-Comunale/Gruppi-consiliari/Comunicazione-dei-Gruppi/Gruppo-Consiliare-Lista-per-Ravenna/Comunicati-interventi-e-iniziative/Via-libero-notturno-al-turismo-romantico-in-spiaggia). Tutti hanno però lodato alcune buone intenzioni innovatrici incessantemente declamate: durata triennale delle ordinanze, così tutti programmano e progettano a lungo termine; differenziare i nove lidi per esaltarne le peculiarità. L’opposizione lo chiede da sempre. Peccato che di ciò non ci sia traccia. Le ordinanze potranno essere modificate quando Giove di volta in volta deciderà, mentre il radioso futuro strategico di ogni lido è in grembo al nume stesso.

Le opposizioni, che pure rappresentano in consiglio comunale quel 53,50% dei cittadini che il 5 giugno votarono contro il nuovo sindaco, non sono state degnate non già solo di una Comunicazione, bensì nemmeno di una telefonata. Eppure avevano solamente chiesto che fosse rispettata la legge secondo cui, per tale genere di ordinanza, il sindaco è obbligato (art. 50, comma 7 del Testo Unico sugli enti locali) ad attivarsi “sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale”. Vuol dire discuterne pubblicamente con la città e far sì che ogni forza politica si assuma le proprie responsabilità con un voto, fermo restando che il sindaco può far approvare quello che vuole con la maggioranza che ha.

Questo apre però un fronte di Resistenza: la possibilità del ricorso al TAR da parte di chi si ritiene leso nei propri personali interessi legittimi dal mancato rispetto della legge. Partiti e rappresentanze politiche non possono, categorie sindacali del commercio e delle imprese territoriali, come pure pro loco e comitati sociali, sì. Hanno a cuore i loro iscritti oltre il movimentismo mediatico ricorrentemente praticato (basti dire dei piani del traffico, di piazza Kennedy, del raddoppio dell’ESP, della moltiplicazione delle grandi strutture commerciali, ecc.)? Possono fare di più, come succede in molte altre città in situazioni analoghe. Ottenere che una pubblica amministrazione desista dai metodi della dittatura riapre almeno il dialogo sociale, e con questo la possibilità di essere ascoltati e presi in considerazione anche se non si è parte del cerchio di potere.

Alvaro Ancisi (capogruppo di Lista per Ravenna)

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