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Caso Idem, Ancisi: "Prescrizione non significa non aver commesso il reato"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RavennaToday

Che il Tribunale di Ravenna abbia disposto la prescrizione del reato di truffa aggravata a danno dell'INPS di cui la senatrice Josefa Idem, insieme al coniuge Guglielmo Guerrini, era imputata in relazione ai contributi previdenziali posti a carico del Comune di Ravenna durante la sua seconda esperienza di assessore, non significa che il reato non è stato commesso. L'art. 129 del codice di procedura penale dispone infatti che "quando ricorre una causa di estinzione del reato (qual è la prescrizione) ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il Giudice pronuncia sentenza di assoluzione".

È dunque certo che nel caso della Idem tale evidenza non c'è. Questo significa che il Giudice darà atto di ciò nella sentenza, dovendo peraltro dar conto della mancata adesione alla richiesta di condanna formulata dal Pubblico Ministero. Se la Idem fosse stata certa della sua innocenza, avrebbe dovuto rinunciare alla prescrizione. Resta così in piedi la possibilità che sia attivata una causa civile da parte de Comune di Ravenna per i danni subiti dai coniugi Idem, che ha quantificato in 18.800 euro tra restituzione dei contributi erogati e danno di immagine. Occorrerà verificare se sono stati formati eventuali atti interruttivi della prescrizione. Sul piano politico, la rinuncia alla prescrizione non solleva però la senatrice del PD da alcuna ombra rispetto a quanto espresso dalla Giunta comunale stessa nel settembre 2015, quando il Comune si è costituito in giudizio: "ha dimostrato di considerare la stessa amministrazione comunale, cioè l'istituzione che rappresentava, un soggetto da sfruttare per un proprio tornaconto personale, svilendone così il ruolo agli occhi della collettività". Era però la Giunta presieduta dallo stesso sindaco che il 21 giugno 2013, quando gli feci: "Richiesta di trasmettere alla Procura gli atti relativi agli oneri previdenziali versati dal Comune di Ravenna a favore dell'assessore Josefa Idem", con puntuale dimostrazione delle ragioni che lo imponevano, se ne rifiutò, obbligandomi poi a farlo io stesso, come avevo precisato che avrei fatto. Tanto meno assolve il PD, il cui deputato ed ex segretario provinciale Alberto Pagani bollò il mio esposto come "la solita invenzione per creare polemica, la solita battaglia politica da poveretti".

Lo è stata tanto poco che la Idem ha resistito a dare le dimissioni da ministro sul contenzioso Ici-Imu e sull'abuso edilizio connessi ad un proprio immobile, sanabili facilmente in via amministrativa, che infuriava sui giornali già dal 2 febbraio 2013, fino a dichiarare, in conferenza stampa, il 22 giugno dello stesso anno: "Vista l'irrilevanza dei fatti, in Germania nessuno si sarebbe dimesso e non mi dimetto". Quel giorno stesso, i maggiori quotidiani nazionali presero a sparare vistosamente l'interrogazione sui contributi previdenziali che avevo presentato al sindaco il giorno prima. Il 24 le dimissioni. D'altra parte, a me è sempre interessato, al di là del giudizio penale, quello politico, a dimostrazione che nell'evidenza dei fatti ho solo assolto al mio impegno di consigliere comunale, ma per dovere (prima ancora che per obbligo del pubblico ufficiale di fronte all'art. 331 del codice di procedura penale), non già per accanimento sulla persona, verso cui ho sempre avuto e conservo rispetto.

Alvaro Ancisi (capogruppo di Lista per Ravenna)

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