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Hera, Bologna non vende le azioni. Romagna contro il sindaco Virginio Merola

E' durissima la reazione dei sindaci dei capoluoghi romagnoli Fabrizio Matteucci (Ravenna), Davide Drei (Forlì), Paolo Lucchi (Cesena) e Andrea Gnassi (Rimini) dopo l'annuncio del primo cittadino felsineo di non vendere le proprie azioni di Hera.

"Bologna non può pensare di condizionare le scelte della Regione per sistemare i suoi conti. Né tantomeno che il dibattito politico interno bolognese possa ripercuotersi, ed è già accaduto in passato, sulle politiche dell’intera regione". E' durissima la reazione dei sindaci dei capoluoghi romagnoli Fabrizio Matteucci (Ravenna), Davide Drei (Forlì), Paolo Lucchi (Cesena) e Andrea Gnassi (Rimini) dopo l'annuncio del primo cittadino felsineo di non vendere le proprie azioni di Hera.

Con una quota di poco inferiore al 10% il Comune di Bologna rimane il socio piu' forte della multiutility. "Non si tratta di un atto demagogico - ha detto il sindaco Virginio Merola - perche' siamo stati in grado di cercarci altri soldi per gli investimenti". Una decisione che ha "stupito" i sindaci romagnoli. "Non intendiamo entrare nel merito di questa libera decisione di ogni singola amministrazione, anche se non possiamo fare a meno di ricordare come proprio l’amministrazione bolognese avesse sostenuto, con determinazione, la tesi opposta negli ultimi mesi del 2014 - scrivono in una nota congiunta i primi cittadini dei capoluoghi romagnoli -. Al di là di questo, che comunque non è un dettaglio, la nostra attenzione si concentra soprattutto sulle dichiarazioni con le quali il sindaco Merola ha spiegato le ragioni di questo improvviso ripensamento. In particolare, stando ai resoconti di stampa, ‘l’inversione ad U’ sarebbe dovuta al’idea di sostituire le risorse provenienti dalla vendita delle azioni di Hera con la prospettiva di ottenere una quota importante nella ripartizione dei fondi europei in capo alla Regione. Ciò in aggiunta ai fondi destinati alla Città Metropolitana e la quotazione in borsa dell’aeroporto".

"Ma è la prima ipotesi che ci sconcerta e ci preoccupa - continuano Lucchi, Drei, Matteucci e Gnassi -. A quel che ci risulta, infatti, nulla è stato ancora deciso sull’erogazione del danaro assegnato da Bruxelles e quella di Merola pare una vera e propria ‘fuga in avanti’, davvero fuori luogo. Bologna non può pensare di condizionare le scelte della Regione per sistemare i suoi conti. Né tantomeno che il dibattito politico interno bolognese possa ripercuotersi, ed è già accaduto in passato, sulle politiche dell’intera regione. Per quanto ci riguarda, noi ci impegneremo strenuamente per difendere i diritti delle nostre città e dei nostri cittadini, in un’ottica di equità ed equilibrio territoriale. Non possiamo accettare che il ‘policentrismo’ regionale venga sostituito da un ‘bolognacentrismo’, inefficace nei fatti sia come strumento di sviluppo del sistema Emilia Romagna sia per Bologna stessa".

"I programmi operativi, d’altra parte, che si attiveranno con i fondi strutturali europei attuano una strategia condivisa a livello regionale che si fonda sulla logica di elevare attrattività e competitività din tutta l’Emilia Romangna, investendo su reti e sistemi - proseguono gli amministratori -. La Romagna ha dimostrato nei fatti come l’alternativa realistica e concreta a improduttive logiche di accentramento possa essere rappresentata da politiche di area vasta per la gestione dei servizi primari e sull’infrastrutturazione strategica che valorizzino a ‘mettano a disposizione’ di tutte le comunità in regione le eccellenze e le potenzialità dei territori. In questo senso l’esperienza innovativa della Romagna è oggi quella più concreta che innerva la sostanza dell’impianto programmatico del nuovo governo regionale".

PRIIl segretario del PRI di Ravenna Eugenio Fusignani e il vicesindaco Giannantonio Mingozzi in una dichiarazione congiunta affermano che “la presa in giro del comune di Bologna e del sindaco Merola che ritratta gli impegni assunti con gli altri partner istituzionali circa la vendita di una quota di azioni Hera non può condizionare le scelte dei comuni romagnoli e gli indirizzi già assunti nè tantomeno le decisioni dell’amministrazione di Ravenna . Proprio ieri la Giunta comunale ha approvato (con alcuni dissensi) la delibera di modifica dello statuto sociale di Hera Spa e la disciplina dei trasferimenti azionari: le azioni che dovrà mettere in vendita Ravenna Holding su mandato del comune non pregiudicano la maggioranza pubblica, nè tantomeno la solidità dell’azienda e non consegnano a Bologna un peso determinante nell’azionariato. Il nuovo contratto di sindacato e le condizioni di tutela della presenza pubblica sono chiare e altamente garantite : la maggioranza pubblica è salda e gode di ottima salute nonostante le giravolte di qualche municipio".

"Dunque l’ipotesi di incamerare, con la vendita di una parte delle nostre azioni, 20 milioni di euro nei prossimi due/ tre anni non va abbandonata per ragioni politiche bolognesi, ma va perseguita perché consente una serie di investimenti ed il riequilibrio della spesa corrente per servizi indispensabile al nostro comune in una situazione di gravi difficoltà e di tagli governativi come l’attuale. Se vogliamo fare qualche esempio di investimenti urgentissimi - concludono Fusignani e Mingozzi - la manutenzione e il rifacimento delle strade del porto, in collaborazione con l’autorità portuale, basta e avanza”.

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